Porta Soprana
La Porta Soprana o Porta di Sant'Andrea (in ligure Pòrta de Sant'Andria) fu una delle porte di ingresso alla città di Genova[1]. Fra le principali architetture medioevali in pietra del capoluogo ligure, è situata sulla sommità del Piano di Sant'Andrea (a poca distanza dall'omonimo colle, spianato agli inizi del XX secolo), da cui prende il nome (l'appellativo Soprana è invece una corruzione da Superana: la porta era così chiamata perché si trovava rialzata rispetto al piano cittadino). Si trattava di una delle porte d'accesso alla città già all'epoca della seconda cinta muraria genovese (IX o X secolo); tuttavia, la costruzione attuale — in seguito agli ingenti restauri realizzati sotto la direzione di Alfredo D'Andrade — riproduce l'aspetto che la porta doveva avere al momento della sua ricostruzione durante la realizzazione della terza cinta (Mura del Barbarossa, 1155-1159). Questa era la porta verso Roma. Poco distante da essa si trova la casa-museo di Cristoforo Colombo. Sia i poli museali delle torri della porta sia la casa di Colombo sono aperti al pubblico. Le iscrizioni sulla portaSui due lati dell'interno della porta sono riportate due iscrizioni in versi esametri latini leonini[2], caratterizzati cioè da un complesso sistema di rime e assonanze, che si chiudono con l'elenco dei consoli e dei placiti in carica nell'anno 1155: in esse il governo genovese esprime il proprio orgoglio per le vittorie ottenute nel Mediterraneo e per il grande potere che la città ha raggiunto. Nell'iscrizione sul lato sinistro (per chi entra dall'esterno), la città stessa di Genova esorta chi valica la porta (con un voluto gioco di parole, perché il nome medievale di Genova, Ianua, significa proprio 'porta' in latino) a entrare in pace e non sfidare il potere militare della città, che si è manifestato in tutto il mondo (e, recentemente, nel contrasto tra la città e il Barbarossa)[3][2]: (LA)
Ǡ In nomine Omnipotentis Dei: Patris et Filii et Spiritus Sancti. Amen. (IT)
Ǡ Nel nome di Dio onnipotente: Padre Figlio e Spirito Santo. Amen. Nell'iscrizione sul lato destro (per chi entra dall'esterno), prosegue il testo iniziato nella precedente: Genova enumera le vittorie conseguite contro i saraceni e ricorda l'anno 1155 in cui la costruzione delle nuove mura fu avviata[2]: (LA)
«Marte mei populi fuit hactenus Affrica mota, (IT)
«Dalla forza militare del mio popolo fu sconvolta finora l'Africa, I restauriVenuto meno il ruolo prettamente difensivo e ampliata la cinta di mura, a partire dal XIV secolo la porta rimase letteralmente "inghiottita" dallo sviluppo edilizio, con la costruzione del quartiere di Ponticello. Sull'arco di entrata tra le due torri venne inoltre costruita una casa ad un piano (aumentata poi di un altro nell'Ottocento), nelle cui stanze abitò il figlio di Sanson (il boia che aveva ghigliottinato Luigi XVI al tempo della rivoluzione francese)[4]. Le due torri, sempre nell'Ottocento, furono adibite a carcere così come avvenne per il vicino convento di Sant'Andrea (la prigione "della Torre"), ed in essa trovava posto anche l'abitazione dei carcerieri. Il monumento, ridotto a fine secolo in una serie di edifici, una volta scomparsi i merli dai suoi spalti venne restaurato a cominciare all'incirca dal 1890 ad opera dell'architetto Alfredo d'Andrade, direttore della Sovrintendenza di Belle Arti. Sempre a cura del laboratorio di d'Andrade venne ripristinata in questo periodo la torre settentrionale e, con essa, anche l'arco che sovrasta l'entrata della porta; furono integrate pure le sculture dei capitelli (le aquile di stile romanico pisano). La torre meridionale rimase invece racchiusa nel perimetro di un edificio di civile abitazione sino agli anni 1930 quando, con la demolizione del quartiere di Ponticello, la struttura venne restaurata sotto la direzione di Orlando Grosso. Galleria d'immagini
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