Araldica civicaL'araldica civica è quel settore dell'araldica che si specializza nel creare, studiare e identificare stemmi di suddivisioni amministrative come comuni, province e regioni.[1] Sin dall'epoca medievale (e specificatamente da quella comunale), città, villaggi, sobborghi e altri corpi civici utilizzano stemmi araldici come simboli della loro autorità e per distinguersi tra i vari centri abitati, con la conseguenza che i diritti su tali simboli spettano unicamente alle differenti comunità o enti e non ai singoli cittadini che sono membri di quelle comunità, rappresentando quindi anche un elemento di distinzione tra la personalità giuridica degli enti stessi e quella dei loro singoli componenti. Pur nelle differenze dei singoli, ad ogni modo, ogni stato ha saputo sviluppare proprie norme comuni per l'araldica civica. L'elemento prominente è sicuramente la corona murale che è oggi il simbolo distintivo dell'autorità di molte città. In ItaliaL'araldica civica italiana si è oggi attestata ad alcuni canoni precisi che hanno carattere genericamente valido per tutti i comuni e le città della Penisola sulla base di quanto stabilito con il R.D. 5 luglio 1896, n. 314, con il quale si istituì il "Libro Araldico degli Enti Morali" dove ancora oggi vengono riportati tutti i decreti concessivi di stemmi, gonfaloni, sigilli e bandiere ad enti territoriali e morali. L'araldica civica è l'unico tipo di araldica riconosciuta, dato che la consulta araldica (la quale oltre agli stemmi civici regolamentava anche gli stemmi nobiliari) è stata rimossa dopo la fondazione della repubblica. Ad oggi, è presente solo l'ufficio onorificenze e araldica, che regolamenta solamente gli stemmi civici, ovvero Province, Città metropolitane, Comuni, Comunità Montane ed isolane, e Unioni di Comuni.[2] Gli elementi fondamentali dell'araldica civica italiana sono: lo scudo, la corona e l'elemento decorativo. Lo scudoLo scudo civico segue le medesime regole degli altri scudi per le armi gentilizie o ecclesiastiche in quanto lo stemma di un ente territoriale, pur essendo lo stemma di una comunità e non uno stemma personale o di famiglia, è a tutti gli effetti uno stemma araldico. Per l'araldica italiana è previsto che lo scudo abbia una forma di scudo sannitico[1], anche se alcuni enti storici come ad esempio la città di Venezia, legalmente utilizza lo scudo "alla veneta" riconosciuto con D.P.R. del 6 novembre 1996. La corona murariaElemento fondamentale è, come già si è detto, la corona muraria che può essere d'argento per i comuni o d'oro per le città. Per le province italiane (in alcuni casi città metropolitane) è previsto uno stemma con una corona specifica formata da un cerchio d'oro gemmato dal quale emergono due rami, uno di alloro e l'altro di quercia, che vengono quindi aboliti come elementi esterni a sé stanti nello scudo.[3] Una anomalia è la araldica dei comuni della Provincia Autonoma di Bolzano i quali sono dotati di stemmi rigorosamente privi di corona, esclusi pochi casi. Le regioni d'Italia, essendo sorte dopo l'emanazione dei RR. DD. 7 giugno 1943 nn. 651 e 652 che regolavano appunto l'uso delle corone civiche, non dispongono di corone legalmente riconosciute sui loro stemmi, anche se per alcune regioni sono stati previsti dei decreti di legge appositi (come nel caso della Valle d'Aosta). Elementi decorativiSotto lo stemma comunale, si trovano normalmente un ramo d'alloro ed uno di quercia montati a corona, sostenuti da un nastro tricolore. Alcuni comuni, per particolari motivazioni storiche, conservano ad ogni modo stemmi, corone ed ornamenti esteriori che afferiscono all'aristocrazia e quindi all'araldica classica, in particolar modo per via di concessioni specifiche o di antichi privilegi. Gli stemmi sono altresì riportati sul gonfalone cittadino che accompagna i momenti istituzionali della vita del paese. Il capo littorioDurante il periodo del regime fascista, tutti gli stemmi civici vennero decorati col cosiddetto "Capo del Littorio". Esso venne istituito con Regio Decreto del 12 ottobre 1933 № 1440 e reso obbligatorio per tutti gli stemmi di comuni, province ed enti morali durante il regime fascista. Abolito con Decreto Legislativo Luogotenenziale del 10 dicembre 1944 № 394 che ne prevedeva la completa eliminazione. Alcuni enti, data la mancanza di fondi, si limitarono a "depotenziarlo" con la sola rimozione del fascio littorio, lasciando i rami di quercia e alloro (talora "riempiti" con altri elementi come la Stella d'Italia), oppure svuotarono del tutto il capo, che rimase di porpora pieno o assunse altre tinte.
Le leggi che regolamentano l'araldicaSulla base delle norme contenute nel D.P.C.M. del 28 gennaio 2011 gli enti che possono dotarsi di stemma proprio sono le Regioni, le Province (in alcuni casi le Città metropolitane), i Comuni, le Comunità montane, le Comunità isolane, i Consorzi, le unioni di Comuni, gli Enti con personalità giuridica, le banche, le fondazioni, le università, le società, le associazioni, le forze armate ed i corpi ad ordinamento civile e militare dello Stato. La domanda per la concessione ufficiale dell'uso di un simbolo come stemma civico dev'essere subordinata alla presentazione di adeguata documentazione al Presidente della Repubblica e contestualmente alla Presidenza del Consiglio dei Ministri. Alcuni esempi di stemmi dell'araldica civica italiana
Corone dell'araldica civica italiana
Corone murarie nel Regno d'ItaliaLe corone che sormontavano gli stemmi concessi durante il Regno erano diverse a seconda che si trattasse di una provincia, di un comune di prima, seconda o terza classe:[6]
Araldica civica nelle varie regioni italianeValle d'AostaIn Valle d'Aosta le regole sugli stemmi sono meno rigide data l'autonomia della regione. Nell'araldica civica valdostana è spesso presente il leone d'argento lampassato e armato d'oro, antico simbolo del Ducato di Aosta, assieme agli smalti nero e rosso, colori rappresentativi della regione. In molti stemmi si trova anche il capo di Savoia. Altri elementi ricorrenti sono lo stemma della famiglia Challant con le sue varianti, ed anche montagne e colline in riferimento al territorio prevalentemente montuoso. In alcuni stemmi, il fiocchetto sinistro del nastro che lega i rami d'alloro e di quercia, al posto dei tre colori nazionali riprende quelli della bandiera valdostana; ciò può accadere anche nella cravatta del gonfalone.
In FranciaL'araldica civica napoleonicaDurante il periodo napoleonico, i simboli tradizionali dell'araldica civica italiana vennero uniformati a quelli del Primo impero francese come segue:
Note
Altri progetti
|