Il genere contiene alcune delle più grandi specie di elefante, con altezze che superavano i 4 metri al garrese, tra cui il Palaeoloxodon recki in Africa, l'europeo Palaeoloxodon antiquus caratterizzato dalle zanne dritte, e l'asiatico Palaeoloxodon namadicus. Quest'ultimo, secondo alcuni autori, potrebbe essere stato il più grande mammifero terrestre, anche se le stime sono basate solo su reperti frammentari.[1]
Accanto alle specie di taglia maggiore, sono presenti anche forme nane, la cui dimensione viene collegata al fenomeno del nanismo insulare che si sviluppò soprattutto nel mediterraneo, portando a specie la cui altezza al garrese arriva appena al metro.
Palaeoloxodon veniva in passato considerato un sottogenere di Elephas, ma recenti studi filogenetici ne giustificano l'inquadramento come genere a sé stante.[2]
Le specie nane delle isole del Mediterraneo discendono quasi certamente da P. antiquus, riducendo le dimensioni a causa dell'isolamento dell'ambiente in cui vivevano, che ha comportato una diminuzione della quantità di alimentazione disponibile.
Si ritiene che le specie di Palaeoloxodon avessero un comportamento sociale simile a quello dei moderni elefanti, con femmine e esemplari giovani che vivevano in piccoli gruppi, mentre i maschi adulti conducevano vita solitaria.[3]
Le specie africane di Palaeoloxodon, come pure P. namadicus sono considerate erbivore,[4][5] mentre si pensa che P. antiquus avesse una dieta mista e che oltre alle erbe si dedicasse anche a brucare tenere fronde di albero.[6]
Relazioni con esseri umani
Resti delle specie P. recki, P. antiquus e P. naumanni sono stati ritrovati in siti dove erano presenti anche utensili in pietra o con segni di incisioni nelle loro ossa, indicando che questi animali potrebbero essere stati macellati dopo essere stati cacciati. Questi siti datano da 1,6-1,3 milioni di anni fa, fino a 40.000 anni fa, indicando la presenza di esseri umani sia arcaici che moderni.[7][8][9]