La lingua messapica era una lingua (o un insieme di idiomi più o meno affini tra loro) parlata in epoca preromana nel territorio corrispondente all'attuale Puglia, principalmente nella parte meridionale della regione e in particolare nella penisola salentina[1]. È stata così denominata con riferimento ai Messapi, un'antica tribù stanziata fin dall'età del ferro in tutto il settore meridionale della Iapigia.
Nome
Il termine "messapico" è tradizionalmente usato per riferirsi a un insieme di lingue parlate da una comunità linguistica relativamente omogenea di tribù (Messapi, Peucezi e Dauni) le quali, antecedentemente alla conquista romana, parlavano lingue presumibilmente non italiche nelle regioni che in epoca romana divennero note come Apulia e Calabria (odierno Salento).[2]
Alcuni studiosi sostengono però che, per riferirsi a tutto l'insieme di lingue parlate dagli Iapigi, il termine "iapigio" andrebbe preferito al termine "messapico", mentre quest'ultimo andrebbe invece riservato alle sole iscrizioni rinvenute nella penisola salentina, ove già in epoca magno-greca era stanziata la tribù specifica dei Messapi.[2]
Del resto non vi è certezza che in tutto il territorio iapigio si parlasse, in epoca remota, un'unica lingua, anche perché le iscrizioni provenienti dal settore settentrionale della regione sono assai esigue e tardive (non anteriori al IV secolo a.C.). È certo comunque che l'alfabeto in uso nell'area del Tavoliere fosse in parte differente rispetto a quello in uso nel Salento.[1]
Origini
La lingua messapica era di origine indoeuropea. Dell'idioma rimangono poco più di cinquecento iscrizioni (la maggior parte nomi di località o di persona) databili dal VI al II secolo a.C.[3]
Il messapico è da considerarsi una lingua indoeuropea a sé stante[4], benché sia stata anche ipotizzata un'appartenenza alle lingue illiriche, attestate sulla sponda opposta del Mar Adriatico[5]. L'ipotesi del legame tra messapico ed illirico era basata principalmente su nomi di persone trovati su iscrizioni tombali o su riferimenti di scrittori classici.[senza fonte] In alternativa era stato inoltre prospettato un possibile collegamento con la lingua eteocretese.[6]
La lingua messapica decadde sino ad estinguersi dopo che il Salento fu conquistato dai Romani, che vi introdussero il latino. La vitalità del messapico risultava però già in precedenza compromessa a causa della larga e rapida diffusione della lingua osca tra le varie popolazioni italiche in epoca preromana;[7] a tal riguardo è significativo che il poeta Quinto Ennio, nato nel 239 a.C. a Rudiae (nel Tavoliere di Lecce) affermava di parlare, oltre al latino e al greco, la lingua osca, mentre mancava qualsiasi riferimento al messapico.[8] Viceversa, poiché un sostrato (o comunque un influsso) messapico è ben riconoscibile in talune varietà dialettali osche parlate in regioni finitime (ad esempio, nella Tabula Bantina),[9] è plausibile che in epoca remota l'area di diffusione della lingua messapica fosse assai più vasta.
Alfabeto
I Messapi utilizzavano per le loro iscrizioni un alfabeto greco, più propriamente laconico, certamente importato dai vicini greci di Taras (Taranto).
Tra le caratteristiche di tale alfabeto si registrano l'assenza di un segno per la vocale /u/ e la presenza di un segno a forma di tridente che "indica il suono di passaggio (non fonema) fricativo tra la vocale e lo jod successivo"[10].
Alcune caratteristiche fonetiche
Talune caratteristiche fonetiche del messapico possono essere considerate quasi certe:
il passaggio da PIE*o ad a (come nell'ultima sillaba del genitivo kalatoras)
di -m finale in -n (come in aran)
di -ni- in -nn- (come nel nome messapico Dazohonnes verso l'illiricoDazonius; il genitivo messapico Dazohonnihi verso il genitivo illirico Dasonii, ecc.)
di -ti- in -tth- (come nel prenome messapico Dazetthes verso l'illirico Dazetius; il genitivo messapico Dazetthihi verso il genitivo illirico Dazetii; da una radice comune Dazet- sia in illirico che in messapico)
di -si- in -ss- (come nel messapico Vallasso invece di Vallasio, derivato dal nome breve Valla)
la perdita della -d finale (come in tepise), e probabilmente di -t finale (come in -des, che forse significa "mettere", dal PIE *dhe-, "mettere")
il mutamento delle occlusive sonore aspirate PIE in occlusive sonore semplici: PIE *dh- o *-dh- in d- o -d- (messapico anda < PIE *en-dha-; confronta il greco entha) e PIE *bh- o *-bh- in b- o -b- (messapico beran < PIE *bher- "tenere")
il monottongamento del dittongo -au- in -ā- prima (di alcune) consonanti: Bāsta, da Bausta
la forma penkaheh < PIE *penkwe "cinque".
Iscrizioni
Pochissime iscrizioni messapiche sono state decifrate. In particolare l'epigrafe nº 149 del Corpus Inscriptionum Messapicarum è stata trovata a Vaste e ha avuto la seguente interpretazione da parte di Ciro Santoro[11]:
(messapico)
«Klohi Zis Thotoria Marta pido vastei Basta veinan aran
in daranthoa vasti Staboos Xohedonas Daxtassi Vaanetos
Infatti Klauhi, come Klohi in altre iscrizioni simili, significherebbe "ascolta"! (da *kleu- ascoltare) e Zis è l'equivalente messapico di Zeus. Dekias è il nome (come il latino Decio), mentre Artahias è un genitivo patronimico con il suffisso –as. Thautori è il dio degli inferi con l'aggettivo andirahho (da *ndher- sotto).
^Quintus Ennius tria corda habere sese dicebat, quod loqui Graece et Osce et Latine sciret ("Quinto Ennio diceva di avere tre anime in quanto parlava greco, osco e latino") - Aulus Gellius, Noctes Atticae 17.17.
^Vittorio Zacchino, Lecce e Terra d'Otranto - De situ Iapigiae
^C. De Simone, Gli studi recenti sulla lingua messapica, in Italia omnium terrarum parens, Milano 1989, p. 657.
Bibliografia
(EN) Carlo De Simone, Messapic, in Jared Klein, Brian Joseph e Matthias Fritz (a cura di), Handbook of Comparative and Historical Indo-European Linguistics, vol. 3, Walter de Gruyter, 2017, ISBN978-3-11-054243-1.
Francesco Ribezzo, La lingua degli antichi Messapii, A. Tessitore e C., Napoli 1907; (rist. anastatica a cura di Maria Teresa Laporta con prefazione di Ciro Santoro, Congedo, Galatina 1994. ISBN 88-8086-069-0)
Francesco Ribezzo, Nuove ricerche per il Corpus inscriptionum Messapicarum, Reale Accademia d'Italia, Roma 1944
Vittore Pisani, Le lingue dell'Italia antica oltre il Latino (= Manuale storico della lingua latina, 4), Rosenberg & Sellier, Torino 1953
Oronzo Parlangeli, Studi messapici: iscrizioni, lessico, glosse e indici, Milano 1960
Oronzo Parlangeli, Le iscrizioni messapiche, Messina 1960
Otto Haas, Messapische Studien: Inschriften mit Kommentar, Skizze einer Laut- und Formenlehre, Carl Winter Universitatsverlag, Heidelberg 1962
Hans Krahe, Die Sprache der Illyrier, vol.1: Die Quellen, vol.2: Die messapischen Inscriften (con Carlo De Simone e Jürgen Untermann), Wiesbaden 1964.
Francesco Ribezzo, Corpus Inscriptionum Messapicarum, a cura e con introduzione di Ciro Santoro; premessa di Mauro Spagnoletti, Bari 1978
Roberto Giacomelli, I grecismi del messapico, Brescia 1979
Ciro Santoro, Nuovi studi messapici. 2 voll.: 1. Epigrafi; 2. Lessico, Congedo, Galatina 1982-1983
Carlo De Simone, Iscrizioni messapiche della Grotta della Poesia (Melendugno, Lecce), in «Annali della Scuola Normale Sup. di Pisa», serie III, vol. XVIII, 2, 1988, pp. 325-414.
Carlo De Simone, La lingua messapica, in Salento Porta d'Italia, Atti del Convegno Internazionale (Lecce 27-30 novembre 1986), Galatina 1989.
Carlo De Simone, Gli studi recenti sulla lingua messapica, in Italia omnium terrarum parens, Milano 1989, pp. 650-660
Carlo De Simone, Simona Marchesini, Monumenta linguae Messapicae, 2 voll., Wiesbaden 2002.