Nel 1980 le sedi unite di Sutri e Nepi comprendevano 38 parrocchie per poco più di 80.000 abitanti.
Storia
La presenza del cristianesimo a Sutri è attestata con certezza nel IV secolo, epoca in cui viene datata la catacomba di San Giovenale nei pressi dell'attuale cimitero di Sutri[3], e nel V secolo, quando è documentato per la prima volta lo status di sede vescovile della città. Il martirologio geronimiano ricorda al 23 novembre un "Felice in Tuscia", che una passio, forse risalente al VII secolo, descrive come presbitero che subì il martirio a Faleri Novi e fu sepolto a Sutri.[4] Nel martirologio romano san Felice, patrono di Sutri, è ricordato al 23 giugno.[5]
La diocesi di Sutri è documentata per la prima volta nel 465 e il primo vescovo noto è Eusebio, presente al sinodo romano indetto in quell'anno da papa Ilario e dove furono stabilite norme sulle ordinazioni episcopali e sulle nomine dei vescovi. Per i primi secoli, la successione episcopale è molto lacunosa e i vescovi sono noti solo per la loro presenza ai concili celebrati a Roma dai pontefici.
Importante fu il legame della diocesi con la vicina Sede apostolica, a cui fu sempre immediatamente soggetta. In seguito alla donazione di Sutri il territorio fu inserito nel Patrimonium Sancti Petri, il nucleo originario dello Stato Pontificio. Qui sorsero nell'VIII e nel IX secolo alcune importanti domuscultae, fattorie fortificate per l'approvvigionamento di Roma. Questo legame è rafforzato nel X secolo: il vescovo Niccolò figura nel 904 come datario e bibliotecario pontificio, mentre il vescovo Benedetto è elevato al soglio pontificio nel 974 con il nome di Benedetto VII.[6]
Secondo Duchesne, in un'epoca imprecisata attorno al X secolo Sutri avrebbe assorbito l'antica diocesi di Monterano (la Forum Clodi di epoca romana), estendendo così la sua giurisdizione ai borghi attorno al lago di Bracciano.[7] Nel 1112 il vescovo sutrino Alberico rivendicò diritti anche sul territorio dell'antica diocesi di Centumcellae, da poco unita a quelle di Blera e di Tuscania, e per questo si appellò a papa Pasquale II, che in un sinodo romano dette ragione ad Alberico; l'assenza di ulteriori documenti impedisce di conoscere il seguito di questa vicenda, che dovette ritornare a sfavore dei vescovi sutrini, che non ebbero mai giurisdizione sul territorio di Civitavecchia.[8]
Nel 1046 a Sutri si svolse un concilio indetto dall'imperatore Enrico III, che pose fine allo scisma che vedeva opporsi tre rivali per il papato: vi fu eletto papa Clemente II. In un altro sinodo del 1059 fu deposto l'antipapa Benedetto X ed eletto papa Niccolò II. Sutri fu in questo periodo al centro delle contese fra papato e impero; ne fece le spese il vescovo Bonizone, tra i protagonisti della cosiddetta riforma gregoriana, che fu espulso dalla sua sede per l'appoggio alla causa papale e trovò rifugio per un certo periodo presso Matilde di Canossa prima di essere nominato vescovo di Piacenza.[9]
Nel 1111 Sutri fu ancora teatro delle vicende politico-religiose che videro coinvolte la Santa Sede e l'imperatore Enrico V con la stipulazione del cosiddetto concordato di Sutri. La sconfessione dell'accordo da parte dei pontefici, porto la città di Sutri sotto il controllo imperiale. Sul finire del XII secolo lo stesso imperatore Enrico VI dimorò per un certo periodo a Sutri, la cui sede episcopale era governata allora dal vescovo di origini tedesche Radulfo. A lui si rivolsero i successivi imperatori perché intercedesse presso i pontefici per togliere la scomunica che gravava su di loro. Papa Innocenzo III inviò Radulfo in Germania per assolvere dalla scomunica l'imperatore, ma la mancata osservanza delle direttive papali portò alla deposizione del vescovo al suo rientro in Italia.[10] Tra il 1243 ed il 1244 la città fu per breve tempo sede papale, quando papa Innocenzo IV vi si stabilì per fuggire dall'imperatore Federico II, che egli aveva scomunicato.
Nell'ottobre del 1371 il vescovo Angelo da Vetralla indisse il primo sinodo sutrino di cui si ha conoscenza e i cui atti sono tramandati da un manoscritto del XV secolo dove sono trascritti anche gli atti del sinodo celebrato dal domenicano Angelo Altieri nel 1457, una ventina d'anni dopo l'unione di Sutri con la diocesi di Nepi. Nelle costituzioni episcopali di Angelo da Vetralla si fa esplicita menzione del martire Felice, primo patrono della città, venerato in nostra matrici sutrina ecclesia.[11]
Il 12 dicembre 1435 la diocesi di Sutri fu unita con quella di Nepi in forza della bollaSacrosancta Romana ecclesia di papa Eugenio IV. Iniziò da questo momento un percorso comune per le due diocesi, che tuttavia mantennero distinte giurisdizioni, curie e residenze vescovili.
Fu vescovo di Sutri fra il 1556 e il 1560 il futuro papa Pio V, uno dei massimi protagonisti della riforma cattolica post-tridentina. Già nel 1564 il vescovo Girolamo Gallarati, che prese parte al concilio di Trento, istituì a Sutri il seminario diocesano, che però fu costretto a chiudere due anni più tardi, per riaprire solo nel 1703 con il vescovo Giuseppe Cianti.[12] Al Gallarati si deve probabilmente anche la convocazione di un sinodo per l'attuazione delle riforme tridentine; altri sinodi, i cui atti sono conservati nell'archivio storico diocesano, sono quelli di Orazio Morone nel 1602, di Taddeo Sarti nel 1612, di Dionisio Martini nel 1624, e altri nei decenni successivi.[13]
All'inizio del Settecento, per porre fine ai dissidi fra i capitoli delle due cattedrali, la Congregazione del Concilio decretò che nelle diocesi ci fossero due vicari generali e che nelle bolle di nomina i vescovi avessero alternativamente il titolo di "Nepi e Sutri" e di "Sutri e Nepi".
Durante il periodo napoleonico il vescovo Camillo de Simeoni rifiutò di sottoscrivere il giuramento, e per questo fu imprigionato e deportato, mentre le sue diocesi furono soppresse e aggregate alle diocesi di Civita Castellana e Orte.
Il 5 settembre 1850, in forza del decreto concistoriale Omnium Ecclesiarum sollicitudo, la diocesi di Sutri cedette le parrocchie di Tolfa e di Allumiere alla diocesi di Civitavecchia.[14]
L'11 febbraio 1986[16] le diocesi di Sutri e di Nepi sono state soppresse e il loro territorio incorporato in quello della diocesi di Civita Castellana; contestualmente l'ex cattedrale di Sutri ha assunto il titolo di concattedrale della diocesi civitonica.[17]
^Questa data è riportata dall'Annuario Pontificio, benché altre fonti abbiano la data del 15 febbraio.
^Per espressa disposizione di papa Giovanni Paolo II, nell'Annuario Pontificio è fatta esplicita menzione dell'unione della sede sutrina con quella di Civita Castellana.
^Questo vescovo è desunto da un diploma spurio di Gregorio Magno (Lanzoni).
^abcdefghijkSchwartz, Die besetzung der bistümer Reichsitaliens unter den sächsischen und saliche kaisern, pp. 263-265.
^Questo vescovo è menzionato nella cronotassi di Sutri da Ughelli, che ne ricava il nome da una antiqua Chronica Radigunduli, e il suo nome (Januarius) è ripetuto da tutti gli storici ed eruditi che hanno scritto sulla città e la diocesi sutrina. Non essendoci altre fonti coeve che testimonino dell'esistenza di questo vescovo, Schwartz mette in dubbio la storicità di Gennaro. La suddetta cronaca, nota con il nome di Cronica di Lattanzio Pelagotti di Radicondoli, è tuttavia considerata un falso, scritta tra Cinquecento e Seicento. Costanza Cucini, Radicondoli. Storia e archeologia di un comune senese. Nuova edizione con aggiornamenti, Sesto Fiorentino, 2022, pp. 24-25.
^A febbraio del 1200 la sede di Sutri era ancora vacante, e il papa aveva annullato l'elezione del nuovo vescovo fatta dal capitolo dei canonici di Sutri. Patrologia latina, vol. 214, coll. 851-852.
^(FR, LA) Les Registres d'Innocent IV (1243-1254), publiés et analysés d'après les manuscrits originaux du Vatican et de la Bibliothèque nationale par Elie Berger, Tome deuxième, Paris, 1887, p. 234, nº 5311.
^Il 1º maggio 1384 l'antipapa Clemente VII nominò per la sede di Tivoli il marsicano Nicola di Tagliacozzo e nella stessa bolla di nomina trasferì Pietro Cenci alla diocesi di Sutri, rimasta vacante per la morte di Angelo, o ad altra sede vacante. Di fatto però Cenci, di obbedienza romana, non lasciò mai Tivoli ed è ancora documentato come vescovo il 10 marzo 1388. Cascioli, Atti e Memorie della Società Tiburtina di Storia e d'Arte, VII, 1927, pp. 182 e seguenti.
^Nominato vescovo sutrino nel concistoro di febbraio 1429, sembra che non abbia accettato l'incarico; infatti in un documento del 20 dicembre 1430 è ricordato solo con il suo titolo di maestro del Sacro Palazzo; dal 2 maggio 1432 è menzionato come arcivescovo di Rodi. Paolo Cherubini, Crisoberga, Andrea, Dizionario biografico degli Italiani vol. 30 (1984).
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