Proviene dal nome persianoDârayava(h)ush (attestato come Da-ri-ya-mush nelle iscrizioni assire, e Da-ri-ya-ma-u-ish in quelle elamiche); si tratta di un composto di due elementi: il primo è riconducibile al verbo dârayâmiy ("tenere", "mantenere", "possedere"), mentre il secondo può essere avvicinato all'avesticovohu- o vanhu- ("buono", "bene"). Il significato complessivo può quindi essere interpretato come "che possiede ciò che è buono", "che possiede beni", o anche "che mantiene il bene"[1][2][3][5][6].
Questo nome era tradizionale nella dinastia dei re Achemenidi di Persia, tra cui va ricordato in particolare Dario il Grande, che portò l'impero Achemenide al suo massimo splendore, venendo poi sconfitto a Maratona, e che è citato anche nell'Antico Testamento[1][2][3][5][6]. Il nome compare già nei testi medio-iranici nella forma abbreviata Dârây[1], e passò al greco Δαρεῖος (Darêios), giungendo quindi ai romani: la forma latina più antica è Daréos, poi mutata in Darìus intorno al II secolo a.C.; la pronuncia con l'accento sulla A, da cui deriva quella italiana, è documentata già da alcuni poeti di epoca imperiale, come Claudiano e Sidonio Apollinare[1][2].
L'uso del nome in Italia, più che al flebile culto dei santi così chiamati, è dovuto a una ripresa rinascimentale dei personaggi storici così chiamati[1][2]; negli anni settanta risultava ben diffuso su tutto il territorio nazionale con quasi sessantamila occorrenze (con la rarissima variante Addario, rafforzata da un ad-prostetico, tipica della Puglia)[2].
Nei paesi anglofoni (dov'è attestata la forma Darius, ripresi pari pari dal latino) è piuttosto raro, pur contando un incremento nell'uso successivo alla metà del XX secolo; negli Stati Uniti è relativamente frequente nella comunità afroamericana[3]. In Lituania è talvolta dato in onore di Steponas Darius (1896-1933), un aviatore lituano-statunitense che morì tentando il volo diretto da New York alla Lituania; nel suo caso, però, Darius era la forma anglicizzata del suo cognome lituano, Darašius[3].