A partire dal 1992, in tutto il Paese cresce l'aspettativa verso un totale cambiamento della classe dirigente e del quadro politico. Mariotto Segni si presenta come leader del movimento referendario per la nascita di un sistema elettoralemaggioritario e, a tal fine, il 31 luglio promuove la nascita dei Popolari per la Riforma. Nel 1993 il movimento confluisce in Alleanza Democratica, un nuovo soggetto politico sorto con l'obiettivo di coalizzare le forze di centro-sinistra.
Prima delle elezioni il partito subisce una lieve scissione, quella di Adriano Teso e Carlo Usiglio: favorevoli ad un'alleanza con Berlusconi, essi costituiscono il Polo Liberal Democratico.
Il Patto Segni si colloca all'opposizione, tuttavia quattro deputati lasciano il partito e accordano la fiducia al governo: si tratta di Tremonti (che diverrà Ministro delle finanze), Michelini, Siciliani e Stajano[4].
In seguito alla caduta del primo governo Berlusconi, il Patto diede il sostegno al governo guidato da Lamberto Dini (1995-1996). Nel corso del 1995 il Patto si avvicinò al centro-sinistra dando il proprio sostegno alla nascente coalizione dell'Ulivo e a Romano Prodi. A novembre il segretario nazionale giovanile, Gian Piero Ventura Mazzuca, fondò a Firenze i "Giovani per l'Ulivo" con Prodi e Walter Veltroni.
Il movimento si federò con i Socialisti Italiani di Enrico Boselli e con Alleanza Democratica di Willer Bordon e diede vita al Patto dei Democratici.
In seguito però Segni denuncerà alcune prese di distanza nei confronti del progetto dell'Ulivo che egli intendeva come soggetto politico di centro, alleato con la sinistra rappresentata dal PDS e non invece come generica coalizione di centrosinistra.
Rottura col centrosinistra, l'UDR e il centrodestra
Nel dicembre 1996 il partito riprese la propria autonomia rispetto a Rinnovamento Italiano, ma perse la gran parte dei suoi eletti. Lasciarono il gruppo di Dini soltanto tre deputati, Masi, Bicocchi e Pozza Tasca: essi aderirono al gruppo misto, all'interno del quale costituirono la componente del Patto Segni. In seguito Masi e Bicocchi aderirono all'Unione Democratica per la Repubblica di Francesco Cossiga, mentre Pozza Tasca passò a I Democratici; Masi e Bicocchi costituirono poi la componente del Patto Segni, Riformatori, Liberaldemocratici insieme agli ex radicaliMarco Taradash e Giuseppe Calderisi, fuoriusciti da Forza Italia. Nel 2001, infine, Masi aderirà a Forza Italia.
1999: il referendum elettorale e L'Elefantino con AN
Il "Patto" ritornò sulla scena nel 1999, quando propose un referendum per abolire la quota proporzionale del 25% che a quel tempo (fino alla nuova legge elettorale del dicembre 2005) esisteva nel sistema elettorale italiano: vincono i sì, ma per soli 150.000 voti il quorum non viene raggiunto.
Nello stesso anno, in occasione delle elezioni europee, il "Patto" strinse un accordo con Alleanza Nazionale presentando liste comuni (sotto le insegne di un elefantino, esplicito richiamo al Partito Repubblicano degli Stati Uniti d'America), ma la collaborazione, dopo il pessimo risultato (10% dei consensi), non fu destinata a continuare. Mariotto Segni fu comunque eletto all'europarlamento.
Le politiche del 2001: i Riformatori Sardi e il Patto dei Liberaldemocratici
Il "Patto", pur sostenendo col suo unico deputato il governo Berlusconi, si è ritagliato una posizione di autonomia dai due schieramenti e si è riformato nel giugno 2003 dando vita al Patto Segni-Scognamiglio ("Il Patto - Partito dei Liberaldemocratici").
In occasione delle elezioni europee del 2004 racimola l'adesione di Carlo Scognamiglio, ex Presidente del Senato, e si presenta con la denominazione di Patto Segni-Scognamiglio. La sonora sconfitta (soltanto lo 0,5% dei consensi) non impedisce a Segni e Scognamiglio di continuare a coltivare l'idea di un partito liberaldemocratico e moderato alternativo alla sinistra ma diverso da Forza Italia.