Dhu l-KhalasaDhū l-Kalaṣa (in arabo ﺫﻭ ﺍﺍﻟﺨﻠﺼـة?),[1] ossia, alla lettera, "Il santuario di Khalaṣa", poi però usato come nome vero e proprio, era una divinità maschile preislamica dell'Arabia antica. Citata già nelle iscrizioni thamudene, safaitiche, sinaitiche e nabatee, Dhū l-Khalaṣa (cioè "Il Puro", o "il Forte", o "il Libero", o "Il pronto alla battaglia") era una divinità guerriera oracolare che si presentava come un masso di silice o roccia quarzifera a Tabāla, nella Tihāma, lungo la strada carovaniera che conduceva in Yemen, a 52 parasanghe di distanza da Mecca (8 giorni di viaggio) e a 6 da Ṭāʾif.[2] Il dio era venerato dai Banū Daws, dai Banū Khath'am e dai Banu Bajila.[3] Il suo santuario sembra fosse chiamato anche al-Kaʿba al-yamaniyya, a dimostrazione forse della sua concorrenza nei confronti della nota Kaʿba meccana, (chiamata anche Kaʿba al-shāmiyya),[4] indicava comunque var così come non è improbabile che la divinità fosse stata scelta come protettrice delle olio-resine odorose (tra cui l'incenso) e dei profumi yemeniti.[5] Di sicuro era una divinità ritenuta in grado di fornire vaticini (come Hubal a Mecca) e, come la divinità urbana meccana, ciò avveniva per belomanzia, vale a dire per il tramite dell'estrazione a sorte di una delle tre frecce senza impennaggi e punta (il cosiddetto istiqṣām bi-azlām), che esprimevano rispettivamente il concetto d'affermazione, di negazione e di attesa. L'idolo e tutto ciò che serviva al suo culto fu distrutto col fuoco da Jarīr b. ʿAbd Allāh al-Bajalī, su apposita disposizione di Maometto.[6] Il Khalaṣa di MeccaIl seguito devozionale di Khalaṣa era tanto grande da indurre ʿAmr b. Luḥayy (considerato il responsabile dell'introduzione del politeismo nel Hijaz) a portare una copia dell'idolo a La Mecca e a collocarlo alla periferia della città. Secondo Fahd, tra i massimi studiosi della religiosità pagana araba preislamica, la divinità meccana era però femminile.[7] Note
Bibliografia
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