NeutralismoIl neutralismo è una dottrina strategico-politica finalizzata al perseguimento e al conseguimento della neutralità nei rapporti fra Stati. I fautori di tale dottrina sostengono che essa sia garanzia di prosperità economica e sviluppo nella libera circolazione delle merci, una posizione che può essere sintetizzata con il celebre motto di Thomas Jefferson "commercio con tutte le nazioni, alleanza con nessuna".[1][2] Storia del neutralismoLa forma classica del neutralismo è rappresentata dal tradizionale stato di neutralità proclamato e rigorosamente rispettato da paesi quali Svizzera e Austria (con la dichiarazione di neutralità). Fu uno stato neutrale anche il Belgio dal 1830 al 1948 e la Svezia dalle guerre napoleoniche fino al 2024. Fino alle votazioni dei crediti di guerra nel 1914, anche i partiti componenti dell'Internazionale Socialista erano sostenitori di un neutralismo, il cui abbandono fu tra gli addebiti loro rivolti nelle conferenze di Zimmerwald e di Kienthal: la posizione neutralista è comunque rimasta nelle sinistre di molti Paesi del secondo dopoguerra[3], mentre in altri[4] si è contemperata con gli impegni a difesa della sicurezza internazionale assunti dai rispettivi Paesi con l'adesione alla Carta delle Nazioni Unite[5]. Il periodo della contrapposizione tra blocchi: la guerra freddaDurante la guerra fredda il neutralismo ha significato, in concreto, una posizione di disimpegno dai due blocchi che si contrapponevano: il blocco occidentale ed il blocco comunista. In questo contesto gli Stati del cosiddetto Terzo mondo (per lo più stati ex-coloniali), si organizzarono come Paesi non allineati. Si trattò di una posizione complessa, che fu sia di disimpegno ideologico sia il risultato di una strategia politica volutamente oscillante e atta a ottenere i maggiori vantaggi possibili da ambedue i blocchi grazie ai margini di libertà che i Paesi non allineati riuscirono così a conseguire. Note
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