Figlio di Carmelo Abate e Anna Reitano,[1] la sua formazione artistica inizia in Sicilia con il verista Antonino Gandolfo, per proseguire a Napoli col Marinelli e a Roma all'Accademia di Arti Applicate e con Francesco Jacovacci tramite un sussidio del Comune di Catania.[1]
In quest'epoca Abate esordisce con i dipinti La cantatrice ambulante (olio su tela, 1890) e I cantastorie (olio su tela, 1894) ispirati al mondo degli umili del verismo, tema presto abbandonato per quello più propriamente romantico, improntato al realismo, con eleganti tematiche domestiche in cui la figura della donna è posta in risalto.
Nel 1897 frequenta la scuola romana di decorazione del Real Museo Artistico Industriale diretta da Raffaello Ojetti, ottenendo una medaglia d'oro e 100 lire.[1]
Dal 1902 torna definitivamente a Catania. Pittore eclettico, acquerellista e affreschista, operissimo, si dedica al dipinto di genere, alla composizione allegorica e religiosa, lavorando soprattutto al ritratto - numerosi commissioni da parte di esponenti del clero, della nobiltà e dell'alta borghesia, nonostante il successo della fotografia-, alla decorazione di soffitti per molteplici edifici pubblici e palazzi privati di famiglie facoltose (Ferrarotto, Beneventano della Corte, Paternò del Toscano e probabilmente Musmeci-Samperi),[1] agli affreschi di pale d’altare per chiese sia del luogo natio sia in altri centri della Sicilia orientale che occidentale.
La sua carriera è scandita dalla partecipazione ad esposizioni sia di carattere locale che nazionale quali: la "Belliniana" di Catania del 1890, la Nazionale di Roma del 1895, la Quadriennale d'arte decorativa moderna di Torino del 1902 e soprattutto la seconda Esposizione Agricola Siciliana di Catania del 1907, a Palazzo dell'Esposizione, che ne decretò la fama di decoratore della cosiddetta "Art Nouveau", dedicandogli una parete della "Mostra di Belle Arti e Fotografia".
Lavora, insieme al pittore Salvatore Gregorietti, virtuoso del liberty siciliano, alle decorazioni della villa del marchese Romeo delle Torrazze e del Palazzo Monaco nel 1921.[2]
Dalla fine degli anni Venti fino al 1940 esegue lavori decorativi per le pubbliche committenze dei rispettivi governi a Tripoli, ad Alessandria d'Egitto e a Tunisi. Espone inoltre a Santiago del Cile e a Parigi, ottenendo numerosi riconoscimenti.
Il Palazzotto Abate era la sua casa-atelier sita nel quartiere Borgo della città di Catania, dove abitò con la famiglia: sotto un medaglione di bronzo si legge la seguente lapide dedicata a Carmelino Rubens Abate, nato nel 1893 e figlio del pittore Alessandro (« A Carmelino Rubens Abate / che acceso di giustizia, d'amore e di fede / irradiò di più fulgida gloria / i cieli della Patria, / cadendo il 28 ottobre 1915 mentre conquistava / l'imprendibile trincerone di Boschini Carso. Cittadinanza, ammiratori e amici / perché la sua ombra / vigili sui nuovi destini d'Italia / questo ricordo marmoreo posero »). In calce, è scolpito un frammento di una lettera del figlio-eroe al padre artista: «Il momento è sublime, l'Italia ha bisogno del nostro braccio e Tu devi essere orgoglioso di dare la vita di un figlio alla Patria. Carmelino».
Fu inoltre padre dello scultore Carmelo (Catania, 1912-1956) e nonno del pittore Alberto (Roma, 1946-2012).
1907, decorazioni alla volta del vestibolo d'accesso della II Esposizione Agricola Siciliana di Catania, dipingendo una grande scena, entro una cornice decorativa liberty, ove apparivano ai quattro capi: Labor, Ars, Voluntas, Aeconomia, insieme ad immagini di contadini al lavoro. Sullo sfondo troneggiava l'Etna e, nell'azzurro del cielo, la dea della fertilità Cerere, sopra una quadriga trainata da due cavalli in volo sulla Piana di Catania, nell'atto di distribuire corone ai contadini intenti al lavoro della mietitura e dell'aratura.[3]
1907, gli interni del chiosco della ditta Inserra, produttrice di elementi in cemento armato, commissionati all'ingegnere Tommaso Malerba, per la Mostra Campionaria Nazionale.[1]
1907, numerosi affreschi della chiesa dei Bianchi di Catania, dove Abate ritrae confrati e Governatori della Nobile Arciconfraternita dei Bianchi nella veste bianca, come i baroni Carlo e Giuseppe Zappalà Asmundo, il barone Antonino Rosso dei principi di Cerami, il VI Duca di Roccaromana e III marchese del Toscano Antonino Paternò Caracciolo, figlio del sindaco catanese Giovambattista.[1]
^ Anna Maria Ruta, Guido Valdini e Valentina Mancuso (a cura di), Salvatore Gregorietti. Un atelier d'arte nella Sicilia tra '800 e '900, Milano, Skira, 1998, p. 179, ISBN978-88-8118-359-3.
^ Francesco Costa, San Francesco all'Immacolata di Catania: guida storico-artistica, Palermo, Biblioteca Francescana/Officina di Studi Medievali, 2007, p. 231.
A.A. (voce), in Enciclopedia della Sicilia, a cura di Caterina Napoleone, progetto e direzione artistica di Franco Maria Ricci, Parma, Ricci, 2006, SBNPAR0943376.
Dizionario Enciclopedico Bolaffi dei pittori e degli incisori italiani, I vol., Torino, 1972, SBNLO11289800.
Agostino Mario Comanducci (a cura di), Alessandro Abate, in Dizionario illustrato dei pittori e incisori italiani moderni, I vol., 3ª ed., Milano, Leonilde M. Patuzzi, 1962, SBNSBL0251164. URL consultato l'8 gennaio 2021.
Ugo Galetti ed Ettore Camesasca (a cura di), Enciclopedia della pittura italiana, Milano, Garzanti, 1951, SBNRAV0197705.
Biografia, note e alcune opere, su galleriaroma.it, sul sito “Galleria Roma” a Siracusa. URL consultato l'8 gennaio 2021 (archiviato dall'url originale l'11 agosto 2011).
Andrea Speziali (a cura di), Alessandro Abate, su ItaliaLiberty.it. URL consultato l'8 gennaio 2021.