Architetto e studioso vicentino, ha curato e valorizzato l'opera di Andrea Palladio con pubblicazioni prestigiose, quali Le fabbriche e i disegni di Andrea Palladio (1776-1783) e Le Terme dei Romani, disegnate da A. Palladio (1785). Tali pubblicazioni hanno avuto la conseguenza di sminuire, per confronto, la sua importanza come architetto, esponente del neoclassicismo nel Veneto.
Era di umilissime origini, figlio di Antonio Bertotti, barbiere, e Vittoria Scabora. Il padre lo aveva avviato alla sua professione, ma grazie al mecenatismo del marchese Mario Capra poté ricevere una buona formazione. Partecipò quindi al concorso per l'eredità di Vincenzo Scamozzi, il celebre architetto che oltre un secolo prima (1616) aveva disposto un lascito per permettere di studiare l'architettura a un giovane vicentino purché assumesse il suo cognome[1][2]. Appoggiato dal marchese Capra, il Bertotti ottenne il lascito in data imprecisata, sicuramente prima del 1761.
Non ebbe vita facile: l'eredità era esigua, tanto che l'Accademia Olimpica lo nominò bidello, cioè custode del teatro. Per quanto riguarda la sua formazione, inizialmente fu discepolo di Domenico Cerato, legato alla tradizione di Andrea Palladio e dello Scamozzi. Successivamente si avvicinò a Tommaso Temanza, rappresentante del neoclassicismo, quindi all'intellettuale Francesco Algarotti. Fu in contatto con gli ambienti di Elisabetta Caminer e i circoli illuministici di Vicenza.
Per il resto, poco si sa della sua vita. Visse sempre a Vicenza, nei dintorni del teatro Olimpico, anche perché custode del teatro stesso, e pare non abbia mai effettuato alcun viaggio fuori dalla sua città, o almeno dal suo territorio, fatto salvo un soggiorno a Casale Monferrato nel 1789 per motivi professionali. La sua esistenza non fu segnata da episodi rilevanti, se si esclude l'incontro che ebbe la sera del 21 settembre 1786 con Goethe, che passava per Vicenza nel corso del suo viaggio in Italia: definendolo "artista valente ed appassionato"; il letterato ricorda come gli avesse dato "alcune indicazioni, mostrandosi contento dell'interesse".
Nel 1761 pubblicò un libretto, Il forestiere istruito delle cose più rare di architettura, e di alcune pitture della città di Vicenza, dialogo tra lo pseudonimo Leandro e un forestiero londinese, pretesto per illustrare le architetture e valorizzare il Palladio e lo Scamozzi - ma non il Seicento – e per tratteggiare di sé una figura molto simile a quella del grande maestro: la naturale inclinazione e gli studi precoci di architettura, cosa non vera per entrambi, essendo di umili origini.
Come architetto progettò nel 1770 il palazzo Franceschini, famiglia di ricchi setaioli, un enorme edificio in Borgo Pusterla, che metteva insieme uffici, abitazione, fondaco e filande e che nei fianchi lisci e nel cortile interno ricordava il sobrio stile scamozziano. Contenti del lavoro, i Franceschini chiesero al Bertotti Scamozzi anche la progettazione della Villa Franceschini Canera Di Salasco (Arcugnano), caratterizzata dall'altissimo pronao. Nel 1774 realizzò il prospetto della chiesa di San Faustino, casa Muzzi all'Isola, un classico palazzetto per la borghesia del tempo.
Contribuì alla conoscenza e alla diffusione del palladianesimo; eseguì il rilievo quotato di tutte le opere di Andrea Palladio. Ogni edificio fu rappresentato in pianta, prospetto e sezione attraverso tavole nitidissime. L'unità di misura utilizzata fu il piede vicentino pari a 0,356 m. Queste tavole rappresentano da sempre una utile guida per quanti intendono progettare un edificio in stile palladiano.
Considerato nel contesto del tempo, fu uno dei più illuminati interpreti del palladianesimo nel Settecento, ma filtrato attraverso le lezioni dello Scamozzi e il suo sentire personale.
Opere
Villa Capra, per Orazio Capra, Sarcedo (Vicenza), 1764 (sistemazione definitiva del complesso; tra le prime opere attribuite a Bertotti Scamozzi).
Villa Franceschini Pasini Canera di Salasco, Arcugnano, costruita nel 1770; rappresenta uno dei più riusciti esempi di neoclassicismo vicentino di ispirazione palladiana.
Fu inoltre artefice di interventi su ville palladiane tra le quali villa Almerico Capra detta "La Rotonda", nella quale modificò la scalinata riportandola alla forma originariamente progettata da Palladio.
Pubblicazioni
Le fabbriche e i disegni di Andrea Palladio, raccolti ed illustrati da Ottavio Bertotti Scamozzi, Vicenza 1796. ediz. del 1968, A. Tiranti, Londra
Le fabbriche e i disegni di Andrea Palladio e le terme., ediz. del 1845, Editore Giovanni Decamilli (Genova)
Le terme dei Romani: disegnate da Andrea Palladio e ripubblicate con l'aggiunta di alcune osservazioni da Ottavio Bertotti Scamozzi giusta l'esemplare del Lord Conte di Burlingthon, stampato in Londra l'anno 1732.
L'origine dell'Accademia Olimpica di Vicenza con una breve descrizione del suo teatro, Vicenza 1842. Tip. di Gaetano Longo.
The buildings and the designs of Andrea Palladio. Pubblicato nel 1976, La Roccia, Trento
Il forestiere istruito delle cose più rare di architettura, e di alcune pitture della città di Vicenza. Nella Stamperia di Giovambattista Vendramini Mosca ..., 1761. Ripubblicato nel 1965 dal Comune di Vicenza
«Quel bell'umore di Vincenzo Scamozzi, Architetto di prima classe, non avendo stretti congiunti dispose del suo patrimonio in maniera, che se lo godesse vitaliziamente chiunque della sua patria riuscisse il più eccellente nell'Architettura, coll'obbligo di assumere il cognome del benefattore. Ecco il Bertotti divenuto anco Scamozzi per giudizio degli Esecutori testamentari i marchesi Capra, giusti stimatori del merito. Ma non si avrebbe mai Io Scamozzi aspettato, che il suo beneficato Bertotti Scamozzi avesse da rendersi celebre col maggiormente celebrare la gloria di Palladio. Il principale studio del Bertotti è stato sopra Palladio; e non poteva impiegar meglio i suoi talenti, e i proventi Scamozziani: lo stesso avrebbe fatto Scamozzi medesimo, spassionato, e in cerca del bello. Dopo d'avere il Bertotti Scamozzi esaminate, confrontate, e misurate esattamente le opere di Palladio, separandole da quelle, che si attribuiscono a questo Valentuomo, ne ha data una magnifica edizione, che fa onore agli Artisti Vicentini , e a tutta l'Italia.»