Inizialmente fu designato come programma FS-X, e col nome industriale Mitsubishi SX-3,[3] e doveva essere un programma unicamente nazionale,[2] ma nel 1988 tutti i progetti interni furono accantonati a favore di un memorandum of understanding basato sul trasferimento di tecnologia dagli Stati Uniti del caccia F-16 Fighting Falcon. Oltre ad attingere alle qualità aeronautiche del caccia americano, per la prima volta è stato fatto ampio uso di materiali compositi per la sua costruzione, e ciò conferisce anche una certa capacità stealth. Quanto alla sua maneggevolezza, la sua configurazione con ali ingrandite gli permette di essere eccellente. L'adozione, anche in questo caso per la prima volta, di un radar a scansione elettronica, il modello J/APG-1 prodotto da Mitsubishi Electric, lo ha poi reso un aereo da caccia all'avanguardia.
Il primo prototipo monoposto, YF-2A, ha fatto il suo primo volo il 7 ottobre 1995.[2] Il secondo velivolo, biposto denominato YF-2B, è decollato per la prima volta il 2 aprile 1996. I quattro prototipi costruiti sono rimasti in servizio nell'Air Development and Test Wing presso la base aerea di Gifu, adibiti ai test e alla sperimentazione di apparecchiature e armi.
Il costo dell'F-2 non è mai stato reso pubblico, ma la maggior parte delle stime lo individua a oltre 100 milioni di dollari per esemplare, esclusi i costi di ricerca e sviluppo, ed è perciò molto più costoso rispetto all'F-16 Fighting Falcon per delle prestazioni giudicate leggermente superiori.
La produzione dei prototipi incominciò nel 1995, mentre la produzione in serie del modello definitivo iniziò nel 1999 e terminò nel 2011. Furono costruiti complessivamente 98 esemplari, suddivisi in 4 prototipi, 62 F-2A monoposto e 32 F-2B biposto.[2]
A causa di alcuni incidenti ed eventi calamitosi, fra cui il maremoto del Tōhoku dell'11 marzo 2011, sono stati persi alcuni velivoli. Nel 2022 gli esemplari in servizio erano 91.
Nonostante l'evidente somiglianza con l'F-16, le differenze esteriori sono enormi con dimensioni maggiorate,[2] ali più grandi ed estese, piano di coda completamente nuovo, un diverso tettuccio più robusto diviso in tre parti, un muso leggermente differente, una presa d'aria modificata, e l'aggiunta di un paracadute in coda per frenare durante l'atterraggio.
L'ingrandimento delle ali ha permesso di aumentare il carico che può essere trasportato, e di aggiungere altri due attacchi alari per le armi. Per evitare un aumento di peso eccessivo della struttura, si è impiegata la fibra di carbonio per la costruzione delle ali. L'apertura alare è quindi aumentata raggiungendo 11,13 m, ossia un metro in più rispetto all'F-16, e ciò dovrebbe migliorare anche la manovrabilità.
Armamento
Essendo prevalentemente un cacciabombardiere con vocazione per l'attacco al suolo,[2] anche se utilizzato spesso come intercettore puro, la dotazione di armi per le missioni d'attacco è decisamente ricca. In particolare spiccano i potenti missili antinaveASM-1 e ASM-2, simili al francese Exocet, che forniscono all'aereo capacità davvero ragguardevoli.[6] Inoltre sono disponibili le bombe JDAM a guida satellitare, e le bombe Mk 82 dotate di un kit Type 91 GCS-1 per la guida laser.
Per il combattimento aria-aria è in dotazione una panoplia di armi molto vasta, che parte dai missili AIM-9 Sidewinder e AIM-7 Sparrow fino ai nuovi e avanzatissimi AAM-3, AAM-4 e AAM-5.[6]
Un'altra nuova arma sperimentata dall'F-2 è il missile antinave supersonico ASM-3 che può arrivare a una velocità di oltre Mach 3.
^Aoki, Yoshimoto. "Mitsubishi F-2: 21st Century JASDF fighter-support". World Air Power Journal, Volume 39, Winter 1999. London:Aerospace Publishing. ISBN 1-86184-039-X. ISSN 0959-7050. pp. 38–49.
Giuliano Da Frè, La Japan Air Self Defence Force nel XXI secolo, in Rivista Italiana Difesa, n. 12, Chiavari, Giornalistica Riviera, dicembre 2010, pp. 48–56.
Cristiano Martorella, Le capacità di strike del Giappone, in Panorama Difesa, n. 364, Firenze, ED.A.I., giugno 2017, pp. 62–69.
Cristiano Martorella, Il caccia Mitsubishi F-2, in Panorama Difesa, n. 393, Firenze, ED.A.I., febbraio 2020, pp. 64-75.