Durante gli anni del Risorgimento venne ad acquisire maggiore rilievo nella scena politica della nazione, subendo numerose riorganizzazioni interne ma conservando sempre la propria fedeltà al Re tanto da essere stato uno degli organi di governo fautori della caduta del fascismo.
Originata dalle milizie di guardia personale del Medioevo la Casa Militare era preposta alla protezione del sovrano, alla sorveglianza delle sue residenze e alla funzione di collegamento tra le forze armate, il ministero della guerra e il suo capo supremo; da quest'ufficio dipendevano quindi tutti i corpi di guardia ed era composta da ufficiali provenienti dagli alti ranghi militari.[5]
Concepita dalla riforma voluta da Carlo Alberto nel 1849, la Casa Civile subentrava alla Camera, della corte medievale, e comprendeva tutti gli uffici e il personale che non era alle dipendenze del primo aiutante di campo; nella riforma voluta da Carlo Alberto essa dipendeva dal prefetto di palazzo, che era posto a capo di tutti gli uffici, compresi quelli dell'amministrazione e della gestione patrimoniale. Lentamente però, la figura di rilievo della Casa Civile divenne il sovrintendente della lista civile, che dal 1856 prese la denominazione di ministro della Casa del Re e poi di ministro della Real Casa. Con la creazione della carica ministeriale venne anche a crearsi un'ulteriore burocrazia civile, strutturata in divisioni - da intendere come uffici e non come unità militari - e uffici autonomi.
Ministero della Real Casa
La struttura ministeriale deriva dalla sovrintendenza generale della lista civile.
Ufficio della Dama e del Cavaliere d'onore della Regina
13
vedi VI divisione
Ufficio d'ordine
14
Ispezione tecnica agraria
-
15
Reali giardini
Amministrazione provinciale della Real Casa
A
Lombardia (Milano, Monza)
Torino
B
Toscana (Firenze, San Rossore e Coltano, Poggio a Caiano)
Genova
C
Modena e dipendenze
Milano e Monza
D
Parma e dipendenze
Venezia
E
Province meridionali
Firenze
F
Pisa
G
Napoli
H
Palermo
Regia Cappella - Personale ecclesiastico
Personale sanitario
Dotazione della Corona
In generale, per dotazione della Corona s'intendeva tutto ciò che per mezzo di legge era attribuito al Re in ragione della carica che ricopriva, come previsto dallo Statuto all'articolo 19. Stante alle leggi e alla dottrina del tempo, era composta da due categorie di "istituti"[12]:
la Lista Civile: [...] costituita dall'assegnazione annua, nel bilancio dello Stato, di una somma a favore del re in ragione dell'ufficio da lui esercitato; somma destinata principalmente a coprire le spese connesse all'ufficio medesimo nonché quelle necessarie per l'amministrazione dei beni della dotazione della corona;[13] Un assegno annuale era attribuito anche ai membri della casata, una volta raggiunta la maggiore età.[14]
la Dotazione della Corona: [...] rappresentata propriamente da una determinata assegnazione di beni mobili e immobili, fatta al re per assicurargli la dignità delle condizioni di vita richieste dall'elevatezza dell'ufficio che ricopre.[12]
Durante il regno, sia la lista civile che la dotazione cambiò numerose volte. Di particolare rilievo è il passaggio degli immobili dalla casa reale allo Stato, e viceversa.
Con l'unificazione della Penisola, alla Corona non vennero attribuite solo le residenze sardo-piemontesi ma anche gli immobili degli stati preunitari.[15]
Il patrimonio immobiliare subì una drastica alienazione nel 1919, durante il regno di Vittorio Emanuele III: con il regio decreto 3 ottobre 1919 n. 1792[16], il re retrocesse allo Stato una serie di beni, alcuni dei quali vennero devoluti a favore dell’Opera Nazionale Combattenti, di rappresentanze estere italiane o al ministero della Pubblica Istruzione.[17][18] La scelta di dismettere parte degli immobili della Corona venne però criticata sia da Sidney Sonnino, indicandoli come simbolo presso le differenti regioni della Nazione, sia dai movimenti di stampo socialista.[19]
Sovrintendenza Generale del Patrimonio Privato di S.M.
Non rientrando nella lista civile e nella dotazione della Corona, questi beni erano soggetti alla normativa comune, così come stabilito nell’articolo 20 dello Statuto Albertino, la cui amministrazione era lasciata ad un organo preposto della Real Casa.
Cariche di Corte (1940)
Prima Grande carica e Grande ufficiale dello Stato
^Inizialmente la palazzina era di proprietà del monarca assoluto del Regno di Sardegna. Con la parentesi rivoluzionaria venne ceduta a privati cittadini, per poi essere inclusa nella lista civile imperiale di Napoleone. In seguito alla Restaurazione del 1815, divenne proprietà delle Regie Finanze e, in seguito, rilevata dall’Azienda Generale della Real Casa. Nel 1919 venne ceduta allo Stato, per poi passare con il R.D. 25 giugno 1925 (legge 15 aprile 1926) proprietà dell’Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro. http://www.clubunescoalba.it/worldheritage/italia/palastupinigidocArchiviato il 1º agosto 2022 in Internet Archive.
^Vedasi gli annuari del regno d'Italia, dal 1860 in poi. Gli appartamenti del legato pontificio da Domenico Ferrihttps://www.bibliotecasalaborsa.it/bolognaonline/cronologia-di-bologna/1860/visita_del_re_vittorio_emanuele_ii_a_bologna
^Ceduta nel 1932 dalla famiglia dell’ambasciatore britannico allo Stato Italiano, posta poi a disposizione della Famiglia Reale. In questa villa nel 1946 Vittorio Emanuele III firmò l’atto di abdicazione, per poi partire per l’esilio presso Alessandria d’Egitto.
Ghisotti Silvia e Merlotti Andrea (cur.), Dalle Regge d'Italia, Genova, SAGEP Editori, 2017
Le Moal Frédéric, Vittorio Emanuele III, Gorizia, LEG Edizioni, 2016
Mack-Smith Denis, I Savoia Re d'Italia, Milano, Rizzoli, 1992
Merlotti, Andrea, Stefano Papi e Tomaso Ricardi di Netro (cur.), Diademi e gioielli reali: capolavori dell'arte orafa italiana per la Corte Sabauda, Treviso, Piazza Editore, 2009
Pacelli Mario, Giorgio Giovannetti, Il colle più alto: Ministero della Real casa, Segretariato generale della Presidenza della Repubblica, Torino, G. Giappichelli Editore, 2017
Poleggi Ennio, L'invenzione dei rolli. Genova, civiltà di palazzi, Milano, Skira, 2004
Satta Danila, Amedeo di Savoia, Cifra Reale, Nove, La Compagnia del Libro, 2015