L'atrabile, o bile nera, secondo la fisiologia ippocratica, è uno dei quattro umori fondamentali,[2] descritto come un fluido freddo e secco, generato dall'archetipo della terra.[3]
Per designarlo sono inoltre usati i termini collera come sinonimo di «bile», oppure umor nero, che significa anche «malinconia».[4]
Etimologia
La parola atrabile proviene dal latinoatra, «nero», e bilis, «fiele», quindi «bile scura»,[5] termine usato per indicare i coaguli di sangue nero e in generale le alterazioni torbide del muco, ritenute indizi di disfunzioni biliari, o appunto della presenza di umor melanconico.[5]
Secondo il medico umanista Thomas Elyot (1490-1546), esistono due tipologie di atrabile o «collera nera»:[4]
Un'atrabile naturale, derivante dai residui del sangue venoso, di colore scuro, particolarmente densa, fredda e secca, ritenuta uno scarto naturale ma il cui eccesso poteva debilitare l'organismo;
Un'atrabile innaturale, più calda e leggera, risultato di una commistione alterata con la bile gialla prodotta dal fegato, responsabile dell'insorgenza di malattie.[4]
Secondo Ippocrate di Coo, si trattava di un liquido prodotto dalla milza,[9] l'organo denominato spleen in inglese, lo stesso termine usato dal «genio della lingua» per designare lo stato d'animo malinconico.[10]
I rimedi prescritti consistevano in una modifica del contesto ambientale e soprattutto dell'alimentazione, introducendo cibi caldi e umidi che riequilibrassero l'umore freddo e secco, gli stessi utilizzati per controbilanciare un temperamento troppo melanconico.[13]
Qualità
Tra i quattro umori, la bile nera è quella che meno di tutti trova un corrispettivo fisico sul piano materiale: gli umori infatti erano da intendere non tanto come delle sostanze tangibili, bensì come qualità, dei principi sottili appartenenti alla dimensione eterica, che potevano semmai assumere delle manifestazioni grossolane.[14]
Essa considera la milza un organo individualizzatore, quello dell'Io superiore, un cuore saturnio antichissimo destinato a diventare il nuovo Sole in cui si evolverà la Terra in un lontanissimo futuro.[18] Insieme al pancreas, la milza è inoltre un organo ritmico del ricambio, e sempre unitamente al pancreas ricorre anche nella medicina tradizionale cinese,[20] dove entrambi gli organi,[21] analogamente, sono assegnati fra i cinque elementi alla terra (土, in pinyintǔ), archetipo centrale governato da Saturno;[22] il suo compito è di assimilare e rimuginare tutto quanto viene assorbito dall'esterno, generando energia (Qi) e sangue, ma in caso di disfunzioni diventa sede delle preoccupazioni, causando deperimento e ipotrofia.[23]
Associandola a Saturno secondo la legge dell'analogia per le sue proprietà fredde e secche, anche Marsilio Ficino descriveva la malinconia come capace di raffinare le specificità dell'individuo, affermando che tale pianeta «raramente indica un tipo e un destino umano di natura comune, piuttosto un uomo isolato dagli altri, divino o bestiale, beato oppure oppresso dalla più profonda miseria».[26]
^Isidoro di Siviglia definiva ad esempio la melancolia «abbondanza di fiele mescolato con sedimento di sangue nero» (Isidoro, Etymologiae, libro IV, 5, 5, cit. in La natura delle cose, pag. 90, a cura di Francesco Trisoglio, Città Nuova, 2001. Cfr. anche Etimologie o Origini, a cura di Claudio Leonardi, Torino, Utet, 2004).
^Georges Minois, Storia del mal di vivere: dalla malinconia alla depressione, pag. 81, Dedalo, 2005.
^ Rudolf Steiner, Le Gerarchie Spirituali (PDF), su cazzanti.net, pp. 4-6. URL consultato il 10 novembre 2018 (archiviato dall'url originale il 20 ottobre 2016).
^Citazione di Ficino tratta da R. Klibansky, E. Panofsky, F. Saxl, Saturno e la malinconia (1983), pag. 148, nota 26, trad. it. di R. Federici, Torino, Einaudi, 2002.
Salvatore De Renzi, Storia documentata della Scuola medica di Salerno, Gaetano Nobile, 1857.
Eugen e Lilly Kolisko, Il piombo e l'organismo umano. La relazione tra il piombo, l'organismo umano, Saturno ed il tempo, AgriBio, 2011.
Georges Minois, Storia del mal di vivere: dalla malinconia alla depressione, trad. it. di Manuela Carbone, Dedalo, 2005.
A. Ballerini, G. Stanghellini, Temporalità ed esperienza nella melancolia. Una riflessione sul concetto di Endon nell'opera di Hubertus Tellenbach "Melancolia", «Rivista Sperimentale di Freniatria», n. 113, pp. 61-75 (1989).