Considerato come una delle figure di maggior valore[3] della canzone d'autore italiana[4] (oltre che un caposcuola della canzone torinese), Gipo Farassino è stato anche interprete e autore in lingua piemontese.[5] Le sue canzoni, spesso venate di ironica e struggente malinconia, sono ispirate alla tradizione francese oltre che a quella delle canzoni d'autore italiane. Tra i suoi successi si ricordano Avere un amico, Remo la barca e Ballata per un eroe.
Nel repertorio in piemontese si è spesso avvicinato al cabaret e all'umorismo: nei suoi anni migliori, ha cantato le miserie e le nobiltà della gente comune, le tribolazioni dei "travet" torinesi e gli amori beffardi o infelici da consumarsi nell'atmosfera parigina e profondamente francese del capoluogo piemontese. Spesso ha anche portato alla ribalta composizioni di grandi poeti piemontesi, come Nino Costa e Angelo Brofferio e la sua carriera vanta anche una prolifica attività come attore di prosa teatrale, sempre in lingua piemontese, iniziata nel 1970 con la compagnia fondata insieme a Massimo Scaglione.[6]
Gli inizi
I suoi brani sono la voce dell'anima più profonda di Torino,[7] quella delle periferie, che a Parigi vengono chiamate "banlieue", ma che sotto la Mole sono sempre state le "barriere": egli stesso proviene da una periferia, la Barriera di Milano, quartiere operaio torinese fatto di case di ringhiera e di una povertà profonda, ma sempre piena di orgoglio e dignità. Di famiglia di origini vercellesi del quartiere Cappuccini, è nato e vissuto, infatti, in via Cuneo 6, nelle vicinanze di Porta Palazzo, in piemontese Pòrta Pila (indirizzo ricordato anche in una sua celebre canzone recitata: «Ël 6 ëd via Coni, l'é na cà veja / che gnanca na vòlta, l'era nen bela...»), figlio del sassofonista Alessandro Farassino.
Dopo aver conseguito il diploma in ragioneria, impara a suonare la chitarra e il contrabbasso e inizia ad esibirsi nei locali e nelle balere del Piemonte, proponendo, da un lato, alcune canzoni di sua composizione, dall'altro brani della tradizione recuperati e riarrangiati. Il debutto discografico, dopo alcuni 45 giri a livello locale (in cui usa lo pseudonimo di Tony D'Angelo prima, e poi il suo nome di battesimo, Giuseppe), avviene con un 33 giri pubblicato alla fine del 1960 in collaborazione con un altro cantante folk torinese, Riz Samaritano. Giuanin 'd Porta Pila, accreditato come terzo cantautore è, in realtà, un nom de plume dello stesso Farassino. Il disco, una raccolta di canzoni popolari in piemontese, si intitola Le canssôn d' Porta Pila, ed è diviso tra i due artisti. È pubblicato da una casa discografica milanese, la IPM, come i due successivi con lo stesso titolo (nel terzo appare per la prima volta con il nome Gipo).
Dopo essersi trasferito per alcuni anni in Medio Oriente come orchestrale, torna in Italia e per qualche tempo si esibisce a Milano, al Derby Club, dove propone monologhi, canzoni di sua composizione e traduzioni di George Brassens: in breve tempo ottiene un contratto con la Fonit Cetra (che in quegli anni ha ancora la sua sede a Torino, in via Bertola 34). Sono gli anni dei 45 giri che cominciano a far circolare il suo nome al di fuori del Piemonte, come Sangon Blues[8], la celeberrima Serenata ciôcatôna, Porta Pila e Matilde Pellissero, tutte canzoni che vengono raccolte, nel 1967, nell'album Auguri.
Il successo
Il 1968 è un anno decisivo per Farassino: pubblica, infatti, Avere un amico, uno dei suoi dischi migliori, che racchiude alcune canzoni in italiano tra le sue più note, come Non devi piangere Maria (che parteciperà ad Un disco per l'estate 1970), La mia città, efficace descrizione di Torino e dei suoi abitanti («Un mare di fredde ciminiere,/un fiume di soldatini blu,/un cielo scordato dalle fiabe,/un sole che non ti scalda mai./Questa mia città ti fa sentir nessuno,/ti strozza il canto in gola,/ti spinge ad andar via./Questa mia città che spegne le risate,/che sfugge a tanta gente,/resta la mia città»), Il bar del mio rione, a cui si affiancano, comunque, canzoni in piemontese come 'L tolè 'd Civass e Porta Pila, sulla musica di La Boheme di Charles Aznavour; il disco ottiene un buon successo[9], soprattutto di critica, bissato dal successivo, Due soldi di coraggio, forse il suo album più riuscito.
In questo disco, oltre alla title track (che nel 1969 parteciperà alla manifestazione "Un disco per l'Europa" che si tiene a Lugano), sono da ricordare Non puoi capire, Remo la barca (pubblicata precedentemente su 45 giri, ballata su un suicida nello stile di De André), e Ballata per un eroe, brano antimilitarista, di cui sono da ricordare i versi «Andrò a ingrossare la nutrita schiera/di quelli che aggrappati a una bandiera/son morti bestemmiando di paura/ad occhi chiusi in una notte scura», con cui nel 1970 Farassino parteciperà al Cantagiro, suscitando anche interrogazioni parlamentari in merito al testo "disfattista".
Tra i due album, nel 1968, incide un 45 giri, Serenata a Margherita, il cui retro, Quando capirai, rimarrà inedito su LP; verrà però reinciso nel 1971 da Donatella Moretti nel suo disco Storia di storie, in cui omaggia i più grandi cantautori italiani. A questo periodo risale la nascita della sua amicizia con Fabrizio De André.[10] In questi anni Farassino è vicino al Partito Comunista Italiano, ma quello che accomuna i due artisti è l'attenzione verso gli ultimi e i poveri, per cui il Sangone (torrente ai confini di Torino) diventa l'unico mare che possono permettersi; emblematica a questo proposito è la canzone Maria dij gat, storia di una gattara che «a stërma sò bon cheur ant ij pachèt», che porta il cappotto pure d'estate, parla da sola, e per i gatti del suo quartiere è come Babbo Natale.
Nel 1970 la sua canzone Senza frontiere viene respinta al Festival di Sanremo: il testo è fortemente critico verso la guerra nel Vietnam e la guerra in Biafra, e quindi viene ritenuto non adatto al pubblico televisivo che segue la manifestazione. Sempre nel 1970 partecipa alla Mostra internazionale di musica leggera con la canzone Quando lei arriverà: pubblicata su 45 giri (sul retro Ho ritrovato Dio) rimarrà inedita su LP. Dopo un altro album, Gipo a só Turin, nel 1971 pubblica un disco doppio dal vivo, Gipo a sô Piemont, in cui si possono ammirare anche le sue doti di intrattenitore, ad esempio nella celeberrima La predica.
Nel 1972 la sua canzone Quando qualcuno va fuori schema diventa la sigla del programma televisivo Sapere; pubblicata su 45 giri, la versione in studio rimane inedita su LP. Nel 1974, registra un disco e uno spettacolo per la RAI: "c'è che vole e chi non pole: grassie li stesso", insieme a Lia Scutari, sua moglie: in esso ripropone le atmosfere tipiche degli antichi cantastorie. Dopo un altro disco dal vivo (Recital Gipo, registrato al Teatro Erba di Torino), il 1977 è l'anno di Per la mia gente: in quest'album Gipo collabora con altri due autori piemontesi: Paolo Conte[14] (di cui reinterpreta la divertente Per ogni cinquantennio), che scrive per lui la toccante Monticone, canzone in cui il piemontese è descritto attraverso i suoi cognomi tipici, e il fratello Giorgio, che scrive una canzone per Farassino, Virginia nel bagno, ed inoltre compone le musiche per due testi di Farassino, La mia gente e Girano (quest'ultima riscuote un buon successo, anche per il testo ironico basato, sin dal titolo, su un evidente doppio senso).
Gli anni ottanta
I dischi successivi, incisi per altre case discografiche dopo l'abbandono della Fonit Cetra, non riscuotono il successo dei precedenti (anche se dal vivo Farassino continua ad attirare pubblico). Negli anni ottanta privilegia quindi l'attività di attore, anche se continua ad incidere qualche album. Nel decennio successivo si dedica principalmente alla politica, pur pubblicando qualche CD con rifacimenti di vecchie canzoni con nuovi arrangiamenti e nuovi brani interessanti, come la divertente Mamma mia che calura! e Se hai gambe cammina (contenute entrambe nel disco Ridatemi Amapola del 1998).[15]
L'impegno politico
Allontanatosi dalla linea revisionistica del PCI, nel 1987 dà vita a un movimento politico denominato Piemont Autonomista[2], composto da fuoriusciti dall'Union Piemontèisa, il partito di Roberto Gremmo. Alle politiche del 1987 la nuova formazione, presentatasi come "Piemont Autonomia Regionale", ottiene 72.064 voti alla Camera (pari allo 0,19% su scala nazionale e al 2,2% a livello regionale).
Nel 1989 il movimento diviene parte integrante della Lega Nord, aderendo alla sezione piemontese del partito presieduta da Mario Borghezio.
Alle elezioni regionali in Piemonte del 1990 viene eletto consigliere regionale per la Lega, ottenendo 11.900 preferenze nella circoscrizione di Torino[16].
Candidatosi alle elezioni europee del 1989, nel maggio 1994 approda al Parlamento europeo, subentrando a Francesco Speroni; viene rieletto alle europee del 1994 e, nel corso del suo mandato, ricopre l'incarico di vicepresidente della delegazione alla commissione parlamentare mista UE-Malta, venendo inoltre nominato nella Commissione per i trasporti e il turismo, nella delegazione per le relazioni con la Repubblica Ceca, la Repubblica Slovacca e la Slovenia e, infine, nella Commissione per l'agricoltura e lo sviluppo rurale.
Lascia gli incarichi di partito nel 1996, quando viene sostituito da Domenico Comino; dal 2004 al 2005 è assessore regionale all'identità piemontese nella giunta di centro-destra di Enzo Ghigo.
Il ritorno nel mondo musicale
Nel 2001 effettua un tour in Sudamerica, in cui presenta il suo spettacolo Agli amici[18]. Nell'ottobre del 2005, a causa di un incidente stradale, muore sua figlia Caterina[19], fotografa molto nota in città, specialmente nell'ambiente musicale (aveva lavorato, tra gli altri, con i Subsonica e gli Africa Unite). Farassino decide, in ogni caso, di ritornare allo spettacolo, e presenta il recital farassino@torino.acapo, realizzato in collaborazione col Folkclub di Torino e con la regia di Franco Lucà.
Nel 2007 pubblica anche un romanzo (in molte parti evidentemente autobiografico), Viaggiatori paganti, edito dalle edizioni Piemme, che è storia di un ragazzo, Matteo Monti detto "Teo" che, nella Torino degli anni cinquanta, decide di guadagnarsi da vivere con la musica. Nel 2010 ristamperà lo stesso libro per i tipi di Priuli & Verlucca e vincerà il premio Biella Festival "Un libro per lo spettacolo" alla sua 7ª edizione. Ad ottobre del 2008 partecipa, per la prima volta nella sua carriera, al Premio Tenco. Nel 2010, su invito del direttore dello Stabile di Torino, Mario Martone, allestisce lo spettacolo Stasseira[20] che ripercorre, sotto la regia di Massimo Scaglione tutta la carriera musicale e teatrale di Gipo[21].
Nel 2012 è uscito il suo libro Frammenti di Barriera, una fotografia in chiave ironica del quartiere natio e dei suoi abitanti del passato.
Morte
Muore nella sua casa di Torino all'età di 79 anni.[22] Dopo il funerale laico tenutosi al Teatro Carignano e la successiva cremazione, le sue ceneri vengono sepolte nel piccolo cimitero collinare di Pino Torinese, accanto alla moglie Lia Scutari e alla figlia Caterina.
Gipo Farassino partecipò anche ad alcuni sketch della rubrica pubblicitaria televisiva di RAI1 Carosello: nel 1969 e 1970 pubblicizzò l'antinevralgico Veramon della Lepetit; nel 1975 pubblicizzò le fasce elastiche Dual Blu Gibaud della Villafranca/Dual Sanitaly.
Carlo Casalegno, Gipo come Torino. Canzoni, ballate e altre cose di Gipo Farassino, Grafiche Alpha Editrice, 1976
Autori Vari (a cura di Gino Castaldo), Dizionario della canzone italiana, ed. Curcio, 1990; alla voce Farassino, Gipo
Gipo Farassino, A son peui mach canson (tutti i testi in piemontese, con traduzione in italiano a cura di Bianca Dorato), ed. Ca de Studi Piemontèis, 2000