La legge elettorale italiana del 1925 è stato il sistema elettorale in vigore nel Regno d'Italia dal 1925 al 1928 per l'elezione della Camera dei deputati; non fu mai applicata.
Storia
L'implicazione del segretario del Partito Nazionale Fascista Francesco Giunta e del capo della polizia e della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale Emilio De Bono nel delitto Matteotti, provocarono nel dicembre del 1924 una forte crisi nel gruppo fascista.[1] In questa occasione quarantaquattro deputati fascisti guidati dall'ex nazionalista Raffaele Paolucci, avanzarono al presidente del consiglio e capo del fascismo Benito Mussolini una serie di richieste per normalizzare lo Stato, tra queste proposte c'era quella di realizzare una riforma elettorale per l'introduzione dei collegi uninominali.[2] La riforma iniziò ad essere elaborata nel settembre 1924 per riconciliare il fascismo con gli esponenti liberali e per azzerare la rappresentanza parlamentare dei partiti di massa nelle successive elezioni, particolarmente svantaggiati da un sistema uninominale.[3]
All'insaputa della Camera, il 20 dicembre 1925 Mussolini presentò il disegno di legge sulla riforma elettorale in senso uninominale.[4] La legge fu approvata alla Camera il 17 gennaio 1925 con 268 voti favorevoli e 19 contrari.[5] La legge fu poi approvata dal Senato il 13 febbraio 1925 con 214 favorevoli e 58 contrari.[6] A causa delle numerose critiche la legge non fu mai attuata, per poi essere abrogata nel 1928 con l'introduzione della legge elettorale plebiscitaria.[7]
Note
Bibliografia
- Pier Luigi Ballini, Sistemi elettorali del primo dopoguerra: dalla genesi della «Legge Acerbo» al ritorno dell'uninominale fittizio, in Fabio Grassi e Gaetano Quagliarello (a cura di), Il partito politico dalla grande guerra al fascismo. Crisi della rappresentanza e riforma dello Stato nell'età dei sistemi politici di massa (1918-1925), il Mulino, 1996, ISBN 978-88-150-5207-0.
Riferimenti normativi