Castelmagno si sviluppa interamente nel territorio montuoso della Valle Grana, della quale è il centro più elevato, con il santuario a quota 1 761 ms.l.m.[6].
Il comune è un aggregato di diverse località, in origine quindici, delle quali solo sette sono rimaste abitate a seguito dello spopolamento dovuto all'industrializzazione ed all'emigrazione. Campomolino (Champdamoulin) è capoluogo del comune, Einaudi (Inaout), Colletto (Coulet), Valliera (Valiera), Campofei (Champdarfei),Nerone (Niroun), Chiotti (Quiot) e Chiappi (Quiap) sono le località ancora abitate, mentre Riolavato (Rulavà), Càuri (Caouri), La Croce (La Crous), Batùira (Batouira), Narbona (Arbouno), Albrato (Albrè) e Tetti (Tech) sono state abbandonate.
Dalla fine del XX secolo ci sono stati tentativi di recupero di alcune di queste frazioni: Batùira era il luogo di una comunità buddhista[7], mentre a Valliera e Campofei si cerca di reintrodurre la produzione dell'omonimo formaggio tramite alcuni agriturismi e di attirare escursionisti con l'apertura di un rifugio.[8]
Il punto più elevato del territorio comunale è il monte Tibert[9].
Il comune è stato inserito nella zona climatica F ed ha un fabbisogno termico di 3 730[11]gradi giorno.
Origini del nome
Il comune trae il suo nome dal latinocastrum magnum (castello grande). Questo è probabilmente dovuto al castello che anticamente controllava la valle, di cui si possono ancora vedere alcuni resti presso la frazione Colletto[12].
Storia
Grazie ai lavori effettuati nel 1894 sulla cappella Allemandi (il nucleo più antico del santuario) è stato ritrovato un altare romano dedicato a Marte ed alcuni oggetti, fra cui monete risalenti a circa il 250, da cui è evidente che la vallata è stata abitata almeno dai tempi della Roma imperiale.
La storia di Castelmagno è legata a quella della diocesi di Torino, il cui vescovo era signore della Valle Grana e a quella di Cuneo, nel cui distretto era inserito. Importante notare anche la forte influenza del marchesato di Saluzzo, delle terre dei Savoia e della Francia, siccome il territorio di Castelmagno veniva a trovarsi nel mezzo di queste potenze dell'epoca.
Dall'inizio del XX secolo, fra industrializzazione e guerre il comune, come molti altri, ha subito un forte spopolamento. Nonostante ciò ha sempre cercato di mantenere una certa vitalità, soprattutto grazie all'attrattiva turistica del santuario, la produzione del formaggio e alla tradizione della lingua e cultura occitana[12].
Simboli
Lo stemma di Castelmagno è descritto come Inquartato: al I e IV troncato d'argento ai leoni passanti [illeoparditi] d'oro, al losangato di verde e d'oro in quattro file, al II e III d'argento, alla croce di rosso[12]. Lo scudo è timbrato da corona comitale.
Lo stemma riprende il blasone della famiglia De' Morri (o Demorri) conti di Castelmagno: inquartato: al 1º e 4º rombeggiato[13][14] d'oro e di verde, con il capo del secondo, carico di un leone del primo, illeopardito; al 2º e 3º d'argento, alla croce di rosso (che è di Vercelli).[15]
Al 31 dicembre 2019, gli unici due stranieri residenti nel comune erano provenienti dalla Romania.
Cultura
Castelmagno fa parte della linguistica storica occitana[5], motivo di diversi festeggiamenti durante l'anno, come il tradizionale San Jouan Muzico a luglio[17] ed il concerto di ferragosto dei Lou Dalfin, nonché l'antichissima festa di San Magno il 19 agosto.
Istruzione
Nel comune di Castelmagno non sono presenti istituti di formazione, ma è attiva una biblioteca con un fondo di ben 1 500 volumi[18]
Santuario di San Magno: l'attuale configurazione dell'edificio risale al XVIII secolo, ma il nucleo principale a circa trecento anni prima, quando nel 1475 Enrico Allemandi di San Michele di Prazzo fece edificare una cappella in stile gotico dedicata a San Magno. Il crescente culto verso quel martire giustificò nel 1514 un ampliamento della struttura, con le decorazioni ad opera di Giovanni Botoneri che si possono apprezzare a tutt'oggi, ma solo nel 1716 si giunse al completamento del santuario attuale, che comunque subì ancora lavori nel 1775 per la costruzione dell'altare maggiore, nel 1845-48 per il sopraelevamento del campanile quattrocentesco, e tra il 1861 ed il 1868 per l'edificazione dei caratteristici porticati laterali e dei soprastanti alloggi per i pellegrini.
Pichot Muzeou d'la vita d'isì (Piccolo museo della vita di qui): Aperto dal 1992 da privati con il sostegno del centro culturale occitano Detto Dalmastro, raccoglie oggetti e ricordi della vita delle popolazioni locali, compresi documenti e testimonianze dei lavori dei castelmagnesi emigrati. Si trova nella frazione Colletto.
Museo del lavoro locale: esposizione di più di duecento oggetti ed utensili da lavoro tradizionali, utilizzati in campo agricolo dalle popolazioni locali. Si trova in frazione Chiappi