Non è possibile vivere felici seguendo Epicuro
Il dialogo Non è possibile vivere felici seguendo Epicuro (Ὅτι οὐδὲ ἡδέως ζῆν ἔστιν κατ' Ἐπίκουρον - in latino Non posse suaviter vivi secundum Epicurum) di Plutarco è un critica a Epicuro basata su Platone. Il titolo compare al numero 82 del Catalogo di Lampria[1]. StrutturaL'opera è concepita come la continuazione dell’Adversus Colotemː dopo il termine di questa lezione, Plutarco e i suoi allievi continuano a discutere di Epicureismo, per concluderne l’esame. Il Non posse suaviter vivi secundum Epicurum è, in quanto trascrizione di questa conversazione, un dialogo diegematico, tenutosi nel Ginnasio. I protagonisti sono Aristodemo e Teone, mentre Plutarco diventa un personaggio marginale, forse per le critiche che i toni duri dell’opera precedente gli hanno causato[2]. L'obiettivo della discussione viene delineato fin dal secondo capitolo[3]: dimostrare che l’applicazione rigorosa dei dettami epicurei non permette di vivere in modo piacevole. Ci si concentra sulla critica platonica alla nozione di piacere di Epicuro[4], ispirata principalmente alla Repubblica, in particolare al libro IX, nonché al Gorgia, al Protagora e al Filebo. Il secondo nucleo teorico si concentra sulla concezione epicurea del divino e di quanto ci aspetta dopo la morte. NoteBibliografia
Voci correlate
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