Ritenuto dallo Zar e dal figlio un saggio consigliere, Pobedonoscev era fortemente contrario a tumulti e dimostrazioni popolari, affondando sempre di più la sua impronta filosofica nel conservatorismo e nel nazionalismo, plasmando quindi la concezione politica e sociale di Alessandro III e del padre Alessandro II, che risentirono molto di questi suoi insegnamenti. La sua azione politica e culturale prese via via il nome di clericalismo laico.
Pobedonoscev, nonostante la sua vasta cultura, era affetto da pregiudizi ed intollerante nei confronti di cattolici, ebrei, luterani, polacchi e varie altre minoranze etniche, facendosi invece difensore della Chiesa ortodossa e delle sue proprietà (tutti questi fattori lo rendevano piuttosto detestabile tra gli altri membri del Consiglio di Stato e tra la popolazione). La sua figura era nota anche dal punto di vista fisico, poiché era molto magro, pallido e le sue espressioni facciali sembravano piuttosto cadaveriche (fattori che si possono notare soprattutto in un ritratto fattogli da Repin). In seguito divenne vero e proprio mentore dello Zar e del figlio; Alessandro III, influenzato dalle idee autocratiche, intolleranti e paranoiche di Pobedonoscev, iniziò a sopprimere poco alla volta la libertà di stampa e di pensiero, a rendere più severa l'educazione nelle scuole e a contrastare ogni ideologia insurrezionalista e popolare, soprattutto tra i gruppi etnici non originari della Russia.