Nel 1941 prestava servizio a bordo della Utah (AG-16), una ex nave da battaglia convertita in nave bersaglio.[2] Il 7 dicembre 1941, mentre si trovava a Pearl Harbor, ormeggiata al largo di Ford Island, la nave fu attaccata e silurata durante il raid a sorpresa compiuto dalle forze aeronavali del Giappone.[3] Mentre prestava in servizio in un locale caldaie la Utah, colpita da due siluri, iniziò a capovolgersi, ed egli rimase al suo posto per mettere in sicurezza le caldaie e assicurarsi che altri uomini riuscissero a mettersi in salvo.[2] Sapeva che quando l'acqua fredda penetrata nello scafo avesse raggiunto le caldaie che avevano una elevatissima temperatura si sarebbe verificata[N 1] una catastrofica esplosione.[3] Attardatosi sottocoperta da solo per chiudere le valvole che avrebbero stabilizzato le caldaie, non riuscì poi a mettersi in salvo, cadendo al suo posto di combattimento.[3][2] Per il coraggio dimostrato in quel momento fu insignito postumo dal PresidenteFranklin Delano Roosevelt della Medal of Honor,[2] ma non fu possibile trovare alcun parente vivente a cui potesse essere consegnata.[3]
Il cugino indicato come suo parente più prossimo non viveva all'indirizzo indicato e poiché era immigrato illegalmente, non c'erano informazioni sulla sua vita prima del suo arrivo negli Stati Uniti d'America.[3] Il Dipartimento della Marina si trovò di fronte al dilemma su chi consegnare la medaglia di Tomich, e il problema fu risolto quando fu costruito un cacciatorpediniere che portava il suo stesso nome, Peter Tomich.[3] Il 4 gennaio 1943 il contrammiraglio Monroe Kelly consegnò alla nave la Medal of Honor.[3]
Quando nel 1946 la nave fu radiata dal servizio la medaglia passò in custodia al governatore dello stato dello Utah, Herbert B. Maw, che dichiarò Peter Tomich cittadino onorario dello Utah e la Medal of Honor fu trasferita presso l'ufficio del governatore, dove rimase fino al 1989.[3] In quell'anno, la medaglia fu trasferita alla "Peter Tomich Hall" di nuova costruzione presso la Senior Enlisted Academy di Newport, Rhode Island, dove si trova ancora oggi.[3]
La ricerca dei familiari continuò comunque per oltre 60 anni, complicata dal fatto che nel 1957 Petar Herceg era stato dichiarato legalmente morto dal sistema giudiziario jugoslavo.[3] Nato Petar Herceg aveva cambiato cognome in Tomich quando era entrato illegalmente negli USA.[3] Tonić era era il nome del suo clan e lui lo aveva adottato anglicizzandolo in Tomich.[3] Nel 1987 un parente aveva contattato sia le autorità jugoslave che quelle americane portando a una ricerca genealogica culminata nel 2005, quando i suoi legami familiari sono stati verificati. Il 18 maggio 2006, una copia della sua Medal of Honor venne consegnata al nipote di suo cugino, tenente colonnello dell'esercito croato in pensione Srecko Herceg Tonic, in una apposita cerimonia tenutasi a a bordo della portaereiEnterprise a Spalato, in Croazia.[3]
I suoi resti mortali si trovano ancora all'interno del relitto della Utah.[2]
«Per il distinto comportamento nella sua professione, e lo straordinario coraggio e il disprezzo per la propria incolumità, durante l'attacco alla Flotta a Pearl Harbor da parte delle forze giapponesi il 7 dicembre 1941. Pur rendendosi conto che la nave si stava capovolgendo, a causa di bombardamenti e dei siluri nemici, Tomich rimase al suo posto nell'impianto di ingegneria della USS Utah, finché non vide che tutte le caldaie erano state messe in sicurezza e tutto il personale della sala caldaie aveva lasciato le sue postazioni, e così facendo perse la vita.»
^Avendo prestato servizio in Marina per 22 anni era a conoscenza di quanto accaduto 30 anni prima sulla USS Bennington dove si era verificata una esplosione che aveva ucciso 66 marinai.
(EN) Norman Friedman, USS Battleship, Annapolis, Naval Institute Press, 1985.
(EN) John Hagan, Chief Petty Officer's Guide, Annapolis, Naval Institute Press, 2004, ISBN1-59114-459-0.
(EN) Carl Smith, Pearl Harbor 1941. The Day of Infamy, Botley, Osprey Publishing, 2001.
Periodici
(EN) James P. Delgado, Surveying the Wreckage of the U.S.S. Arizona, in Battleships At War - America's Century-Long Romance With The Big Guns Of The Fleet, vol. 1, Canoga Park, Sea Classic Special, 1991, pp. 43-49.