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CMYK

Quadricromia CMYK

CMYK, acronimo di Cyan, Magenta, Yellow, Key, è un modello di colore a sintesi sottrattiva[1], che viene usato nei dispositivi di stampa a colori sia digitali (stampanti, plotter, ecc.) che nelle grandi macchine (stampa offset, rotocalco).

La riproduzione del colore in stampa tramite questo modello è detta stampa in quadricromia.[1]

Descrizione generale

Consiste materialmente nella miscelazione di sostanze che, riflettendo solo una parte dello spettro luminoso, appaiono di uno specifico colore, quali inchiostri, pigmenti, vernici. In questo caso, il colore riflesso è il risultato della sottrazione dallo spettro luminoso delle frequenze assorbite dallo strato di sostanze opache.[2]

Gamut e CMYK

Lo stesso argomento in dettaglio: Gamut.

Il gamut è l'intera gamma di colori che può essere prodotta da un modello di colore[3]. I sistemi di stampa a colori non riescono a riprodurre l'intera gamma dello spettro visibile all'occhio umano; infatti la gamma RGB arriva a riprodurne circa il 70% e quella CMYK una quantità ancora inferiore[4]. Se un colore si trova fuori dalla gamma CMYK è sostituito con un colore all'interno del gamut. Per calcolare il nuovo colore vengono utilizzati gli intenti di rendering (percettivo e fotografico ad es.) questi permettono di modificare i colori all'esterno del gamut e renderli stampabili. Nella fase di post produzione fotografica esistono dei tool che permettono di verificare i colori fuori gamut.[4]

Stampa in quadricromia

Stampa in quadricromia osservata attraverso una lente di ingrandimento

Il colore prodotto con la luce (sintesi additiva o RGB) e quello prodotto con i pigmenti (sintesi sottrattiva o CMYK) non funzionano allo stesso modo: se si sta lavorando con un computer, il colore stampato non sarà lo stesso di quello che si vede su schermo (oltre che per l'approssimazione, anche per la differenza di luminosità tra lo schermo e la carta)[5]. Dunque, se si sta progettando un sito web o un filmato, si dovrà lavorare con un metodo di sintesi additiva, come l'RGB, mentre per la stampa si dovrà selezionare una modalità CMYK[5].

Importanza del nero

Per principio teorico, il ciano, il magenta e il giallo uniti dovrebbero produrre il nero, ma l'unione risultante non è sufficientemente ricca da riprodurre immagini a colori con uno spettro tonale completo[6]. L'aggiunta del nero preso singolarmente è quindi necessaria per ottenere una stampa a colori completa. Se da un lato ciò migliora la qualità delle stampe, dall'altro rende meno diretta la conversione da RGB a CMYK[1].

Non è chiaro da cosa abbia origine l'uso della lettera "K" per indicare il nero nella sigla. Secondo alcuni è l'iniziale di "Key colour" (colore chiave), per altri è l'ultima lettera di "Black" (nero), utilizzata in sostituzione della lettera "B" per evitare confusione, poiché quest'ultima è iniziale anche di "Blue" (blu)[1]. Una terza spiegazione è che si riferisce alla lastra chiave, in quanto i sistemi di stampa che utilizzano questo modello usano la tecnologia Computer to plate (CTP), nella quale mediante una “lastra chiave” (“key plate” in inglese) si allineano correttamente le lastre degli altri tre colori (il ciano, il magenta ed il giallo appunto).[senza fonte]

Rich black

Se si vuole stampare un fondino nero è consigliato aggiungere altri colori per rendere il nero più "intenso". La combinazione ideale è C60, M60, Y30, K100.

Relazione con l'RGB

Esiste una semplice relazione tra il CMYK e l'RGB[3]:

Questa relazione mostra che, per esempio, aumentando la quantità di ciano in un colore, si riduce quella del rosso[3].

Note

  1. ^ a b c d Primo Zingaretti, Fondamenti di computer graphics, Bologna, Pitagora Editrice, 1º luglio 2004, ISBN 9788837114862.
  2. ^ Marisa Addomine e Daniele Pons, Informatica. Per le Scuole superiori. Con DVD-ROM. Con espansione online, Bologna, Zanichelli, 1º gennaio 2012, ISBN 9788808303745. URL consultato il 23 febbraio 2018.
  3. ^ a b c (EN) David Salomon, The Computer Graphics Manual, Springer, 30 novembre 2011, ISBN 9780857298850. URL consultato il 23 febbraio 2018.
  4. ^ a b Gavin Ambrose e Paul Harris, Il manuale del graphic design. Progettazione e produzione, 2ª ed., Bologna, Zanichelli, 4 dicembre 2017, ISBN 9788808420886. URL consultato il 23 febbraio 2018.
  5. ^ a b David Dabner, Sandra Stewart e Eric Zempol, Graphic design. Principi di progettazione e applicazioni per la stampa, l'animazione e il Web, 2ª ed., Milano, Hoepli, 13 febbraio 2015, ISBN 9788820365820. URL consultato il 23 febbraio 2018.
  6. ^ (EN) Ellen Lupton e Jennifer Cole Phillips, Graphic Design: The New Basics, Hudson, Princeton Architectural Press, 7 luglio 2015, ISBN 9781616893323. URL consultato il 23 febbraio 2018.

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