Suo padre, Pietro II (don Pedro Conde de Urgel) morì nel castello di Balaguer (en el castillo de Balaguer), nel giugno 1408, come viene riportato in Los cinco libros postreros de la primera parte de los Anales de la Corona de Aragón, v.2[1]
Giacomo succedette al padre nei titolo di conte di Urgell, di visconte di Àger e barone di Fraga, come Giacomo II, mentre il fratello, Giovanni (1396-1410), l'altro figlio maschio ancora in vita, diveniva barone di Entenza e Antillón[1] (titoli che Giacomo ereditò nel 1410).
A seguito della morte dell'erede al trono della Corona d'Aragona, Martino il Giovane, nel luglio del 1409, il re d'Aragona, Martino I di Aragona nominò Giacomo II Governatore generale del regno (carica che spettava all'erede al trono)[7][8].
Dato che Martino I, dalla seconda moglie non aveva avuto altri eredi legittimi, pensò di lasciare il trono al nipote, il figlio illegittimo di Martino il Giovane, Federico di Luna, che avrebbe dovuto essere legittimato, per cui, nel 1410, sospese Giacomo II dalla carica di Governatore generale[7][8], anche per le pressioni dell'arcivescovo di Saragozza[9].
Martino I improvvisamente morì il 31 maggio 1410, all'età di 52 anni, senza aver portato a termine la legittimazione del nipote e avendo esautorato Giacomo II, che entrò in armi in Saragozza, a cui seguì un periodo di incertezza, detto "l'interregno", che durò due anni e che, essendo l'opinione pubblica molto divisa tra i vari pretendenti (cinque: oltre ai due già menzionati vi erano Alfonso d'Aragona, duca de Gandia, nipote, per linea maschile, di Giacomo II il Giusto; Luigi III d'Angiò, duca di Calabria, nipote, attraverso sua madre, Iolanda di Aragona, di Giovanni I di Aragona e Ferdinando di Trastamara, el de Antequera, figlio di Eleonora d'Aragona, sorella di Martino il Vecchio), portò l'Aragona sull'orlo della guerra civile[9].
Giacomo II era il pretendente che aveva più legittimità, per essere il più vicino a Martino per linea legittima diretta maschile ed aveva l'appoggio della famiglia De Luna d'Aragona e della famiglia Vilaragut di Valencia[9].
Ferdinando di Trastámara o d'Antequera, dopo l'incoronazione, offri a Giacomo II il prestigioso titolo di Duca di Montblanc, 150.000 fiorini e il matrimonio tra il proprio figlio, Enrico e la figlia di Giacomo II, Isabella; ma Giacomo II consigliato dalla madre Margherita, rifiutò e non riconobbe la decisione di Caspe[11], anzi, ottenuto l'aiuto degli Inglesi, dei guasconi e dei Navarresi, diede inizio ad una guerra civile, durante la quale, sopportato da Antonio de Luna, nel giugno del 1413, attaccò Huesca e Lérida, ma poi fu sconfitto da Ferdinando che lo assediò a Balaguer[11].
Il 31 ottobre 1413, Giacomo si arrese, a Balaguer. Ferdinando gli fece grazia della vita, ma lo imprigionò e gli confiscò tutti i suoi titoli, inclusa la dote della moglie[7], lo confinò in un castello, dove, mantenendo la sua servitù e conducendo una vita normale, passò il resto della vita[11].
Anche sua madre, Margherita, era stata sconfitta, nel 1314[11]; Ferdinando concesse a lei e alle due figlie che non erano maritate una pensione annua di 5.000 fiorini, e Margherita visse tra Saragozza e Morella[12][13].
In quello stesso anno, Margherita organizzò un piano per l'evasione del figlio, Giacomo II, ma fu scoperta ed imprigionata a Cullera ed a Alicante[12][13]; Ferdinando le concesse una piccola pensione, ma continuò a tenerla in custodia; nel 1419, fu trasferita a Morella, dove, nel 1420 morì[12][13].
le prigioni di Giacomo II furono diverse, dapprima nel castello di Urueña, poi nel 1420, fu trasferito nel castello di Mora, nei pressi di Toledo, nel 1422 nel Real Alcázar di Madrid, e nel 1424 fu riportato a Urueña. Dopo fu portato Castrotorafe, nei pressi di Zamora, poi nel 1426 fu detenuto a Teruel, ed in quello stesso anno fu trasferito al Castello di Jàtiva, dove pare, nel 1430, ricevette la visita di Alfonso il Magnanimo, che non si fece riconoscere, ma che da allora la prigionia fu meno dura[7][8].
La leggenda del suo assassinio da parte dei fratelli di Alfonso il Magnanimo, Giovanni, Enrico e Pietro, fu raccolta, o inventata, da l'autore de La fi del comte d'Urgell, presentata come una cronaca anonima in catalano[7][8].