Le cellule epitelioidi sono una tipologia di macrofagi che compare in alcuni stati infiammatori ed è prevalentemente associata alla comparsa di granulomi[1][2], a livello dei quali possono fondersi dando origine a cellule giganti multinucleate (cellule di Langhans). Vengono chiamate "epitelioidi" in quanto al microscopio risultano simili alle cellule epiteliali[3].
Storia
Le cellule epitelioidi vennero osservate per la prima volta dallo scienziato tedesco Robert Koch, durante le sue ricerche sui micobatteri[4]. Studi successivi da parte di Alexandre Yersin e Amédée Borrel dimostrarono che tali cellule derivano da leucociti mononucleati[5]. Margaret Lewis dopo una serie di esperimenti in vitro verificò che le cellule epitelioidi derivavano da cellule monocitarie sanguigne e che successivamente potevano evolvere in cellule giganti multinucleate[6]. La derivazione monocitaria è stata poi confermata da successivi studi, che hanno quindi escluso la loro evoluzione a partire da macrofagi tissutali specializzati[7][8].
Struttura
Le cellule epitelioidi si presentano allungate, similmente alle cellule epiteliali squamose, con un citoplasma fortemente eosinofilo[9]. Spesso presentano tra loro strette giunzioni interdigitate, simili a cerniere[10] tendono a fondere i citoplasmi tra loro, dando origine alle cellule di Langhans.
Il citoscheletro presenta peculiari filamenti, con una struttura ed un'attività molto più simile a quella delle cellule epiteliali rispetto ai macrofagi[11][12].
Aspetti patologici
Le cellule epitelioidi sono associate alla formazione dei granulomi[2][13], in particolare a quelli dovuti ad infezione da parte di patogeni (come il Mycobacterium tubercolosis) in grado di resistere all'ingestione da parte dei macrofagi[2]. Tali cellule hanno il ruolo di limitare l'estensione del granuloma, ponendosi alle estremità dello stesso[2].
^ Mary Potkonjak, et al, Laparoscopic Resection of Hepatic Angiomyolipoma – An Uncommon Primary Liver Tumor: A Case Report and Literature Review, in Journal of Liver, 2015.