Ghazi (in araboﻏﺎﺯﻱ?, ghāzī) è un appellativo che deriva dalla radice araba <gh-z-y>,[1] che significa "compiere incursioni", "compiere razzie", "saccheggiare in territorio ostile". Essendo l'attività bellica un dovere islamico, essere un "ghāzī" esprime il medesimo concetto implicito nel termine giuridico-religioso di mujāhid, ossia di "combattente del jihād".
Questo è il motivo per cui, fin dal loro organizzarsi in Sultanato, i Turchi ottomani assegnarono enfaticamente il titolo onorifico di "ghāzī" ai loro Sultani, che in tal modo potevano arrogare implicitamente per sé e i propri discendenti uno dei fondamentali requisiti previsti per ogni legittimo Califfo, consistente nel condurre obbligatoriamente ogni anno, in prima persona o per interposta persona, il jihād contro gli infedeli.[2]
Persa la sua caratterizzazione istituzionale-religiosa, il termine è stato frequentemente attribuito a comandanti militari di particolare rinomanza.
Nel contesto delle guerre tra la Russia e i popoli musulmani del Caucaso, a partire già dalla fine del XVIII secolo, della resistenza all'espansione russa per opera dello sceicco Mansur Ushurma, la parola di solito appare nella forma gazavat (in lingua russaгазават).[3]
La parola razzia era usata nel contesto coloniale francese in Africa, in particolare per definire le incursioni musulmane per saccheggiare e catturare schiavi da popoli africani dell'Africa occidentale e centrale, conosciuta anche come rezzou quando praticata dai Tuareg.La parola è stata adottata come ghaziya dal vernacoloaraboalgerino e più tardi divenne un nome figurativo per qualsiasi atto di saccheggio, con la sua forma del verbo razzier.
uj: termine turco per indicare la frontiera; uj begi (Signore/Comandante di frontiera) era un titolo assunto dai primi sovrani ottomani; poi sostituito da serhadd (di frontiera).
Note
^Da questa radice nasce il sostantivo ghazw, da cui proviene la parola italiana "razzia".
^Questo fatto traccia una precisa linea demarcativa tra sunniti e sciiti, dal momento che per questi ultimi la mancanza dell'Imam (entrato in ghayba, ovvero in "occultamento" agli occhi del mondo) comporta l'impossibilità che sia proclamato un legittimo jihād fino alla finale parusia dell'"Imam nascosto", che ne ha la capacità e il diritto-dovere.
^(EN) The Background of Chechen Independence Movement, II: The Sufi Resistance.
Bibliografia
Félix M. Pareja, Islamologia, Roma, Orbis Catholicus, 1950.