Flora è la dea romana e italica della fioritura dei cereali[1] e delle altre piante utili all'alimentazione, compresi vigneti e alberi da frutto.[2] Col tempo venne intesa come dea della primavera.
A Roma il suo culto pubblico era curato dal flamine floreale, uno dei dodici flamini minori. Flora, inoltre, è tra le divinità che venivano invocate dai fratelli Arvali nelle loro cerimonie.
Dal 28 aprile al 3 maggio di ogni anno, momento critico della fioritura delle messi, si svolgevano i Ludi Floreales o più semplicemente Floralia, feste dedicate alla dea, nelle quali abbondavano i divertimenti. Il più tipico era la partecipazione di mimae, la cui esibizione si concludeva con la nudatio mimarum anticipatrice dei futuri spogliarelli. Il carattere annuale della festa fu decretato nell'anno dei consoli Lucio Postumio Albino e Marco Popilio Lenate (173 a.C.). Alla Dea Flora è dedicata la fondazione della città di Firenze, la Florentia Romana.
Nel 17, l'imperatoreTiberio consacrò il tempio a Flora presso il Circo Massimo, ricostruito sulle rovine di quello precedentemente innalzato dagli edili Lucio e Marco Publicio.[4]
Secondo Georges Dumézil, la presenza di Flora presso altri popoli italici, l'esistenza del flamine di Flora e la sua invocazione presso i fratelli Arvali, sarebbero tutti indizi della sua antichità. Flora era anche la patrona della fazione dei "verdi" (uirides o prasini) nelle corse del Circo.[2]
Flora nella letteratura e nell'arte
Il poeta romano Ovidio opera nei Fasti[5] una fusione tra la leggenda greca di Clori e la tradizione italica di Flora. L'espediente letterario è quello della teofania, già usato altre volte: dopo l'invocazione del poeta, la divinità si manifesta e parla di sé stessa rivelando la sua natura e le cause della sua festa. La dea dichiara di essere la ninfa Clori, sposa di Zefiro, e che la pronuncia latina ha modificato la lettera iniziale "c" del nome in una "f". Ovidio crea in questo contesto anche la nascita di Marte/Ares da Giunone/Hera grazie a un fiore particolare colto dalla stessa Flora/Clori, evento forse ricalcato sulla nascita di Efesto narrata da Esiodo nella Teogonia.[6] Sulla scorta di quanto scrisse Ovidio (Metamorfosi, libro XIII) Johann Heinrich Dierbach volle avanzare un'ipotesi sull'identità della pianta nata dal sangue di Aci, secondo l'autore cara alla dea Flora; egli credette di poterla identificare con il Giunco fiorito, Butomus umbellatus L., che cresce appunto nei pressi dei corsi d'acqua.[7]
Flora secondo Lattanzio
Lo scrittore cristiano Lattanzio con l'intento di denigrare la religione romana, sostenne che Flora fosse stata una meretrice che aveva lasciato il proprio patrimonio in eredità al popolo romano, il quale per riconoscenza avrebbe istituito i Floralia.[8] In realtà Lattanzio, nell'intento di spiegare e condannare la licenziosità della festa, confuse la storia di Acca Larenzia con la leggenda di Clori raccontata da Ovidio nei Fasti.
Flora al di fuori di Roma
Flora era presente anche presso altri popoli italici. Sia i Sabini che i Vestini avevano un mese dedicato a Flora, che corrispondeva al nostro luglio nel caso dei Vestini mentre è ignota la corrispondenza nel caso dei Sabini.[9] La dea si trova anche presso i Sanniti dove viene menzionata nella Tavola di Agnone con il nome indigeno di Fluusai Kerriiai, vale a dire "Flora di Cerere". Questo stretto legame tra le due dee sembra sia esistito anche a Roma, dove Flora sarebbe stata considerata "ministra di Cerere".[10] Il nome di Flora figura su un cippo del templum terrestre di Bantia, e precisamente sul cippo immediatamente di fronte alla posizione dell'augure.[11] A Pompei è attestata l'esistenza di un culto a Flora da parte del locale flamen iuventutis, vale a dire il flamine dei giovani pompeiani.[12]
^ Johann Heinrich Dierbach, Flora Mitologica, in Le piante nella mitologia e nel simbolismo dei Greci e dei Romani, 2 gennaio 2015, ISBN9786050342932 (archiviato dall'url originale il 2 gennaio 2015).
^Lattanzio Firmiano, Divinae Institutiones, libro I, 20.
^Edward Togo Salmon, Il Sannio e i Sanniti. Torino, Einaudi, 1985. ISBN 88-06-13689-5.
^Scolii a Giovenale, 6, 249: Flora erat apud antiquos ministra Cereris.
^Andrea Carandini, Remo e Romolo, pag. 424.Torino, Einaudi, 2006. ISBN 88-06-18065-7.
^Renato Del Ponte, Dei e miti italici, pag. 153. Genova, ECIG, 1985. ISBN 88-7545-805-7.