Il neokantismo è una corrente filosofica che si sviluppò nella seconda metà del XIX secolo in Germania con l'obiettivo di recuperare, dall'insegnamento kantiano, l'idea che la filosofia debba essere innanzitutto riflessione critica sulle condizioni che rendono valida l'attività conoscitiva dell'uomo. Se come attività conoscitiva si intese in particolare la scienza, il discorso neocriticista guardò anche ad altri campi di attività, dalla morale all'estetica e alla pedagogia.
In linea con i principi del criticismo i neokantiani rifiutano ogni tipo di metafisica, e se questo li contrappone polemicamente alle contemporanee correnti neoidealiste e spiritualiste, li allontana allo stesso tempo dallo scientismo del positivismo che tende ad una visione assoluta e misticheggiante della scienza.
Le due massime espressioni del neocriticismo tedesco furono incarnate dalla Scuola di Baden e dalla Scuola di Marburgo, che influenzarono buona parte della filosofia tedesca successiva (fenomenologia); nonostante questa corrente filosofica si sia diffusa in tutti i paesi europei, altre manifestazioni degne di nota si ebbero solo in Francia (Charles Renouvier).
Lange nella sua Geschichte des Materialismus (Storia del Materialismo, 1866) criticò fortemente il materialismo stesso. Liebmann, nella sua opera Kant und die Epigonen (Kant e i suoi epigoni, 1865), aveva refutato in quattro sezioni l'idealismo tedesco (Fichte, Schelling, Hegel), il realismo (Herbart), l'empirismo (Fries) e la filosofia trascendentale (Schopenhauer) e posto alla fine di ogni capitolo il grido di battaglia: Auf Kant muß zurückgegangen werden! (Bisogna tornare a Kant!).
Successivamente Liebmann sviluppò egli stesso le linee principali di questo ritorno a Kant, in Analisi della realtà (1876), e Pensiero e fatti (1882-1904), da lui inteso come la fondazione di una metafisica critica che tenesse sempre conto dei principi e limiti dell'intelletto come dati originari.
Nel mondo anglosassone, tuttavia, ai primi del Novecento la critica serrata di Bertrand Russell e George Edward Moore fece sparire lo studio di Kant dalle università inglesi e americane per oltre mezzo secolo. Negli anni Sessanta fu riscoperto con la pubblicazione del libro The Bounds of Sense di Peter Frederick Strawson, nel quale l'autore cerca di separare gli aspetti attuali del Kantismo dalla dottrina dell'idealismo trascendentale che lui rigetta.[7] Rispetto alla filosofia pratica, il volume Una teoria della giustizia di John Rawls si fonda sul concetto kantiano di imperativo categorico, regola dell'agire assoluta, universale, incondizionata e giustificata come fine a se stessa.
Una più recente rielaborazione del kantismo è il razionalismo critico di Karl Popper, che assegna alla ragione un ruolo essenzialmente critico, negativo, secondo cui cioè il criterio della conoscenza umana, ritenuta fallibile, congetturale, non può basarsi sul principio della verificabilità, bensì su quello opposto della falsificabilità.
Hermann Cohen, fondatore della scuola; per lui non concetti ma giudizi sono il fondamento del pensiero umano
Paul Natorp, si occupò soprattutto della logica delle scienze; rifiuta l'esistenza della "cosa in sé" (Ding an sich) e delle intuizioni indipendenti dall'intelletto
Wilhelm Windelband, teorizzò la dottrina dei valori universali; verità nel pensare, bontà nel volere, bellezza nel sentire; per lui capire Kant significa oltrepassarlo
Frederick C. Beiser, The Origins of Neo-Kantianism, 1790–1880, New York, Oxford University Press, 2014.
Klaus Kristian Köhnke, The Rise of Neo-Kantianism: German Academic Philosophy between Idealism and Positivism, New York, Cambridge University Press, 1991.
Rudolf A. Makkreel e Sebastian Luft (a cura di), Neo-Kantianism:in Contemporary Philosophy, Bloomington, Indiana University Press, 2010.