Jugoslavia Federale Democratica
La Jugoslavia Federale Democratica (in serbo-croato: Демократска Федеративна Југославија (Demokratska Federativna Jugoslavija), in sloveno: Demokratična federativna Jugoslavija) fu il nome dato al governo provvisorio il 7 marzo 1945. Lo Stato nacque il 29 novembre 1943, durante la seconda sessione del Consiglio antifascista di liberazione popolare della Jugoslavia a Jajce, in Bosnia ed Erzegovina. Lo Stato fu amministrato dal maresciallo Tito con le funzioni di primo ministro. Lo Stato fu riconosciuto dagli Alleati alla conferenza di Teheran, insieme all'AVNOJ e il suo organo deliberativo. Il Governo jugoslavo in esilio di Pietro II di Jugoslavia, in parte grazie pressioni del Regno Unito[1], riconobbe il governo dell'AVNOJ con l'accordo di Lissa, firmato il 16 giugno 1944, tra il primo ministro del Governo jugoslavo in esilio, Ivan Šubašić e Tito.[1] Con l'accordo di Lissa, l'AVNOJ e Governo jugoslavo in esilio si accordarono per unirsi in governo provvisorio il prima possibile. Il tipo del governo venne deciso in un secondo trattato, firmato il 1º Novembre 1944 a Belgrado, da poco liberata. La Jugoslavia divenne uno dei fondatori delle Nazioni Unite con la firma dello Statuto delle Nazioni Unite ad ottobre 1945. StoriaLa seconda sessione dell'AVNOJ, che si è tenuta a Jajce nel novembre 1943, si aprì con una dichiarazione divisa in parti:
Il nome "Jugoslavia Federale Democratica" e lo stemma vengono adottate ufficialmente il 17 febbraio 1944. GovernoDa novembre 1944 ci fu un'assemblea provvisoria. L'accordo tra Tito e Šubašić del 1944, decise che lo stato sarebbe stato una democrazia pluralista che avrebbe garantito: libertà democratiche, libertà personale, libertà di parola, riunione e religione e libertà di stampa. Nel 1945 Tito cambiò l'inclinazione del suo governo e la portò lontano da una democrazia pluralista. Lui diceva che accettava una democrazia, ma non vedeva la necessità di diversi partiti e che essi avrebbero diviso la Jugoslavia e che il fronte popolare jugoslavo rappresentasse tutti gli abitanti del paese.[2] La coalizione del fronte popolare, guidata dalla Lega dei Comunisti di Jugoslavia e il suo segretario generale Josip Broz Tito, fu il partito più grande nel governo, insieme al movimento "Napred" rappresentato da Milivoje Marković.[3] La Jugoslavia Federale Democratica ebbe un governo temporaneo costituito in maggioranza da membri del Fronte di Liberazione Popolare Jugoslavo e alcuni rappresentanti di altri partiti del ex Regno di Jugoslavia. Il presidente del governo fu Josip Broz Tito. Il Partito Comunista aveva 22 ministeri, tra cui economia, interno, giustizia, trasporti e altri. Ivan Šubašić, governatore del Banovina di Croazia fu il ministro degli affari esteri. Milan Grol, del partito democratico jugoslavo, fu vicepresidente del governo. Molti non-comunisti furono riassegnati perché erano in disaccordo con la nuova politica.[4] Divisioni amministrativeLa Jugoslavia Federale Democratica si divide di 6 repubbliche e 2 regioni autonome:
Note
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