Manfredo Settala nacque l'8 marzo 1600 da un casato di antica nobiltà. Il padre di Manfredo, il celebre medico Ludovico Settala, aveva sposato Anna di Arona, dalla quale aveva avuto diciotto figli, di cui quattro maschi. Le femmine erano state avviate alla vita religiosa e introdotte nell'Ordine di San Paolo; dei maschi, il primo, Claudio Francesco, divenne gesuita; il secondo, Senatore, divenne medico come il padre; l'ultimo, Carlo Andrea, divenne vescovo di Tortona.
In Toscana maturò l'intenzione di un viaggio in Oriente, ma faticò a convincere il padre Ludovico a trovargli appoggi e finanze per poterlo intraprendere, a causa delle difficoltà economiche in cui versava la famiglia. Riuscì infine a partire per la Sicilia sulle galeee del granduca e di lì proseguì per l'Oriente, con tappe a Otranto, Cipro, Ascalona, Gaza in Palestina, Alessandria d'Egitto, Smirne, Efeso, Costantinopoli: tale viaggio si svolse verosimilmente fra il 1622 e il 1629. Sbarcato a Livorno, tornò a Milano, portando con sé i materiali naturalistici ed etnografici che era riuscito a recuperare durante il viaggio e che lui stesso definiva «oggetti turcheschi». Avviatosi allo stato clericale, il 18 marzo 1628 ricevette gli ordini minori dal cardinal Federico Borromeo, il quale, nel 1631, lo promosse al suddiaconato, conferendogli anche un canonicato presso la Basilica di San Nazaro in Brolo.
Nell'aprile del 1655 Manfredo si recò a Roma andò per assistere all'incoronazione di Alessandro VII, l'antico condiscepolo senese Fabio Chigi.
Settala morì a Milano il 6 febbraio 1680. La commemorazione ufficiale fu affidata al gesuita Giovanni Battista Pastorini.[2] A Brera si tenne un'accademia funebre, recitata dagli studenti di Retorica: Manfredo Septalio Academia funebris publice habita in Classe Rhetoricae Collegii Braydensis Societatis Iesu, Mediolani, apud Impressores Archiepisc., MDCLXXX.
Manfredo Settala non pubblicò mai nulla; la sua fama è legata al suo museo o galeria, vasta collezione ospitata in diverse sale del palazzo di famiglia, composta da circa tremila pezzi tra opere d'arte, reperti archeologici, strumenti musicali, macchine, manufatti e curiosità etnografiche raccolte durante i suoi viaggi in Oriente. Oltre ai visitatori illustri (come John Evelyn o Balthasar de Monconys), dettero fama al Musaeum septalianum i ricchi cataloghi a stampa (1664, 1666, 1677).[3]
La celebre collezione fu lasciata per via testamentaria alla Biblioteca Ambrosiana di Milano. Negli anni '70 del Novecento tuttavia l'istituzione ne decise la dispersione, cedendone i pezzi a svariate istituzioni[4].
«Spiritoso d'ingegno, in età di quindici anni si portò a Mantova a vedere le quattro stanze del palazzo Ducale, ragguagliato che in quelle si trovavano adunate le più rare maraviglie che o dalla terra ne i suoi quadrupedi, pietre, frutti e dall'aria ne i volatili; o dall'acqua ne i pesci; o dal fuoco ne i lavori artificiosi co'l mezzo di lui formati, possano immaginarsi.»