Nacque a Bitonto, probabilmente il 15 ottobre 1633. Giordano, essendo di carattere irascibile, uccise suo cognato per averlo chiamato pigro e dovette fuggire dal suo paese natale. Dopo questa avventurosa gioventù si fece soldato nell'esercito della Chiesa. Nel corso di questi anni lesse il suo primo libro di matematica, la Aritmetica prattica di Clavio. A ventotto anni, si trasferì a Roma e decise di dedicarsi alla matematica a cominciare dagli Elementi di Euclide, tradotto in italiano da Federico Commandino.
A Roma conobbe i celebri matematici Giovanni Alfonso Borelli e Michelangelo Ricci, che si fece suoi amici. Lavorò per un anno come matematico da Cristina di Svezia. Nel 1667 divenne docente presso l'Accademia di Francia fondata da Luigi XIV e nel 1685 ottenne la cattedra di matematica presso La Sapienza di Roma. Qui lavorò come grande maestro e grande matematico. Fu molto stimato dalla comunità dell'epoca (XVII secolo): lo stesso Luigi XIV lo annoverò fra i matematici più accreditati della sua accademia.
Amico di Vincenzo Viviani, Vitale Giordano incontrò Leibniz a Roma quando vi soggiornò durante il suo viaggio attraverso l'Italia negli anni 1689-90. Donò a Leibniz una copia della seconda edizione del suo libro: l' Euclide restituto, ovvero gli antichi elementi geometrici restaurati e facilitati (Libri XV, Roma 1686). Membro dell'Accademia dell'Arcadia morì a Roma nel 1711 e fu sepolto nella basilica di San Lorenzo in Damaso.
Molte autorità bitontine hanno contestato l'intitolazione di una via e di un istituto tecnico al matematico omicida.
Dunque, riagganciandosi alla definizione di equidistanza Giordano cerca di provare che il luogo di punti equidistanti da una retta è esso stesso una retta. La dimostrazione si basa sostanzialmente su questo enunciato:
«Se fra due punti A, C, presi in qualunque linea curva, il cui concavo sia verso X, sia tirata la retta AC e se dagli infiniti punti dell'arco AC cadono delle perpendicolari a qualche retta, dico essere impossibile che quelle perpendicolari siano fra loro uguali.»
(Vitale Giordano)
La qualche retta che Giordano prende in considerazione è in realtà la retta ED, una parallela alla retta AC, rispetto alla quale infatti, l'arco AB non è certamente equidistante. Giordano però applica questo enunciato ad una figura in cui non sono verificate le relazioni che intercorrono fra l'arco AC e la retta qualunque. La dimostrazione di Giordano quindi non è attendibile. Tuttavia, alcuni concetti della stessa, furono ripresi successivamente da Giordano stesso:
sia ABCD un quadrilatero con gli angoli A e B retti ed i lati AD e BC uguali; sia inoltre HK un segmento che partendo da un punto H di DC cada perpendicolare ad AB sul punto K. Giordano dimostra che:
gli angoli D, C sono uguali;
ove il segmento HK sia uguale al segmento AD i due angoli D e C sono retti e che DC è equidistante da AB.
Con questo teorema Giordano riconduce la questione delle rette equidistanti a dimostrare l'esistenza di un punto H su DC, la cui distanza da AB sia uguale ai segmenti AD e CB.
La parte interessante è la seconda (la prima parte già era stata dimostrata da Omar Khayyam nell'XI secolo), che può essere riesposta come: se 3 punti di un segmento DC sono equidistanti da un segmento AB allora tutti i punti di DC sono equidistanti da AB.
Questo è il primo avanzamento reale nella comprensione del V postulato in 600 anni.
Fundamentum doctrinae motus grauium et comparatio momentorum grauis in planis seiunctis ad grauitationes (1689, Roma).
Bibliografia
M. Teresa Borgato, manoscritti non pubblicati di Vitale Giordano, corrispondente di Leibniz.
Leibniz Tradition und Aktualitat V. Internationaler Leibniz-Kongress, unter der Schirmherrschaft des Niedersachsischen Ministerprasidenten dottor Ernst Albrecht, Vortrage Hannover 14-19 novembre 1988.
Francesco Tampoia, Vitale Giordano, Un matematico bitontino nella Roma barocca, Armando Editore Roma 2005.
Candida Carella, L'insegnamento della filosofia alla Sapienza di Roma nel Seicento. Le cattedre e i maestri, Firenze 2007, pp. 121– 130; 169-225.