Una giornata al monte dei pegni
«Frugo nella borsa, ma solo per passatempo. So a memoria che cosa contiene: muti pezzetti di vita. Le cose tacciono, siamo noi che ci illudiamo di ascoltarle. Come ci si congeda dalle cose, prima di lasciarle? Meglio l'indifferenza o un brandello di cuore che se ne va?» Una giornata al monte dei pegni è un'opera letteraria della scrittrice italiana Elena Loewenthal. TramaIl libro si presenta come una raccolta di dieci racconti, accomunati solo dal medesimo luogo, il banco dei pegni, e da una vicenda più impersonale che funge da cornice per la narrazione. I capitoli sono nominati con l'oggetto che viene lasciato in pegno, dal momento che ogni personaggio è parte di una storia a sé stante, collegata alle altre solo per brevi momenti iniziali e finali. Martedì, ore 8.40 - Tarda primavera, forse inizio estate, giornata uggiosa (minaccia scrosci di pioggia) Pelliccia visone pastello (bottone mancante) Oro a peso (poca roba) Piatto argento (con ammaccatura) gr. 303 Lotto 52 (15 pezzi) + lotto 51 (27 pezzi) Anello oro con diamante e diamantini taglio brillante gr. 3,4 Collana oro con piastra gr. 47,5 Posacenere argento gr. 140 (e smetto di fumare) Tappeto orientale tipo Saruk cm 204x134 (m² 2,73) Tre anelli oro gr. 22 - ore 12.35 Cornice narrativaUna donna, seduta in attesa del suo turno al monte dei pegni, tiene in mano una borsa che contiene telegrammi di storie, un piccolo anello, il portachiavi di una macchina, un giubbotto e una piccola brocca di ceramica. Si chiede quale sia il modo migliore per congedarsi da questi “pezzettini di vita”. Prima di lei, in coda, ci sono molte altre persone di differente età e sesso, ognuno con una storia alle spalle pronto a rendere parte della loro vita solo un lontano ricordo. Alla fine della giornata, le commesse, trovano una borsa con molti oggetti di valore sotto una sedia. Rimane il mistero, se questi oggetti siano stati lasciati lì per caso, per disperazione o, volutamente, per non riaverli mai più indietro. Premio Chiara e criticaCon questo libro Elena Loewenthal ha vinto la ventitreesima edizione del Premio Chiara[1], con 101 voti della giuria, contro i secondi a pari merito Mosche d'inverno di Eugenio Baroncelli e Guida agli animali fantastici di Ermanno Cavazzoni. Il 23 ottobre 2011 è stata infatti premiata ed intervistata a Varese, nell'ambito del Festival del Racconto. La peculiarità del libro è l'attenzione al rapporto che le persone hanno con gli oggetti. È infatti l'analisi di una situazione umana quanto mai reale, da cui si è ispirata la scrittrice, a favorire la riflessione sul valore che spesso viene attribuito alle cose che fanno parte della vita quotidiana o di un particolare momento, ad esempio un anello di fidanzamento o il regalo di una madre. Da qui scaturisce la riflessione finale, lasciata dall'autrice, sulla realtà: si tratta solo di illusioni che gli uomini proiettano su manufatti inanimati. CuriositàElena Loewenthal, prima della stesura del libro, è rimasta ad osservare in disparte all'interno di un monte dei pegni fingendo di essere in coda. Non ha avuto contatti con le altre persone; ha solo ascoltato, osservato la scena ed inventato le storie. Come lei stessa dice: “ Per me la coerenza nel raccontare è fondamentale. L'attendibilità non è solo un vezzo, è un modo per tradurre la verità in racconto”. Per dimostrare il legame che si era creato in quel luogo, la scrittrice ha deciso di vivere in modo personale l'esperienza lasciando in pegno un suo piccolo oggetto. Voleva capire inoltre cosa si provava a trasformare pezzettini della propria vita in denaro e prima ancora vederli cadere nel piattino, stimare e sparire dietro lo sportello. Note
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