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Elasmotherium

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Elasmotherium
Scheletro privo di corno di E. caucasicum, al Museo-Riserva di Storia, Archeologia e Paleontologia di Azov
Stato di conservazione
Fossile
Classificazione scientifica
DominioEukaryota
RegnoAnimalia
PhylumChordata
ClasseMammalia
OrdinePerissodactyla
FamigliaRhinocerotidae
Sottofamiglia† Elasmotheriinae
GenereElasmotherium
J. Fischer, 1808[1]
Nomenclatura binomiale
† Elasmotherium sibiricum
J. Fischer, 1809
Sinonimi
  • Stereoceros
  • Enigmatherium
  • E. fischeri = E. sibiricum
  • E. inexpectatum = E. caucasicum
Specie
  • E. caucasicum
  • E. chaprovicum
  • E. peii
  • E. sibiricum
  • E. primigenium

Areale approssimativa delle specie di Elasmotherium

Elasmotherium è un genere estinto di rinoceronte di grandi dimensioni endemico dell'Eurasia, vissuto durante il Miocene superiore fino al Pleistocene superiore, circa 7-0,039 milioni di anni fa.[2] Una data più recente di 26.000 BP è considerata meno affidabile.[2] L'animale fu l'ultimo membro degli Elasmotheriinae, un gruppo distintivo di rinoceronti separato dal gruppo che contiene i rinoceronti odierni (Rhinocerotinae). Basandosi sui fossili e prove molecolari si stima che i due gruppi si siano divisi almeno 35 milioni di anni fa.

Il genere Elasmotherium contiene cinque specie. Il genere appare nel record fossile per la prima volta nel Miocene superiore in Cina, probabilmente evolutosi da Sinotherium, prima di diffondersi nelle steppe pontico-caspiche, nel Caucaso e nell'Asia centrale.[3] La specie più nota, E. sibiricum, talvolta chiamata unicorno siberiano,[4] aveva le dimensioni di un mammut e si pensa fosse dotata di un lungo e robusto corno sulla fronte. Come tutti i rinoceronti, gli elasmotheriini erano erbivori; tuttavia, a differenza degli altri rinoceronti e di tutti gli altri ungulati (a eccezione di alcuni notoungulati) i suoi molari, dotati di alte corone, erano in continua crescita e, probabilmente, si nutriva principalmente d'erba. Le sue zampe erano più lunghe di quelle di altri rinoceronti e erano adattate al galoppo, conferendogli un'andatura più simile a quella di un cavallo.

Descrizione

Skeletal reconstruction of Elasmotherium sibiricum
Dimensioni e ricostruzione scheletrica di E. sibiricum

Elasmotherium viene tipicamente ricostruito come un animale lanoso, basandosi su altri componenti della megafauna contemporanea come i mammut lanosi e il rinoceronte lanoso. Tuttavia, viene talvolta raffigurato con la pelle nuda e coriacea, come i moderni rinoceronti. Nel 1948, il paleontologo russo Valentin Terjaev suggerì che l'animale fosse semi-acquatico, dotato di un corno a cupola e che somigliasse più ad un ippopotamo. Tale interpretazione fu suggerita dalle quattro dita dell'animale, simili a quelle di un tapiro delle zone umide, anziché le tre dita osservate negli altri rinoceronti. Tuttavia, questa interpretazione è stata smentita quando venne dimostrato che Elasmotherium aveva solo tre dita funzionali,[5] dimostrando che la ricostruzione di Teryaev fosse piuttosto fallace.[5][6]

Questo mammifero era di taglia gigantesca: gli esemplari conosciuti di E. sibiricum raggiungono una lunghezza massima di 4,5 metri, con un'altezza al garrese di oltre 2 metri, mentre E. caucasicum raggiungeva almeno 5 metri di lunghezza, con una massa stimata di 3,6-4,5 tonnellate,[5] rendendo Elasmotherium il più grande rinoceronte del Quaternario.[2] Entrambe le specie erano tra i rinoceronti più grandi mai esistiti, paragonabili per dimensioni al mammut lanoso e ben più grandi del contemporaneo rinoceronte lanoso.[7][8] Le sue zampe erano più lunghe di quelle degli attuali rinoceronti e si erano adattate per il galoppo, conferendo all'animale un'andatura più simile a quella di un cavallo, indicando che l'animale era relativamente veloce a dispetto della stazza. I piedi erano unguligradi, con piedi anteriori più grandi e robusti di quelli posteriori, entrambi dotati di 3 dita ciascuno, con un quinto metacarpale vestigiale.[9]

Come gli altri rinoceronti, Elasmotherium aveva due premolari e tre molari per la masticazione, e mancava di incisivi e canini, basandosi invece su un labbro prensile per strappare e portare il cibo alla bocca.[5] Elasmotherium era euipsodonte; i suoi molari erano dotati di grandi corone dentali e smalto che si estendevano al di sotto della linea gengivale e aveva denti in continua crescita. I fossili di Elasmotherium raramente mostrano segni di radici dentali.[5]

Corno

E. caucasicum, ricostruito senza peli
E. sibiricum, ricostruito con un corno più ridotto

Si pensa che Elasmotherium avesse un corno cheratinoso, indicato da una cupola circolare sulla fronte, con una superficie solcata e profonda 13 centimetri e con una circonferenza di 90 centimetri. I solchi sono interpretati come le sedi di vasi sanguigni per il tessuto che genera il corno.[10][11]

Nei rinoceronti, il corno non è attaccato all'osso, ma cresce dalla superficie di un denso tessuto cutaneo, ancorandosi e creando irregolarità e rugosità ossee.[12] Lo strato più esterno si cornifica,[13] e con l'invecchiamento degli strati, il corno perde diametro per via della degradazione della cheratina a causa della luce ultravioletta, dell'essiccamento e dell'usura continua.[14] Tuttavia, i depositi di melanina e calcio al centro induriscono la cheratina, che conferisce al corno la sua forma distintiva.[15]

L'animale inoltre presenta alte spine neurali a livello delle spalle che probabilmente sostenevano una grande gobba di muscoli, che si pensa aiutasse l'animale a sorreggere il peso del pesante corno.[16]

Uno studio del 2021 ha messo in discussione l'idea storica che Elasmotherium avesse effettivamente un corno lungo e vistoso, confrontando la sua cupola cranica e la muscolatura del collo con quelle dei rinoceronti moderni. I risultati dello studio hanno dimostrato che entrambe non erano adatte per sostenere un grande corno ed erano più adatte a sostenere un corno più piccolo, e che la cupola cranica potesse funzionare come una camera di risonanza di qualche tipo, simile a quella di Rusingoryx e alle creste degli adrosauri.[17]

Tassonomia

La "mandibola di Mosca", olotipo di E. sibiricum

Elasmotherium venne descritto per la prima volta nel 1809 dal paleontologo tedesco/russo Gotthelf Fischer von Waldheim sulla base di un ramo mandibolare sinistro, quattro molari e la radice del terzo premolare, che fu donata all'Università di Mosca dalla principessa Ekaterina Daškova, nel 1807. L'esemplare venne nominato formalmente per la prima volta in una presentazione del 1808 davanti alla Società dei naturalisti di Mosca.[18] Il nome del genere, Elasmotherium deriva dal greco antico elasmos ossia "laminato", e therion ossia "bestia" in riferimento alla piegatura laminata dello smalto dei denti; mentre il nome della specie, sibericus, si riferisce probabilmente all'origine prevalentemente siberiana della collezione della principessa Daškova. Tuttavia, le origini esatte dell'esemplare sono sconosciute. Nel 1877, il naturalista tedesco Johann Friedrich von Brandt lo collocò nella nuova sottofamiglia Elasmotheriinae, separata dai moderni rinoceronti.[5] Nel 1997, con la classificazione McKenna/Bell, Elasmotherium viene classificato come strettamente imparentato con i rinoceronti lanosi e quelli odierni, e lo collocava nella sottofamiglia Rhinocerotinae. Tuttavia, l'analisi del genoma mitocondriale completo ottenuto da un esemplare di E. sibiricum vendicò la classificazione di von Brandt, provando che Elasmotherium fosse il sister taxon di tutti i rinoceronti viventi, con un tempo di divergenza stimato di 47,4 milioni di anni fa, con una densità posteriore più alta del 95% di 41,9-53,2 milioni di anni fa.[2]

Il genere è noto da centinaia di siti di ritrovamento, costituiti principalmente da frammenti cranici e denti, sebbene siano stati ritrovati anche scheletri quasi completi e ossa post-craniche, sparse per l'Eurasia, dall'Europa orientale alla Cina.[19] La divisione del genere in più specie si basa principalmente sulle sottili distinzioni dei denti e delle mascelle e sulla forma del cranio.[20]

Evoluzione

I rinoceronti sono divisi in due sottofamiglie, Rhinocerotinae ed Elasmotheriinae, la cui divergenza può essere datata a 47,3-35 milioni di anni fa.[2] Elasmotherium è l'unico membro di quest'ultimo gruppo sopravvissuto al Miocene, mentre altri generi si sono estinti con l'espansione delle savane.[8] La specie più antica di Elasmotherium è E. primigenium dal Miocene superiore dalla Contea di Dingbian, nello Shaanxi, Cina. L'animale si è probabilmente evoluto da Sinotherium, un genere di elasmotheriino anch'esso ritrovato in Cina.[21] Elasmotherium arrivò nell'Europa orientale circa 2,5 milioni di anni fa, durante la prima parte del Pleistocene.[22]

Si pensa che l'ipsodontia, un modello di dentizione in cui i molari hanno corone alte e lo smalto si estende al di sotto della linea gengivale, sia una caratteristica degli Elasmotheriinae,[23] forse come adattamento ai grani più pesanti presenti nelle zone ripariali sulle rive dei fiumi.[6]

Specie

Prima ricostruzione pubblicata (1878) di E. sibiricum, di Rashevsky, sotto la supervisione di AF Brant

Esistono quattro cronospecie di Elasmotherium, dalla più antica alla più recente, E. chaprovicum, E. peii, E. caucasicum ed E. sibiricum, che vanno dal Pliocene superiore al Pleistocene superiore.[3]

Un elasmoterino precedente al Khaproviano o Khaprov Faunal Complex, dapprima considerato la specie E. caucasicum[24], è stato in seguito riferito ad una nuova specie, E. chaprovicum (Shvyreva, 2004), dal nome del complesso faunistico di Khaprov.[20] La Khaprov risale al Villafranchiano medio, MN17, che attraversa il Piacenziano del Pliocene e il Gelasiano del Pleistocene inferiore del Caucaso settentrionale, Moldavia e Asia ed è datata a 2,6-2,2 milioni di anni fa.[25]

La specie E. peii venne descritta per la prima volta da Chow, nel 1958, sulla base di resti ritrovati nello Shaanxi, Cina.[26] Ulteriori resti dallo Shaanxi sono stati descritti nel 2018.[27] La specie è nota anche da numerosi resti dell'areale classico di Elasmotherium, e alcune fonti la considerarono come un sinonimo di E. caucasicum, sebbene sia attualmente considerata una specie distinta.[3] La specie fa parte del complesso faunistico di Psekups, risalente tra i 2,2 e i 1,6 milioni di anni fa.[3]

La specie E. caucasicum venne descritta per la prima volta nel 1914 dal paleontologo russo Aleksei Borissiak, il quale affermò che la specie apparentemente prosperava nella regione del Mar Nero come membro dell'Unità faunistica di Taman risalente al Pleistocene inferiore (1,1-0,8 milioni di anni fa, penisola di Taman). È il mammifero più comune dell'insieme. Si pensa che E. caucasicum sia più primitivo di E. sibiricum e forse rappresenti un ceppo ancestrale.[28] La specie è nota anche nel nord della Cina dal Pleistocene inferiore, nell'assemblaggio Nihewan, estinguendosi circa 1,6 milioni di anni fa. Questo suggerisce che Elasmotherium si sia sviluppato separatamente in Russia e in Cina.[6]

La specie tipo, E. sibiricum, descritta da Johann Fischer von Waldheim, nel 1808, è la specie cronologicamente più recente apparendo nel Pleistocene medio, dalla Russia sudoccidentale alla Siberia occidentale e a sud fino all'Ucraina e alla Moldavia.[29]

Paleobiologia

Ricostruzione di E. sibiricum in un ambiente steppico

Dieta

I moderni mammiferi ungulati ipsodonti si nutrono primariamente d'erba pascolando in ambienti aperti.[30] La stessa ipsodontia è forse un adattamento alla masticazione di erba dura e fibrosa.[31] L'usura dentale presente in Elasmotherium è simile a quella osservata nei moderni rinoceronti bianchi,[32] ed entrambi gli animali hanno un orientamento della testa verso il basso, indicando uno stile di vita simile e la capacità di raggiungere solo piante basse. Infatti la testa di Elasmotherium aveva l'angolo d'orientamento più ottuso tra tutti i rinoceronti, e poteva raggiungere solo i livelli più bassi di vegetazione, pertanto l'animale doveva pascolare abitualmente.[11] Elasmotherium mostra anche segni di euipsodontia, in cui le corone dentali crescono in continuazione, che è una caratteristica tipicamente vista nei roditori.[33] La fisiologia dentale potrebbe essere stata influenzata dall'estrazione di cibo da un terreno umido e granuloso. Pertanto, l'animale potrebbero aver abitato sia le steppe dei mammut che le rive dei fiumi ripariali, in modo simile ai mammut suoi contemporanei.[6]

Movimento

Elasmotherium aveva arti simili a quelli del rinoceronte bianco, che in corsa possono raggiungere anche i 30 km/h (19 mph) con una velocità massima di 40-45 km/h (25-28 mph). Tuttavia, Elasmotherium aveva il doppio del peso (circa 5 tonnellate) e di conseguenza aveva un'andatura e una mobilità più limitate, probabilmente raggiungendo velocità molto più basse. Gli elefanti, del peso di 2,5-11 tonnellate, non possono superare una velocità di 20 km/h.[34]

Estinzione

In passato si pensava che Elasmotherium si fosse estinto intorno a 200.000 anni fa come parte di una normale estinzione di una specie.[2] Tuttavia, frammenti di cranio di E. sibiricum dalla regione di Pavlodar, Kazakistan, confermerebbero la sua persistenza nelle pianure siberiane occidentali a circa 36-35.000 anni fa.[2] Altri resti isolati risalenti a 50.000 anni fa sono stati ritrovati anche nelle grotte siberiane di Smelovskaya e di Batpak, probabilmente trascinati lì da un predatore.[35]

Questa tempistica è più o meno coincidente con l'estinzione del Pleistocene, nella quale si estinsero tutti gli animali che superavano i 45 kg, in coincidenza con il passaggio ad un clima più fresco, che portò alla scomparsa delle erbe a favore di muschi e licheni, e alla migrazione degli esseri umani moderni nell'area.[2]

Testimonianze storiche

Arte paleolitica dalla grotta di Rouffignac, Francia, interpretata come Elasmotherium[5]

Probabilmente l'elasmoterio scomparve in tempi preistorici. Tuttavia, secondo l'enciclopedia svedese Nordisk familjebok e lo scienziato Willy Ley, l'animale potrebbe essere sopravvissuto abbastanza a lungo da essere ricordato nelle leggende del popolo evenco della Russia, sotto forma di un enorme toro nero munito di un singolo corno in cima al capo. C'è inoltre la testimonianza del viaggiatore medievale Ibn Fadlan, generalmente considerato una fonte affidabile, che indicherebbe la sopravvivenza di Elasmotherium in tempi storici nel nordest dell'attuale Iran.

La testimonianza di Ibn Fadlan recita:

«Vi è nelle vicinanze un'ampia steppa, e lì vi abita, si dice, un animale più piccolo di un cammello ma più alto di un toro. La sua testa è la testa di un montone, e la sua coda è la coda di un toro. Il suo corpo è quello di un mulo e i suoi zoccoli sono come quelli di un toro. Nel mezzo della testa vi è un corno, spesso e arrotondato, e più il corno diventa alto più si stringe (alla fine), fino ad assomigliare a una punta di lancia. Alcuni di questi corni crescono fino a tre o cinque ell, a seconda della taglia dell'animale. Si ciba di foglie degli alberi, che sono di eccellente vegetazione. Ogniqualvolta vede un cavaliere gli si avvicina e, se il cavaliere ha un cavallo veloce, il cavallo prova a fuggire correndo veloce; se la bestia li raggiunge, sbalza il cavaliere di sella con il suo corno, e lo lancia in aria, e lo colpisce con la punta del corno, e continua a fare così fino a che il cavaliere non muore. Ma non colpisce né ferisce il cavallo in alcun modo o maniera. I locali lo cercano nelle steppe e nella foresta fino a che non lo possano uccidere. Si fa così: essi si arrampicano sugli alberi alti tra i quali passa l'animale. Servono alcuni arcieri con frecce avvelenate; e quando la bestia è tra di loro, essi la colpiscono e la feriscono fino alla sua morte. E io stesso ho visto tre grandi coppe, simili in forma a conchiglie dello Yemen, possedute dal re, e lui mi disse che esse erano state ricavate dal corno di quell'animale.»

Alcuni hanno ipotizzato che la sopravvivenza di Elasmotherium in tempi storici possa essere l'origine del mito dell'unicorno, dal momento che la descrizione dell'animale corrisponde benissimo all'unicorno karkadann della Persia, e all'unicorno zhi della Cina.

Note

  1. ^ Elasmotherium, su paleodb.org, National Center for Ecological Analysis and Synthesis, 2000. URL consultato il 23 marzo 2011 (archiviato dall'url originale il 13 ottobre 2012).
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Bibliografia

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