TicklingIl tickling, termine della lingua inglese ormai entrato a far parte della nostra dizione a causa della sua esportazione ed ampia diffusione nel gergo mondiale (la cui traduzione letterale significa "fare solletico", "solleticando"), è una pratica erotica e preliminare sessuale in cui i partecipanti fanno o ricevono il solletico. Il tickling nell'erotismoIl tickling può essere praticato nel Bondage ed esiste come pratica nel BDSM. Il tickling è sia un ramo del bdsm che del fetish, consiste nell'iperstimolazione del sistema nervoso periferico attraverso specifiche zone sensibili, c'è tutta una subcultura intorno a questa pratica, può essere usata come forma di tortura, come sistema per "spezzare" la resistenza (sempre in un contesto rack), in alcuni casi anche per provocare involontarie perdite urinarie, come tutti i rami ha diversi sottorami a seconda della parte del corpo interessata, ogni parte ha poi una serie di strumenti che possono essere utilizzati per la stimolazione. Lo si può praticare anche dopo una legatura dolce, in particolare queste pratiche possono portare a battiti maggiori di certi livelli del cuore o variazioni del respiro vanno fatte conoscendo bene le condizioni del soggetto che lo riceve. Il tickling è strettamente collegato alla Knismolagnia[1] o Titillagnia[2], termine che indica il piacere sessuale per il solletico. Alcune persone possono sperimentare questo tipo di eccitazione quando subiscono il solletico od osservando qualcun altro che viene solleticato.[3] StoriaStoricamente il tickling trova una prima affermazione come "metodo di tortura", praticato in virtù del fatto che non lascia segni o ferite sul corpo, ma provoca un insopportabile fastidio ai soggetti maggiormente sensibili al solletico. In alcuni momenti storici fu utilizzato come tortura leggera e punizione per reati lievi. Nell'antico Giappone, coloro che occupavano posizioni di autorità potevano infliggere punizioni a persone condannate per reati al di fuori del codice penale: erano chiamate "shikei", che si traduce come "punizione privata". Una di queste era "Kusuguri-Zeme" letteralmente "solletico spietato"[4][5] Ai tempi dell'Antica Roma[6] e durante il Medioevo[7], veniva utilizzata una tortura detta "lingua di capra"[8]. Questa tortura consisteva nell'imprigionare alla gogna[9] i piedi nudi del malcapitato, cospargerli "accuratamente" sulle piante e tra le dita di miele o sale, per poi farli leccare per ore da due o più capre affamate, in modo tale che la lingua degli animali provocasse alla vittima una sgradevole sensazione di solletico. Heinz Heger, un uomo perseguitato nel campo di concentramento di Flossenbürg durante la seconda guerra mondiale, ha visto le guardie carcerarie naziste eseguire la tortura del solletico su un suo compagno di prigionia. Heger descrive questo episodio nel suo libro "Gli uomini con il triangolo rosa":[10] «Lo avevano spogliato nudo e lo avevano legato per le mani ad un gancio appeso alla parete, in modo tale che con i piedi non toccasse il pavimento. Gli spalancarono le gambe e gliele legarono strette al muro. Due o tre SS in servizio al bunker, se ne stavano lì intorno in attesa che iniziasse lo "spettacolo", la tortura del giovane tirolese. Innanzitutto l'ufficiale delle SS presentò lo "spettacolo" detto il "gabinetto delle risate". In sostanza gli aguzzini delle SS facevano il solletico alla vittima con delle penne d'oca, sfiorandolo sotto la pianta dei piedi, sotto le ascelle, tra le cosce e in altre parti del corpo. All'inizio il detenuto restò forzatamente muto e con gli occhi pieni di paura e di dolore fissava i suoi torturatori. Ma dopo un po' iniziò a ridere dal solletico, e questa risata diventava sempre più simile a un grido, a un urlo di dolore, mentre le lacrime gli scorrevano sulle guance e il suo corpo si contraeva, cercando di sottrarsi al supplizio.» Curiosità
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