Si trattava in origine di un cannone a retrocarica di tipo navale, una delle tante versioni del pezzo ingleseQF 6 pounder Nordenfelt, prodotto appunto dalla Nordenfelt. Era inizialmente montato sulle Cacciatorpediniere italiane, sulle torpediniereClasse PN, sulla cannoniera Margherita e su tutte le navi dell'inizio del XX secolo, ma lo stesso cannone era diventato inutile se montato sulle nuove navi corazzate.[1]
Nel 1933, circa 70 cannoni vennero trasferiti dalla Regia Marina e utilizzati dalla Guardia alla frontiera nei bunker del Vallo Alpino. Questi cannoni, grazie alla lunghezza della loro canna (circa 2 metri) e quindi alla elevata velocità iniziale del proietto, risultava idoneo nella difesa controcarro.[2]
Nel 1941, senza aver mai sparato un colpo, fu sostituito dal cannone 47/32 Mod 35, che subentrava nell'ambito della fanteria al vecchio pezzo da 65/17 Mod. 1908.
Tecnica
La canna è in acciaio, cerchiata con un manicotto, anch'esso in acciaio, che avvolge la culatta ed un terzo della canna. La manovra è a tiro rapido, con otturatore in acciaio a cuneo verticale, ed utilizza una munizione a cartoccio proietto con bossolo metallico. La culla, cui la bocca da fuoco è articolata tramite orecchioni, è incavalcata su un affustino a lisce laterali e freni di sparo idraulici, che brandeggia su un affusto a piedistallo a campana, inchiavardato al ponte della nave o alla piazzola della batteria. Il movimento in elevazione della canna rispetto alla culla, da -10° a +15°, è dato da un volantino che ingrana infine un settore dentato sul lato sinistro della culatta. Il movimento in brandeggio, di 360° in installazione navale e costiera e limitato a 45° in quella in casamatta, è dato da un volantino che ingrana la corona dentata sul piedistallo.
Per l'uso campale, la bocca da fuoco venne installata su un antiquato affusto rigido a ruote di legno, con coda unica. L'arma non brandeggiava, mentre l'elevazione era ottenuta da una manovella che, tramite un rocchetto a vite senza fine, agiva sul settore dentato posto sul lato sinistro della culatta.
All'interno delle opere difensive del Vallo era disposto sullo stesso affusto a candeliere, con una scudatura curva sull'affustino che si adattava alla cannoniera della casamatta, sigillandola in qualsiasi posizione di brandeggio[2].
Alessandro Bernasconi, Giovanni Muran, Le fortificazioni del Vallo Alpino Littorio in Alto Adige, Trento, editore Temi, maggio 1999, pp. 328 pagine, ISBN88-85114-18-0.