Cresciuto nell'Ontario, Wilson ha iniziato a pattinare a cinque anni. L'anno successivo sua sorella, all'epoca diciottenne, è morta a causa di un aneurisma cerebrale.[1] Allenandosi con Osborne Colson, Wilson ha iniziato a partecipare alle competizioni regionali a nove anni, ma è stato costretto a interrompere l'attività agonistica a 16 anni[2] a causa della Sindrome di Osgood-Schlatter che gli creava problemi a un ginocchio e limitava seriamente il suo allenamento. Il pattinaggio lo ha comunque aiutato a sentirsi meno solo, in un periodo in cui ha scoperto la propria omosessualità.[1]
Per cinque anni Wilson ha partecipato agli show del tour Ace Capades. Avendo incontrato in un'occasione John Curry, Wilson ha iniziato a ragionare sul rapporto fra pattinaggio e danza, scoprendo possibilità espressive che in precedenza non era in grado di immaginare.[3] Nel 1993 ha collaborato con Josée Chouinard,[2] ma la collaborazione che lo ha reso famoso è stata quella con Sébastien Britten, da lui aiutato a ottenere il decimo posto ai Giochi olimpici nel 1994. Nel giro di un paio d'anni i genitori di Wilson sono morti. Ad aiutare Wilson ad andare avanti è stato Brian Orser che, colpito dalla sua creatività, gli ha chiesto di realizzare coreografie per i suoi programmi di esibizione. Fra le prime persone che hanno collaborato con lui vi sono Midori Itō, che voleva perfezionare l'aspetto artistico dei suoi programmi, e Jeffrey Buttle.[1]
Dopo che Orser è diventato il principale allenatore del Toronto Cricket and Curling Club, Wilson ha iniziato a lavorarvi come coreografo.[4]
Coreografia
Dal 1994 Wilson ha realizzato coreografie per numerosissimi pattinatori. Fra questi ci sono:
^(EN) Elina Paasonen, Kiira Korpi Back on Track, su ifsmagazine.com. URL consultato il 18 febbraio (archiviato dall'url originale il 12 maggio 2013).
^(EN) Lynn Rutherfurd, Rink Notes: Kozuka taking things slow, su web.icenetwork.com. URL consultato il 18 febbraio (archiviato dall'url originale il 4 marzo 2016).
^(EN) Adam RIPPON, su isuresults.com. URL consultato il 18 febbraio (archiviato dall'url originale il 1º luglio 2020).
^(EN) Klaus-Reinhold Kany e Lynn Rutherford, Savchenko, Szolkowy out to erase 2010 letdown, su web.icenetwork.com. URL consultato il 18 febbraio (archiviato dall'url originale il 6 agosto 2013).