Il DS venne rifondato nel 1989, alla fine del regime comunista, e venne eletto presidente Dragoljub Mićunović. Alle prime elezioni democratiche del 1990, DS ottenne 7 deputati. Nel 1994 il partito elesse proprio presidente Zoran Đinđić. Đinđić, nel 1997, venne eletto sindaco di Belgrado. Nel 2000 DS partecipò attivamente alle proteste di piazza, che portarono alle dimissioni del Presidente della Repubblica, Slobodan Milošević del Partito Socialista di Serbia.
L'ODS ottenne la maggioranza parlamentare (64,7% dei voti). Zoran Đinđić, leader del DS, venne eletto primo ministro. Vojislav Koštunica, nel settembre dello stesso anno, venne eletto Presidente della Serbia. L'ODS governò, però, solo fino al 2003 a causa delle divisioni all'interno della coalizione, dovute alla volontà del Partito Democratico di Serbia di agire autonomamente.
Nel marzo 2003, Zoran Đinđić, leader del DS e primo ministro, venne assassinato. Milorad Ulemek, accusato dell'omicidio, venne condannato a quarant'anni di carcere. Nelle operazioni per ricercare i colpevoli il governo venne accusato, dall'opposizione e da Amnesty International, di aver violato i diritti umani.
Il nuovo primo ministro Zoran Živković portò il paese alle elezioni politiche. Nelle proprie liste, il DS accolse i candidati di alcuni partiti minori che avevano fatto parte della OSD: Alleanza Civica di Serbia, Centro Democratico, Unione Socialdemocratica, Partito Bosniaco di Sandžak, Partito Social Liberale di Sandžak.
La coalizione del DS ottenne il 12,7% ed elesse 38 deputati, di cui 23 andarono al DS. Il DS non entrò a far parte del nuovo governo composto dal Partito Democratico di Serbia, dal Movimento Rinnovamento Serbo - Nuova Serbia e da G17 Plus. Boris Tadić, nello stesso anno venne eletto nuovo leader del partito Boris Tadić. Tadić si presentò alle elezioni presidenziali del 2004 e venne eletto Presidente di Serbia al secondo turno, con il 53,7% dei voti.
Alle elezioni parlamentari del 2007, il Partito Democratico incrementò i propri voti, passando dal 12,6 al 22,9%. I democratici passarono, così, da 23 a 60 deputati, superando in tal modo gli alleati-rivali del Partito Democratico di Serbia. Il Partito Radicale Serbo, nazionalista, rimase il primo partito, ma perse un seggio. Il dato dei democratici risultò ancora più rilevante perché la Coalizione filo-europea di partiti di centro-sinistra, (LDP, GSS, LSV, SDU) superò il 5% dei voti, ottenendo 15 seggi.
Dopo la sconfitta di Tadić, il DS non riuscì a formare il governo e dopo dodici anni passò all'opposizione del nuovo governo guidato da Ivica Dačić.
Il 25 novembre 2012Dragan Đilas fu eletto nuovo presidente del partito, subentrando a Tadić.
Nel gennaio 2014 cadde il governo Dačić e furono indette elezioni anticipate a marzo. A febbraio l'ex presidente Tadić, in contrasto con Đilas, abbandonò il DS fondando il Nuovo Partito Democratico. Dopo la scissione i democratici si presentarono autonomamente (candidando solo alcuni esponenti del Partito Nuovo e dell'Alleanza Democratica dei Croati in Voivodina) con la lista "Con il Partito Democratico per una Serbia Democratica". Subirono però una sonora sconfitta, raccogliendo il 6,03% e 19 deputati (17 al DS). Così indebolito, il partito fu all'opposizione del governo di Aleksandar Vučić (leader del Partito Progressista). Dopo le elezioni il governatore della Voivodina Bojan Pajtić divenne il presidente dei democratici.