L'opera venne eseguita per la prima volta al Teatro Regio Ducale di Milano il 26 dicembre 1770 diretta dal compositore al 1° cembalo, Giovanni Battista Lampugnani al 2° cembalo con Antonia Bernasconi, suscitando entusiasmo nel pubblico, nel Parini e negli stessi cantanti (il sopranistaPietro Benedetti aveva affermato durante le prove eseguite nei giorni precedenti che se non fosse piaciuto il duetto finale del secondo atto si sarebbe fatto castrare di nuovo[1][2]).
Solo sei anni più tardi il teatro sarebbe bruciato per essere poi riedificato in quello che è l'attuale Teatro alla Scala.
Il Mitridate fu il primo impegno probante di Mozart con l'opera seria. In esso viene rielaborata l'omonima tragedia di Racine secondo i canoni del melodramma metastasiano.
La trama è incentrata sul conflitto tra Mitridate, re del Ponto, ed i suoi figli, che gli contendono l'amore della bella Aspasia.
Mitridate, tiranno ormai stanco e anziano, che ha sacrificato gli obblighi familiari a quelli di stato, è in guerra con Roma. Per ragioni politiche ha combinato il matrimonio tra il figlio Farnace e la figlia del re dei Parti, Ismene; tuttavia Farnace è ambizioso e cerca di mettersi in competizione con il padre, anche nell'amore della bella Aspasia. Quest'ultima preferisce il figlio minore, Sifare, ed è da questo ricambiata.
I due fratelli si scontrano per Aspasia, trattenuti dal governatore Arbate, nel secondo atto Farnace confessa tutto al padre (Son reo, l'error confesso) e viene imprigionato (Già di pietà mi spoglio). Aspasia e Sifare dichiarano il loro amore (Se viver non degg'io).
Nel terzo atto Mitridate e vorrebbe metter a morte il primo figli e fare sposare Ismene a Sifare, con disappunto di lei che non lo ama; Ismene intercede per evitare la condanna a morte di Aspasia e Sifare. Nel contempo i romani, guidati da Marzio, sbarcano a Ninfea e liberano Farnace, promettendogli il trono del padre se li aiuterà (Se di regnar sei vago).
Farnace diventa cosciente dei suoi doveri nei confronti del padre; Mitridate è ferito mortalmente e perdona i suoi figli.
Nel quintetto finale Non si ceda al Campidoglio Sifare, Aspasia, Farnace, Ismene e Arbate, dichiarano la loro intenzione di vendicarsi dei romani e combattere quelli che pretendono di togliere la libertà al mondo intero.
^(FR) Pietro BENEDETTI, su Quell'usignolo. URL consultato il 4 maggio 2024.
Bibliografia
Edward J. Dent, Il teatro di Mozart (ed. originale: Mozart's operas, Oxford University Press, London 1913), a cura di Paolo Isotta, trad. di Luigi Ferrari, Rusconi, Milano 1979, p. 49. ISBN 978-88-18-70086-2
Hermann Abert, Mozart - La giovinezza 1756-1782 (ed. originale: W. A. Mozart – Erster Teil 1756.1782, Breitkopf und Härtel, Lipsia 1955), trad. it. di Boris Porena e Ida Cappelli, Il Saggiatore, Milano 1984, pp. 206–208, 265-270. ISBN 978-88-428-0725-4
Mozart, Tutti i libretti d'opera, a cura di Piero Mioli, Newton Compton, Roma 1996, vol. 1 pp. 97–123. ISBN 978-88-541-0590-4
Pipers Enzyklopädie des Musiktheaters, a cura di Carl Dahlhaus, vol.4, Piper, Monaco di Baviera e Zurigo, 1991, p. 281-283 ISBN 3-492-02414-9