Caduti della MontagnolaI caduti della Montagnola furono le 53 vittime (42 militari e 11 civili) degli scontri avvenuti il 10 settembre 1943, tra le truppe tedesche di stanza a sud di Roma o nel litorale, intenzionate a prendere possesso della Capitale, a seguito dell'annuncio dell'avvenuto armistizio di Cassibile, e i granatieri italiani di stanza al forte Ostiense, carristi, carabinieri, gruppi di soldati italiani di varie armi e popolani sommariamente armati intenzionati a resistere, nella zona di Roma comprendente la cosiddetta Montagnola di San Paolo[1], il forte Ostiense, l'abbazia delle Tre Fontane, l'intersezione della via Laurentina con l'attuale via Cristoforo Colombo e la via Ostiense e i campi dei dintorni. I "caduti" possono essere citati tra i primi della resistenza italiana. I combattimentiAlle ore 6.00 del 10 settembre 1943 un fuoco di fucileria proveniente dall'attuale palazzo della Civiltà Italiana, dal palazzo degli uffici dell’Esposizione e dai ripiani della basilica parrocchiale dei Santi Pietro e Paolo annunciò ai circa ottocento granatieri di Sardegna asserragliati nel forte Ostiense che i tedeschi avevano travolto le difese allestite al ponte della Magliana e si erano ormai insediati nel vicino quartiere dell'EUR. Aggregato al forte vi era l'Istituto religioso Gaetano Giardino, che ospitava circa quattrocento bambini orfani di guerra e minorati psichici, sotto l'assistenza di Don Pietro Occelli e di trentacinque suore francescane. I granatieri, pur rispondendo al fuoco con i loro fucili 91 ed alcune mitragliatrici, iniziarono a subire perdite e i primi feriti furono portati nell'infermeria dell'istituto per essere assistiti dalle suore.[2] Alle ore 7.00, da uno spiazzo del palazzo della Civiltà Italiana, un mortaio dei paracadutisti tedeschi cominciò a bersagliare il bastione del forte, dove era stata predisposta la difesa principale dei granatieri. Alcuni paracadutisti tedeschi superarono, quindi, l'odierna via Cristoforo Colombo e la via Ostiense e, con alcuni lanciafiamme, appiccarono il fuoco anche ad alcune strutture dell'istituto religioso.[2] Don Pietro Occelli, direttore dell'istituto, si assunse il compito di dichiarare la resa del forte, innalzando un lenzuolo bianco sopra una pertica, mentre i combattimenti proseguivano nei dintorni. Nel frattempo, le suore provvedevano a fornire bluse, camicie e altri indumenti ai superstiti soldati del forte.[2] Suor Teresina di Sant'Anna, al secolo Cesarina D'Angelo, nativa di Amatrice, stava componendo il cadavere d'un granatiere nella cappella del forte Ostiense, quando un soldato tedesco che passava lì accanto fu attratto dal brillare di una catenina d'oro al collo del caduto. Mentre il militare tentava di strappare l'oggetto, la religiosa afferrò il crocifisso di metallo che si accingeva a collocare sul petto del caduto e colpì ripetutamente al viso il tedesco, subendone la furiosa reazione. In quell'istante altre persone si affacciarono nella cappella mettendo in fuga il soldato straniero, ma Suor Teresina, già malata gravemente, morrà otto mesi dopo (8 maggio 1944) per le violenze subite, in una clinica di Via Trionfale.[3] Occupato il forte, la battaglia proseguì attorno alla scuola elementare di Via Nonantola, a due piccole roccaforti del palazzo dell'ex fascio, nei campi attorno alla Montagnola (casale Ceribelli) e nella casa di Quirino Roscioni, il fornaio della zona, già mutilato della grande guerra. Da quei fortilizi improvvisati, granatieri, guastatori e popolani sostennero un nutrito fuoco e, con alcuni carabinieri attestati nelle case di via Pomposa, sbarrarono il passo della via Laurentina ai tedeschi, impedendo temporaneamente loro di rovesciarsi sulla via Ostiense, sino a porta S.Paolo. Esaurite le munizioni, Quirino Roscioni, il fornaio che aveva messo a disposizione la sua casa e il forno a soldati e popolani, iniziò a distribuire dei vestiti borghesi ai militari e riuscì a metterli in salvo. Rimasto solo con la cognata Pasqua Ercolani,[4] venne cacciato dai tedeschi dalla sua abitazione e, nel tentativo di raggiungere la vicina parrocchia, fu colpito mortalmente alle spalle da una raffica di mitra, a pochi passi dalla chiesa, insieme alla Ercolani. Altri due parrocchiani - i coniugi Carmine Dieli e Maria Barile - furono trucidati sulle scale della chiesa. Avuta ragione dei combattimenti, i tedeschi proseguirono verso il centro di Roma lungo la via Ostiense, sino a porta San Paolo, dove era stata allestita un'ultima linea resistenziale che impegnò il nemico sino al tardo pomeriggio del 10 settembre. Complessivamente, alla Montagnola, al forte Ostiense e nelle vicinanze si contarono 53 caduti,[5] di cui 42 militari e 11 civili.[2][6] Un monumento ai caduti della Montagnola venne posizionato nella piazza omonima il 24 marzo 1960. Lista dei 53 Caduti della Montagnola
Note
Bibliografia
Voci correlateAltri progetti
|