Falò di inizio anno
I falò di inizio anno sono una tradizione popolare dell'Italia nord-orientale e dell’Emilia occidentale consistente nel bruciare delle grandi cataste di legno e frasche nei primi giorni di gennaio (solitamente la vigilia dell'Epifania). Data la sua larga diffusione, ne esistono moltissime versioni e denominazioni: in Friuli è chiamato in diversi modi: pignarûl (Friuli Centrale), cabosse (nella bassa Friulana), seima in Bisiacaria, falop, foghere/foghera/fogoron oppure caséra nelle zone vicino al Tagliamento del Friuli Centrale e Occidentale. Nella parte che confina con il Veneto e nelle provincie venete di Treviso e Venezia panevìn o panaìn (da pan e vin "pane e vino", in segno di augurio per un anno di abbondanza), ma anche panèra, capàn, pìroła-pàroła, vècia ("vecchia": le pire possono assumere la forma di un fantoccio), fogherada e bubarata (Padova), nel Veronese e nel Polesine briolo, buriolo, brugnèlo, brujèo, bruja e simili, così come a Mantova è il burièl. In provincia di Parma e Reggio Emilia è chiamata Fasagna. Nelle zone di Bologna e Modena vi è l'usanza di bruciare un fantoccio raffigurante un vecchio (falò del vecchione, vciån in bolognese), come sul Lago Maggiore, dove è chiamata se brüsa ul vécc. Origini e tradizioniSembra che questa usanza derivi da riti purificativi e propiziatori diffusi in epoca pre-cristiana. I Celti, per esempio, accendevano dei fuochi per ingraziarsi la divinità relativa e bruciavano un fantoccio rappresentante il passato. Mentre il falò ardeva, i contadini in cerchio gridavano e cantavano varie formule augurali[1]. Rimasta intatta come rituale da svolgersi nella vigilia dell'Epifania, ancor oggi la fiamma simboleggia la speranza e la forza di bruciare il vecchio (non a caso si può bruciare la "vecchia" posta sopra la pira di legna). Il rogo è talvolta benedetto dal parroco e lo scoppiettare dell'acqua santa nel fuoco viene identificato con il demonio infuriato che fuggiva. La direzione del fumo e delle faville (talvolta alzate di proposito dai contadini usando una forca) viene letta come presagio per il futuro. Si notino i seguenti detti popolari: (VEC)
«Pan e vin, (IT)
«Pane e vino, (VEC)
«Fuive verso sera (IT)
«Faville verso ovest (FUR)
«Se il fum al va a soreli a mont, (IT)
«Se il fumo va a occidente, (EML)
«Fasagna, Fasagna (IT)
«Fasagna, Fasagna Un'altra credenza ritiene che la caduta della croce o del palo che sostiene le pire possa portare male. In alcune zone esso doveva restare in piedi per almeno otto giorni. Il rito dei fuochi è anche un momento in cui la comunità si raccoglie per stare in compagnia. Viene accompagnato dalla degustazione di vin brulé e di pinza, focaccia tipica di questa festa e cotta talvolta tramite gli stessi roghi. Attualmente, per l'occasione possono venire organizzati spettacoli pirotecnici. Tradizioni analogheIn Romagna, nella sera prima di san Giuseppe, il 18 marzo, ovvero alla vigilia dell'anno romano, si usa bruciare la Fogheraccia. Sempre in onore a san Giuseppe, si brucia una grande catasta ad Itri[2], mentre a Torre Le Nocelle in onore a san Ciriaco, il 15 marzo[3]. Nelle province lombarde di Como, Lecco, Monza, Milano e Varese si pratica il rito della Giubiana/Giobia, in cui a Gennaio si brucia in un grande rogo un fantoccio rappresentante una donna.[4] In svariate popolazioni con origini celtiche o germaniche, in prossimità dei solstizi, si praticano festeggiamenti derivati dal rito del Nodfyr. Note
Bibliografia
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