Nato e cresciuto a Milano in una famiglia di origine meridionale, fu amico fin dall'infanzia di Enzo Jannacci.[2] Nella città meneghina ha svolto gran parte del suo lavoro di giornalista sportivo. Ha iniziato a scrivere di sport a metà degli anni cinquanta, collaborando all'agenzia Sportinformazione, passando poi in Rai nel 1961. Per la televisione ha lavorato come redattore, come inviato speciale e – dopo una parentesi come radiocronista – anche come telecronista sportivo (calcio, pugilato, ippica, motori). Per la Rai, tra le altre cose, ha firmato un lungo documentario sulla Mille Miglia e ha partecipato, talvolta come uno dei conduttori, a varie edizioni de La Domenica Sportiva e La Domenica Sportiva Estate.
I suoi organi vennero espiantati; le sue cornee vennero impiantate a una donna, cieca da 15 anni e con sei figli.[10][11] Dopo la sepoltura a terra[12] e l'esumazione a fine concessione, i suoi resti riposano nel cimitero di Lambrate, nella sua Milano.[13]
«Era nato per sentire gli angeli e invece doveva, oh porca vita, frequentare i bordelli. […] Povero vecchio Pepinoeu! Batteva con impegno la carta in osteria e delirava per un cavallo modicamente impostato sulla corsa; tirava mezzo litro e improvvisava battute che sovente esprimevano il sale della vita. Aveva un humour naturale e beffardo: una innata onestà gli vietava smancerie in qualsiasi campo si trovasse a produrre parole e pensiero. Lavorò duro, forsennatamente, per aver chiesto alla vita quello che ad altri sarebbe bastato per venirne schiantato in poco tempo. Lui le ha rubato quanti giorni ha potuto senza mai cedere al presago timore di perderla troppo presto. La sua romantica incontinenza era di una patetica follia. Ed io, che soprattutto per questo lo amavo, ora ne provo un rimorso che rende persino goffo il mio dolore...»
È sua la celebre frase – poi diventata il titolo di una canzone e persino uno slogan pubblicitario – che fece dire a Beccalossi rivolgendosi a Bearzot perché lo convocasse per il campionato del mondo 1982, pronunciata in un servizio de La Domenica Sportiva su una partita dell'Inter: «Mi chiamo Evaristo, scusi se insisto».[14]
L'amico Enzo Jannacci gli ha dedicato il testo della canzone L'amico, inserita come seconda traccia nell'album Discogreve. Nel 1983 alla memoria di Beppe Viola è stato intitolato un premio giornalistico annuale, inizialmente assegnato con la collaborazione e il patrocinio dell'AVIS e dell'AIDO, la cui cerimonia di premiazione si teneva a Coccaglio in provincia di Brescia; successivamente l'organizzazione è stata trasferita ad Arco, in provincia di Trento.[15]
Nel 2013 la primogenita Marina pubblica per Feltrinelli un libro, Mio padre è stato anche Beppe Viola.[16]
Nel giugno 2021 il comune di Milano gli ha dedicato uno spazio verde pubblico in via Sismondi, nel cuore del quartiere Lomellina in cui il giornalista viveva.[17]
Enzo Jannacci, Poetastrica: canzoniere ragionato, a cura di Vincenzo Mollica e Valentina Pattavina, collana Parole e canzoni, introduzione di Gianni Mura, con un intervento di Mina e uno scritto di Paolo Conte, Torino, Einaudi, 2005, SBNIT\ICCU\LO1\1001216.
Leo Turrini, Pazza Inter: cento anni di una squadra da amare, Milano, Mondadori, 2007, ISBN978-88-04-56701-1.