Ha giocato 1.026 partite in NBA, ha partecipato a 7 All-Star Game[2] ed è entrato 5 volte nell'All-NBA Team (una volta nel primo le altre nel secondo),[3] ma non ha mai vinto l'anello.[4]
Con la nazionale ha vinto una medaglia di bronzo ai giochi panamericani 1991[5] e un oro alle Olimpiadi del 1996.[6]
Ha vinto per tre volte l'NBA Sportsmanship Award,[7] risultando essere il cestista ad averlo vinto più volte in assoluto.[8]
Hill è nato a Dallas mentre suo padre (Calvin Hill) giocava nei Dallas Cowboys.[10] Sua madre Janet, laureatasi al Wellesley College, ha condiviso la camera con Hillary Clinton quando entrambe erano al primo anno.[10]
Prima di andare alla Duke University ha girato uno spot per la Sprite.[11]
Durante la sua carriera universitaria ha conseguito la laurea in storia e in scienze politiche.[12]
A Detroit ha conosciuto Tamia, con la quale si è sposato nel 1999,[13] da cui ha avuto 2 figlie: Myla Grace (classe 2002)[14] e Lael Rose (classe 2007).[15]
Caratteristiche tecniche
Considerato uno dei giocatori più completi della storia NBA, tra i migliori degli anni novanta,[9][16][17] tra le sue qualità spiccavano l'atletismo,[16] il controllo palla,[16] la visione di gioco[6] e l'intelligenza tattica[18] che lo rendevano a tutti gli effetti un all-around player.[6][19]
Era considerato il nuovo Michael Jordan,[6][17][20] mentre da altri è stato definito un LeBron prima di LeBron.[20][21][22][23] Tuttavia, a causa del fatto che la sua carriera è stata enormemente condizionata dagli infortuni, è stato definito uno dei più grandi what if nella storia del basket.[6][20][24]
In carriera si è anche distinto per la professionalità e determinazione con le quali si approcciava alla pallacanestro.[25][26]
Carriera
High school e college
Al termine della carriera di suo padre nella NFL, la famiglia si trasferì a Reston, Virginia, dove Grant diventò una stella dell'high-school.[27] In seguito giocò per 4 anni alla Duke University, vincendo il titolo nazionale nel 1991 e nel 1992[6][12] e perdendo il campionato nel 1994.[27] Oltre che i 2 titoli partecipò al McDonald's All-American Game nel 1990 ed entrò tra i membri di 2 NCAA AP All-America Team.[9][12] A scuola comunque praticò diversi sport prima di scegliere la pallacanestro,[28] suonando pure il pianoforte.[28] Al termine della sua carriera universitaria venne definito dal suo ex allenatore a Duke a Mike Krzyzewski il miglior giocatore che avesse mai allenato.[19]
NBA
Detroit Pistons
Grant Hill venne scelto dai Detroit Pistons come terza scelta nel DraftNBA dopo essersi laureato nel 1994.[9] Nella sua prima stagione, Hill realizzò in media 19,9 punti, 5,0 assist, 6,4 rimbalzi e 1,77 palle rubate per partita,[12] guidando la sua squadra in ogni statistica a fine anno[12] e diventando il quinto a riuscire in ciò.[12] In quest'annata divenne sin da subito uno dei giocatori preferiti dal pubblico,[29] oltre al fatto che il coach dei Pistons Don Chaney lodò la sua comprensione del gioco e paragonò Hill a 2 ex campioni dell'NBA come Magic Johnson e Larry Bird.[19] A fine stagione si divise il titolo di NBA Rookie of the Year Award con Jason Kidd.[6] Hill inoltre giocò regolarmente nell'NBA All-Star Game.[6] Nella stagione 1995-1996 partecipò all'All-Star Game risultando essere il giocatore più votato della lega, anche più del ritornato Michael Jordan,[12] e al termine della stagione venne inserito, per la prima volta di 5 consecutive, in un All-NBA Team.[12] Nel 1997 mise a referto 13 triple-doppie in una sola stagione guidando la lega in tale statistica,[30] segnando in media 21,4 punti più 9,0 rimbalzi e 7,3 assist.[23] Nella seconda metà degli anni novanta Hill si affermò così come uno dei giocatori più forti della NBA.[17]
Comunque, nonostante il valore aggiunto portato alla squadra da Grant Hill, i Detroit Pistons non riuscirono mai a proseguire a lungo nel cammino dei playoffs, fermandosi al primo turno in ognuna delle loro 4 apparizioni (1996, 1997, 1999, 2000).[12] L'8 febbraio 1999 realizzò il proprio career high di punti segnandone 46 nel successo per 106-103 contro gli Washington Wizards.[31] Al termine della stagione 1998-1999 diventò il 2º giocatore, dopo Wilt Chamberlain, a guidare la sua squadra in punti, assist e rimbalzi di media in 3 stagioni diverse nella storia dell'NBA.[32] La stagione 1999-2000 fu quella più prolifica della sua carriera (25,8 punti a partita) ma calando in assist e rimbalzi (rispettivamente 5,2 e 6,6), e giocando nei playoffs pur con un infortunio alla sua caviglia sinistra;[32] ciononostante i Pistons vennero eliminati in 4 gare al primo turno dai Miami Heat e Hill peggiorò la propria situazione fisica.[32] Viste le sue medie, rientra tra i 6 giocatori ad avere totalizzato almeno 20 punti, 5 assist e 5 rimbalzi nelle prime 6 stagioni in carriera; gli altri a esserci riusciti sono Oscar Robertson, Jerry West, Larry Bird, Michael Jordan e successivamente rispetto a Hill LeBron James.[6][33]
I Magic sperarono che potesse fare coppia con la superstar Tracy McGrady, comprato dai Toronto Raptors, per far tornare i Magic tra i grandi della NBA.[35] Hill si trovò però in difficoltà sin dal suo arrivo ad Orlando per problemi alla caviglia, giocando in sole 4 partite[18] (per quanto all'inizio si temeva che non riuscisse neppure a giocarle)[38] nella sua prima stagione con la nuova squadra, 14 nella seconda stagione e 29 nella terza. Nel marzo 2003 si sottopose a un intervento chirurgico per cercare di risolvere definitivamente i problemi alla caviglia;[39] cinque giorni dopo l'operazione, però, Hill rischiò addirittura di morire a causa di un'infezione da stafilococco, che lo costrinse a una settimana di ricovero e sei mesi di antibiotici.[39]
Rientrò nella stagione 2004-2005 dimostrando di essere ancora molto amato dai tifosi,[39] che con i loro voti lo fecero partire in quintetto nell'All-Star Game per l'Eastern Conference.[40] Al termine della stagione vinse il premio per la sportività.[7]
Quando sembrava, dopo aver giocato una stagione quasi intera nel 2004-05, che Hill (ormai 33enne) potesse tornare sui buoni livelli della sua esperienza a Detroit, nella stagione 2005-06 ebbe di nuovo problemi fisici, tra i quali un'ernia inguinale,[41] disputando solo 21 match.[26]
Tornò a giocare nel campionato 2006-07 per gli Orlando Magic con i quali tenne una media di 14,4 punti e 3,6 rimbalzi a gara, con la squadra che tuttavia venne eliminata al primo turno in 4 gare dai Detroit Pistons.[42]
Phoenix Suns
Nell'estate 2007, dopo avere pensato al ritiro per via dei tanti infortuni patiti,[43] rimase free agent e in luglio firmò con i Phoenix Suns.[44]
Ai Suns Hill indossò la maglia numero 33 (lo stesso che usa fin dai tempi di Duke) nonostante il numero fosse stato ritirato in onore di Alvan Adams:[45] l'eccezione venne fatta per la reputazione di grande atleta e di professionista serio di cui Hill ha sempre goduto.[45] Arrivò ai Suns con il pensiero di giocare un paio d'anni prima di ritirarsi, ma per via delle prestazioni offerte in campo rinviò la sua decisione di qualche anno.[25]
In Arizona Hill vinse per la seconda volta il premio per la sportività[7] e partì nel quintetto base (seppure con minutaggi intorno alla mezz'ora) dando con la sua esperienza un apporto prezioso per la squadra del duo Nash-Stoudemire, imponendosi sin da subito come uno dei leader della squadra.[46]
L'anno successivo giocò per la prima volta in carriera 82 partite su 82 all'età di 36 anni.[46]
Nella stagione 2009-10 vinse per la terza volta il premio Joe Dumars per la sportività e soprattutto riuscì per la prima volta in carriera (a 38 anni)[7] ad accedere alle finali di conference durante i playoffs, in quanto Phoenix superò Portland per 4-2 e San Antonio per 4-0.[47] Il cammino dei Suns si fermò alla Finali di Conference, contro i Lakers di Kobe Bryant e Pau Gasol, con Hill che negli ultimi minuti, seppur marcandolo al suo meglio, non poté impedire il canestro vincente di Kobe Bryant.[48] Le due stagioni successive furono invece povere di soddisfazioni con la squadra che non raggiunse i playoffs (con lui che rinnovò nel dicembre 2011 per un altro anno),[49] con Hill che soffrì di ulteriori problemi fisici.[26] Ciò non gli impedì di tenere una media di 13 punti nel 2010-2011, diventando (all'epoca) il settimo giocatore a raggiungere tale media a 38 anni o più.[26]
Los Angeles Clippers
Alla soglia dei 40 anni (secondo giocatore più anziano in attività, un giorno più giovane di Kurt Thomas)[50] decise di accettare la sfida propostagli dai Los Angeles Clippers, firmando un contratto biennale il 17 luglio 2012.[51] Fece il suo esordio con la franchigia di Los Angeles il 12 gennaio 2013.[52] Appena 4 giorni più tardi raggiunse le 1.000 presenze in NBA contro gli Houston Rockets.[53] Nonostante fosse ormai avesse superato i 40 anni diede comunque un buon contributo (seppur giocando solo 29 partite)[26] alla squadra per esempio quando marcò Carmelo Anthony contro i New York Knicks nel 4º quarto,[25][54] o con una stoppata decisiva su Jerryd Bayless contro Memphis (rivelatasi decisiva per il raggiungimento dei playoffs della squadra).[25]
Nei play-off i Clippers, nonostante un grande Chris Paul,[55] si fermarono al 1º turno a gara-6 contro i Memphis Grizzlies, impedendo a Hill di vincere l'anello.[55]
Il 1º giugno 2013 annunciò il suo ritiro dalla lega in diretta tv su TNT.[2][56]
Nazionale
Dopo avere disputato i giochi panamericani nel 1991,[5] nel 1995 venne invitato per uno stage in vista delle Olimpiadi di Atlanta del 1996 dagli Stati Uniti;[57] venne inserito nella lista definitiva dei convocati per il torneo,[6] in cui diede il suo contributo al 2º Dream Team (composto tra i tanti da giocatori come John Stockton, Charles Barkley, Hakeem Olajuwon, Scottie Pippen e Shaquille O'Neal)[58] al raggiungimento della vittoria finale fornendo buone prestazioni,[58] seppur non giocando le ultime 2 partite decisive contro Australia e Jugoslavia. Quattro anni dopo venne convocato anche per le Olimpiadi di Sydney 2000, ma dovette rinunciare a causa dell'infortunio patito durante la stagione.[32][59] Venne sostituito da Shareef Abdur-Rahim.[59]
Durante l'anno da rookie, fece un'apparizione da David Letterman nel suo show, suonando pure il pianoforte mostrando un'ottima capacità al riguardo[28] (dovute al fatto che a 9 anni iniziò a prendere lezioni di piano, che smise di suonare dopo l'iscrizione all'high school).[63]
Per via dello stafilococco avuto durante la sua carriera diventò molto attivo sull'argomento fondando un'organizzazione non-profit chiamata Stop MRSA Now!.[67] Hill fa beneficenza anche con donazioni a organizzazioni caritatevoli.[68]
Jason Porterfield, Calvin Hill and Grant Hill: One Family's Legacy in Football and Basketball, The Rosen Publishing Group, 2010, ISBN978-14-48-80080-3.
Tim Halloran, Romancing the Brand: How Brands Create Strong, Intimate Relationships with Consumers, John Wiley & Sons, 2014, ISBN978-11-18-61128-9.
Carlo Perotti, Forgotten Sons - storie di basket da non dimenticare, Carlo Perotti, 2014, ISBN978-60-50-33181-3.
Jane M. Shattuc, The Talking Cure: TV Talk Shows and Women, Routledge, 2014, ISBN978-11-36-65686-6.
* - Membri che sono stati inseriti sia in qualità di allenatori, sia in qualità di giocatori. ** - Membri che sono stati inseriti sia in qualità di allenatori, sia in qualità di contributori. *** - Membri che sono stati inseriti sia in qualità di contributori, sia in qualità di giocatori.