Il Magister equitum (comandante della cavalleria) nella Repubblica romana era un grado militare che veniva assegnato e tolto da un dittatore. L'incarico cessava comunque al momento in cui cessava quello del dittatore.
Il magister equitum era il principale collaboratore del dittatore, il suo luogotenente.[1] La scelta del magister equitum era di norma lasciata al dittatore, a meno che un Senatus consultum non specificasse, come succedette in alcuni casi, il nome della persona che doveva essere nominata. Il dittatore non poteva rimanere senza un magister equitum che lo supportasse e quindi se quest'ultimo moriva o usciva dalla carica per un qualsiasi motivo se ne doveva nominare un altro.
Al magister equitum veniva assegnato lo stesso imperium di un pretore e di conseguenza era soggetto solo all'imperium del dittatore. Per questo si considerava necessario che la persona che doveva essere nominata magister equitum avesse già ricoperto la carica di pretore, anche se ci furono eccezioni. Il magister equitum aveva le stesse insegne del pretore: la toga praetexta e la scorta di sei littori.
In caso di assenza del dittatore, era il suo rappresentante e aveva quindi i suoi stessi poteri. All'inizio, il magister equitum fu, come indica il nome, il comandante della cavalleria, mentre il dittatore comandava le legioni, cioè la fanteria.
Questa carica appare per la prima volta nell'età monarchica di Roma, ma con il nome di Tribunus celerum (tribuno dei celeri), capo dei cavalieri che volgevano la funzione di proteggere il rex.[2] L’ultimo Tribuno dei celeri fu Lucio Giunio Bruto che, rivestendo questa carica, espulse Tarquinio il Superbo e fondò la repubblica romana.[3]