La manticora (AFI: /manˈtikora/[1]) è una creatura mitica, una sorta di chimera dotata di una testa simile a quella umana, corpo di leone e coda di scorpione, in grado di scagliare spine velenose per rendere inerme la preda (confondendo così la sua immagine con la criptozoologia di un istrice). A volte la manticora può possedere ali di qualche genere. Il nome "manticora" identifica anche un genere di insetto, Insectorum tigrides veloces a detta di Linneo, predatore, appartenente alle Cicindelinae.
Etimologia
Il nome manticora viene dal latinomantichōra, dal greco anticoμαντιχώρας?, mantikhṓras o μαρτιοχώρας, martiokhṓras, dall'antico persiano *𐎶𐎼𐎫𐎹-𐎧𐎺𐎠𐎼, *martya-χvāra, «che mangia gli uomini».[2][3]
Descrizione
Il primo a descrivere l'animale era stato Ctesia di Cnido nei suoi Indikà, di cui sopravvive un riassunto nella Biblioteca del patriarca Fozio:
«Ctesia parla anche del manticora, una bestia che si trova presso gli Indiani e che ha il volto simile a quello degli uomini. Questa bestia è grande quanto un leone e ha il colore della pelle di un rosso simile a quello del cinabro; ha i denti disposti su tre file, le orecchie di un uomo e gli occhi glauchi simili a quelli di un uomo. La sua coda assomiglia a quella di uno scorpione di terra, misura più di un cubito ed è munita di un pungiglione. Nella coda, lateralmente, sono disposti, qua e là, altri pungiglioni, oltre a quello che, come nella coda dello scorpione, si trova sulla punta. È con questo pungiglione che il manticora colpisce chi gli si avvicina e chiunque venga da esso ferito trova una morte sicura. Se invece qualcuno lotta con il manticora a distanza, esso, sollevando la coda, si mette a saettare i suoi dardi, come da un arco, contro l'avversario che gli sta di fronte, oppure, voltandosi, cerca di colpirlo da dietro tendendo la sua coda in linea retta. Il manticora riesce a scagliare i suoi dardi fino a cento piedi di distanza e qualsiasi essere vivente venga da essi colpito (ad eccezione dell'elefante) trova una morte certa. I suoi pungiglioni misurano un piede e sono spessi quanto un giunco sottilissimo. Il termine "martichoras" significa in greco "antropofago", proprio per il fatto che questa bestia si nutre per lo più di uomini, oltre che di altri animali. Riesce a combattere anche con le unghie (oltre che con i pungiglioni). I suoi pungiglioni – così dice Ctesia - dopo che sono stati lanciati crescono di nuovo (molti infatti è possibile trovarne in India). In India ci sono molti esemplari di manticora: gli uomini li cacciano a dorso di elefante scagliando da lì le loro frecce.»
(Ctesia FrGrHist 688 F. 45, 15: Phot. Bibl. 45b 31- 46 a 12 Henry[4])
Anche Plinio fa riferimento alla descrizione di Ctesia:
«Ctesia scrive che presso gli stessi Etiopi nasce l'animale che egli chiama manticora, con un triplice ordine di denti uniti a forma di pettine, con faccia e orecchie umane, occhi azzurri, colore sanguigno, corpo di leone, e che punge, come lo scorpione, con la coda; la sua voce ricorda un suono di zampogna e insieme di tromba, ha una grande velocità, e soprattutto è avido di carne umana.»
La descrizione è ripresa con più dettagli da Claudio Eliano, che sostiene sempre di citare Ctesia ma colloca la bestia in India e aggiunge all'aculeo lungo un cubito delle spine avvelenate, scagliabili all'occorrenza. L'unico animale che può tener testa alla manticora è il leone, però gli Indiani riescono a catturarne i cuccioli ancora privi di aculei e gli mozzano la coda, per
renderli inoffensivi e portarli a spasso, tanto è vero che ne hanno regalato uno al re di Persia. Il vero nome sarebbe martikhoras (dal persiano mardkhora, "mangia uomini")[5].
Pausania non sembra molto convinto e ipotizza che si tratti di una versione distorta della tigre indiana, malgrado tripla fila di denti e aculeo non corrispondano[6].
Anche Filostrato avrebbe cercato la manticora in India, secondo quanto racconta nella biografia romanzata di Apollonio di Tiana[7].
La manticora (gigantesco leone rosso, dal volto umano, con tre filari di denti):
«I marezzi del mio pelame scarlatto si confondono col riverbero delle grandi sabbie. Soffio dalle narici lo spavento delle solitudini. Sputo la peste. Mangio gli eserciti, quando s'avventurano nel deserto. Ho le unghie ritorte a succhiello, i denti tagliati a sega; e la mia coda roteante è irta di dardi che lancio a destra, a sinistra, in avanti, in dietro. Guarda! Guarda! (la manticora lancia le spine della coda, che si irradiano come frecce in tutte le direzioni. Gocce di sangue piovono schioccando sul fogliame.)»
Ipotesi di identificazione
Molti hanno concluso che si tratti della tigre del Caspio, e questo perché le citazioni partono da Ctesia, che viveva in Persia.
Ma, a parte il fatto che Plinio sostiene di citare Ctesia anch'egli e parla di Etiopia, nessun felino ha voce di trombetta o vive nei luoghi aridi e rocciosi amati dalla manticora, e comunque i persiani conoscevano già la tigre, quindi non avrebbe avuto senso parlarne in termini distorti. Neppure può trattarsi di un mito venuto dall'India, perché il tipico mostro indiano mangiatore di uomini, il rākṣasa, ha il corpo umano e solo la testa di tigre, cioè l'esatto contrario della manticora (il che può forse aver generato una sovrimpressione dei miti).
Un'altra possibile spiegazione della stranezza della manticora sarebbe da ricercare nel repertorio iconografico dell'arte persiana e babilonese. Dal momento che Ctesia di Cnido era stato prigioniero nella corte degli Achemenidi, è possibile ipotizzare che abbia deciso di creare una versione letteraria di un motivo assai diffuso nell'arte orientale. Ctesia in altre parole avrebbe descritto il Lamassu, demone benevolo con il corpo di toro (e talvolta, appunto, di leone) e con il volto di un uomo persiano barbuto, attribuendo ad esso non poteri magici o divini, ma tratti felini e cannibaleschi.
Oltre che nel fantasy[16] e nei cataloghi di esseri immaginari[17], la vera manticora compare ancora nei romanzi di Umberto Eco, ne Il nome della rosa e soprattutto in Baudolino, dove assieme a un gatto e a una chimera sbarra la strada per il favoloso regno del Prete Gianni (dove vivono anche una serie di razze fantastiche quali i blemmi, i panozi ecc.). Sempre Eco ne Il pendolo di Foucault parla della libreria Sloane in "rue de la Manticore" a Parigi.
Anche la musica rock non ha mancato di citare la bestia, precisamente nel brano Tarkus del trio Emerson, Lake & Palmer: essa è l'antagonista principale contro cui lotta l'eroe che dà il titolo alla canzone, il quale appare sulla copertina dell'album omonimo del 1971 come un essere metà armadillo e metà carro armato.
Negli album del gruppo rock-parodistico Ninja Sex Party la Manticora è descritta col suo aspetto mitologico, ma nei video musicali e nelle apparizioni sul palco appare come un essere umano mascherato con denti, zampe e orecchie da leone, a torso nudo e con pantaloncini da Wrestler. La Manticora è l'antagonista principale del vocalist, descritta come un essere che trae piacere dall'infliggergli vari tipi di sofferenza.
Della manticora infine esiste anche una interpretazione positiva, ad esempio nel balletto L'unicorno, la Gorgone e la Manticora: le tre domeniche di un poeta, di Giancarlo Menotti, oppure in The Manticore of North Cerney, di Dorothy Spider.
Nella serie di librogame di Steve JacksonSortilegio! (Sorcery nella versione originale), il mostro finale del primo volume Le colline infernali (The shamutanti hills) è una manticora.
Il titolo di un album della metal band Cradle of Filth (The Manticore and Other Horrors) è ispirato proprio alla figura mitologica della manticora, così come un brano estratto dallo stesso.
Nel telefilm Leverage (stagione 3, puntata nº 2, dal titolo Una password per la libertà) Manticora è il nome del software di spionaggio realizzato da Larry Duberman e utilizzato dai regimi oppressivi (Iran nell'episodio) per rintracciare le persone.
Nel telefilm Merlin (stagione 3, puntata n° 9 dal titolo L'amore all'epoca dei draghi) Merlino e Gaius devono sconfiggere una manticora.
Nel film d'animazione Onward, uno dei personaggi principali è una manticora.
^Vedi anche: Pietro Li Causi. Sulle tracce del manticora. La zoologia dei confini del mondo in Grecia e a Roma. Palermo, Palumbo, 2003.
^Plinio il Vecchio (I secolo d.C.), Naturalis Historia, VIII, 30 (che cita il passo di Ctesia citato sopra). Prima di Plinio, il passo di Ctesia relativo alla manticora era già stato citato da Aristotele nella Historia Animalium (II, 1, 501 a 24 sgg.).
^Pausania (II secolo d.C.), Guida della Grecia, IX.21.4.
^Così riferisce Filostrato al principio del III secolo d.C. nella sua Vita di Apollonio di Tiana, III 45. Più o meno con le stesse parole, anche Eusebio di Cesarea (IV secolo d.C.), nel Trattato di Eusebio contro Ierocle, XXI. Di Apollonio di Tiana, mago e filosofo neopitagorico, tutto è incerto, a cominciare dall'esistenza. Si narra anche che sia stato assunto in cielo dopo la sua morte, da cui il titolo di Cristo Pagano)
^Non senza qualche confusione. A volte viene confusa con la bestia leucocroca, che invece ha il corpo d'asino, il retro di cervo, il petto e le cosce di leone, i piedi di cavallo, un corno biforcuto, una bocca tagliata fino alle orecchie da cui esce voce quasi umana e al posto dei denti un unico osso. In altre versioni le si attribuiscono non tre file di denti ma tre denti e basta, larghi e spessi al punto da riempire la bocca (questa versione torna in Mirrour of the World, di William Caxton, che nel XV secolo tradusse dal francese medievale un testo a sua volta tradotto dal latino). Per non dire dei miscugli con grifoni e altri leoni alati o, specie nella rara araldica, delle aggiunte di corna, spine, ali e zampe di drago, soffio velenoso o infuocato ecc.
^Sampson, Low, Marston, Searle e Rivington. An illustrated dictionary of Words used in Art and Archaeology. Beryl Rowland. Animals with Human Faces: a Guide to Animal Symbolism. Alison Jones. Voce in Larousse Dictionary of World Folklore. Non manca però qualche interpretazione più strana: The Magical Worlds of Harry Potter, di David Colbert, riporta che, vivendo sotto terra, la manticora simboleggia il profeta Geremia, che fu gettato in un pozzo. Idem in Welcome to Monstrous.comArchiviato il 1º luglio 2004 in Internet Archive.. Incidentalmente, l'Apocalisse di Giovanni, testo assai in voga verso la fine del millennio, al cap. 9 annovera tra i suoi flagelli delle locuste dal viso umano, grosse come cavalli e con la coda di scorpione. Trattandosi di emissari divini assai simili al nostro mostro, l'idea del simbolo malefico assoluto va forse riesaminata.
^Inferno, canto 17, dove si parla di Gerione. Il mito classico viene descritto come un gigante il cui tronco si ramificava in tre corpi diversi, con sei braccia e tre teste, ma invece Dante scrive:
«La faccia sua era faccia d'uom giusto, tanto benigna avea di fuor la pelle, e d'un serpente tutto l'altro fusto; due branche avea pilose insin l'ascelle; lo dosso e 'l petto e ambedue le coste dipinti avea di nodi e di rotelle. [..] Nel vano tutta sua coda guizzava, torcendo in sù la venenosa forca ch'a guisa di scorpion la punta armava.»
A voler forzare un po' la lettura, pare davvero una manticora alata, magari incrociata con un drago, come se ne vedono nei disegni più moderni.
^Edward Topsell. The History of Four-footed Beafts and Serpents. Riprende quasi alla lettera la descrizione fatta da Eliano, allargandole però la bocca fino alle orecchie (qui ricorda la bestia Leucocroca). Alcuni brani reperibili su [1]Archiviato il 4 dicembre 2000 in Internet Archive..
^Pantagruel, con l'unica differenza che qui la bestia ha una voce melodiosa invece del suono di trombetta. Altri testi dell'epoca le attribuiscono un sibilo da rettile, che però ha ugualmente il potere di incantare chi la ascolta. Di Rabelais è molto più celebre la citazione di un altro mostro classico, la chimera, che appare nel titolo di una delle opere immaginarie trovate da Pantagruel nella biblioteca dell'abbazia di San Vittore a Parigi: «Quaestio subtilissima, utrum Chimera in vacuo bombinans
possit com'edere secundas intentiones, et fuit dibattuta per decem hebdomadas in Concilio Constantiensi».
^La Tentazione di sant'Antonio, infine. Il brano viene citato sia da Borges nel Manuale di zoologia fantastica sia da Salman Rushdie nei Versetti Satanici. Qui appare anche un'altra versione del mostro come uomo con testa di tigre (sul simbolismo, vedi The Manticore, su wsu.edu:8000. URL consultato il 4 luglio 2004 (archiviato dall'url originale il 4 giugno 2004).).
È che nel tempo si siano fusi due miti: uno tipicamente indiano (il mangiatore di uomini, testa di tigre), e noto ai musulmani; l'altro greco-mediorientale (la manticora etiope, con la coda di scorpione).
^Ad esempio A Dictionary of Fabulous Beasts, di Richard Barber & Anne Riches; Encyclopedia of Things That Never Were: Creatures, Places and People, di Michael Page & Robert Inkpen; Mythical and Fabulous Creatures: A source Book and Research Guide, di David R. Cheney, ed. Malcolm South.
Bibliografia
Christian Filagrossi, Il libro delle creature fantastiche, Milano, Armenia, 2006 [2002], p. 283, ISBN88-344-1493-4.
Massimo Izzi, Il dizionario illustrato dei mostri, Roma, Gremese, 1989, p. 231, ISBN88-7605-449-9.