Per definizione e necessità essa trae ispirazione e contenuto da molteplici discipline che vanno dalla medicina alle scienze motorie, ma ha trovato negli anni un suo preciso e definito percorso di ricerca e di intervento.
Inizialmente la psicologia dello sport cercò di stabilire delle relazioni significative fra personalità e sport, utilizzando soprattutto strumenti diagnostici provenienti dalla psicologia clinica, ma successivamente si è specializzata nell'ambito della preparazione mentale (Mental Training) e sulle abilità che possono essere incrementate nello sportivo, vale a dire l'attenzione, la concentrazione, la motivazione, la gestione dello stress e dell'ansia ed altro.
Lo psicologo dello sport è un dottore in psicologia che ha fatto un master di un anno in psicologia dello sport, che mette a disposizione le sue conoscenze presso Federazioni, Enti, Palestre, Associazioni e si dedica alla formazione, tramite interventi individuali o di gruppo, dello staff dirigenziale, degli arbitri, degli allenatori, istruttori, degli atleti di sport individuali o di squadra.
Lo psicologo non è un tecnico, quindi non eroga servizi concernenti consigli o strategie tecniche e tattiche, ma riveste un ruolo ben definito: quello di esperto di tematiche psicologiche e psicopedagogiche nei confronti di tutti i membri della Società sportiva.
Lo psicologo dello sport si occupa in particolare di: allenare e potenziare le abilità mentali degli atleti, fra cui annoveriamo in particolare l'abilità di rilassarsi, di visualizzare, di porsi degli obiettivi, di mantenere la propria motivazione, di gestire l'ansia da prestazione.
Un ulteriore utilizzo di questa figura riguarda le tipologie di comunicazione tra allenatori e squadra, il bisogno di dialogo e conoscenza dell'altro (coaching).[1]
Quindi, se « l'attenzione concentrata, puntata su un oggetto o un argomento determinati (...) è la più importante per la psicologia medica, può essere distinta in spontanea (o riflessa) e conativa (o volontaria) » (Catania-Calleri, 1998-2000[2][3]), la psicologia dello sport si interessa di inquadrare le « motivazioni » e i « fattori psicologici » di un successo o di una sconfitta sportiva dell'atleta[4].
L'applicazione della psicologia dello sport riconosce tre momenti distinti: a) la valutazione; b) la preparazione; c) la terapia[4].
Valutazione
La valutazione (in inglese « assessment ») è la psicodiagnosi dell'atleta seguendo le finalità clinico-profilattiche per focalizzare eventuali avvisaglie delle sindromi psicopatologiche da sport più comuni.
Le sindromi possono essere specifiche e aspecifiche[5]:
sindromi aspecifiche da sport: stati nevrotici, stati psicotici
Nel valutare l’idoneità psicologica allo sport occorrono quattro elementi psicologici, fondamentali per il corretto svolgimento di un’attività sportiva:
una personalità sana ed equilibrata, priva di complessi, basata su una equilibrata interazione dei suoi « strati »[6] (istinti, temperamento, carattere), priva di deviazioni nevrotiche o di deviazioni costituzionali (di carattere morfologico, funzionale e metabolico)
un elevato coefficiente di resistenza alle frustrazioni in grado di accettare qualunque risultato con una modalità meno giudicante e di riconoscimento dell'altrui valore;
una stabilità emotiva nell'alternanza affettiva fra aggressività (durante la gara) e disponibilità, durante le interazioni sociali extra-sportive.
Da sottolineare che la psicologia dello sport, allo scopo di assegnare un atleta all'una o all'altra specialità sportiva, non si interessa di effettuare una valutazione per fini selettivo-attitudinali. In tal senso l'Ergonomia di K.F.H. Murrell, applicata alla medicina del lavoro, vista come lo studio delle relazioni tra l’uomo e l’ambiente in cui opera, tenendo conto delle esigenze anatomiche, fisiologiche e psicologiche, per individuare le possibili cause di inefficienze e di stress, non è valida nello sport[5].
Allo stesso modo, non è possibile tracciare un profilo specifico di atleta-modello per ogni sport, sintetizzando almeno quattro motivi, qualunque sia il parere dei Tecnici[5]:
l'assessment e il monitoraggio di molti sport richiedono caratteristiche psico-fisiche comuni;
esistono sport praticati da atleti dotati di caratteristiche psico-fisiche tra loro molto differenti;
la profilazione individuale è la somma di elementi obiettivi, che trascura l'elemento soggettivo, ossia la passione (o la vocazione) per un determinato sport, la sua libera scelta;
elemento non trascurabile è il talento, la tendenza a praticare bene uno sport e che consente rendimenti superiori con il minore sforzo possibile.
Alla psicologia dello sport è inoltre attribuito il compito di selezionare i giovani adatti allo "sport agonistico": chi è psicofisicamente idoneo allo sport competitivo (vedi: Visita medico sportiva agonistica), è idoneo allo sport. Chi viene giudicato non idoneo allo sforzo fisico e alla tensione emotiva di una gara è genericamente non idoneo allo sport.
Preparazione psicologica
Di seguito, due delle tecniche o competenze più comuni che gli psicologi sportivi insegnano agli atleti con lo scopo di migliorare la loro performance.
Goal-setting
Il goal-setting è il processo di pianificazione sistematica di tecniche per ottenere risultati specifici in un periodo di tempo definito. La ricerca suggerisce che gli obbiettivi dovrebbero essere specifici, misurabili, difficili ma raggiungibili, time-based, scritti, e una combinazione di obbiettivi a breve ed a lungo termine. Definito dall'acronimo S.M.A.R.T.[7]
Una meta- analisi del goal-setting nello sport suggerisce che, quando confrontati agli obbiettivi non posti o agli obbiettivi “fai del tuo meglio”, porsi gli obbiettivi del tipo descritto sopra è un metodo efficace per ottenere un miglioramento nella performance. Stando a Dot. Eva V. Monsma, gli obbiettivi a breve termine dovrebbero essere usati per aiutare ad ottenere gli obbiettivi a lungo termine. Il Dot. Monsma afferma che è importante “porsi obbiettivi in termini positivi focalizzandosi sui comportamenti che dovrebbero essere presenti piuttosto che su quelli che dovrebbero essere assenti.” Ogni obbiettivo a lungo termine dovrebbe anche avere una serie di obbiettivi a breve termine che progrediscano in difficoltà. Infatti, gli obbiettivi a breve termine dovrebbero progredire da quelli che sono facili da ottenere fino a quelli che sono più ardui ed impegnativi. Avere degli obbiettivi a breve termine impegnativi eviterà la ripetitività degli obbiettivi facili e darà un confine a coloro che aspirano ai loro obbiettivi a lungo termine.
Self-talk
Il self-talk, in italiano il dialogo interno, si riferisce ai pensieri ed alle parole che gli atleti dicono a se stessi, solitamente nella mente. Le frasi del dialogo interno sono usate per porre l'attenzione su una cosa in particolare, in modo da migliorare la concentrazione, oppure sono utilizzate insieme ad altre tecniche per facilitarne l'efficacia. Un esempio di dialogo interno potrebbe essere un giocatore di softball, che potrebbe pensare “rilascia punto” quando è in battitura per dirigere l'attenzione verso il punto dove il lanciatore rilascia la palla. Un altro esempio potrebbe essere il giocatore di golf, che potrebbe dire “colpo regolare” prima di tirare, per stare rilassato. La ricerca suggerisce che sia il dialogo interno positivo che quello negativo possano portare ad un miglioramento della performance, suggerendo che l'efficacia delle frasi del dialogo interno dipende da come esse vengono interpretate dall'individuo. L'abilità di influenzare l'inconscio con una singola frase positiva è una delle tecniche più facili ed efficaci per gli atleti di utilizzare le loro abilità psicologiche. Infatti, l'utilizzo di questa tecnica è molto frequente nell'ambito sportivo.
Terapia
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Storia
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Motivo: uso limitato e univoco di una singola fonte riportata alla lettera
«E' noto che l'educazione moderna pratica largamente gli sport per distogliere la gioventù dall'attività sessuale: sarebbe più giusto dire che questo uso sostituisce il godimento specificatamente sessuale con quello che provoca il godimento che fa regredire l'attività sessuale a uno dei suoi stadi autoerotici»
« Che la mente possa influire significativamente su ogni attività umana e, quindi, anche su quella sportiva è stato certamente chiaro fin dai primi Giochi Olimpici ateniesi »[9]. « Il destino di una competizione sportiva non dipendeva esclusivamente dalla prestanza fisico-atletica, ma anche dall'astuzia, dalla strategia, dal coraggio, dallo stato d'animo, caratteristiche, queste ultime, strettamente legate all'attività mentale dell'atleta »[9]. « Nonostante ciò solamente intorno al 1890 alcuni educatori hanno espresso le loro opinioni sugli aspetti psicologici dell'educazione fisica »[9].
« Norman Triplett nel 1897 effettuò i primi studi sulla performance in situazioni di agonismo »[9]. La psicologia dello sport iniziò ad entrare nelle università, con l'istituzione di master, dottorati e corsi di specializzazione. « Tra il 1970 ed il 1980 furono condotti studi sul miglioramento della performance, sulla personalità dell'atleta e sulla motivazione »[9]. « Negli anni ottanta si studiarono tecniche mirate al miglioramento della prestazione »[9]. « Nel 1993 fu pubblicata la prima edizione di Handbook of Research on Sport Psychology da Singer e colleghi in cui erano raccolte le ricerche più significative pubblicate fino ad allora »[9]. « Dalla prima pubblicazione di questo manuale, vi sono state molte evoluzioni, segno di maturità »[9].
Negli ultimi vent'anni in Italia (1989-2009) hanno preso poi piede gli studi di psicologia clinica dello sport grazie ai lavori di Carlo Ravasini e di Giovanni Lodetti[10]. La psicologia clinica dello sport si occupa degli aspetti clinici e di « crescita globale » della personalità dello sportivo e dell'« abbattimento » del « disagio giovanile » attraverso le « dinamiche » sportive di interazione[10].
Diffusione
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Note
^Sophie Chevallon La preparazione psicologica dello sportivo, 2007, DVE Italia S.p.A Milano, p.78
^ Anthony Charles Catania e Bruno Callieri, Attenzione, in Universo del corpo, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1998-2000.
^ Bruno Calleri, Aspetti fenomenologici dell’attenzione, in INformazione psicologia psicoterapia psichiatria, n. 32-33, settembre 1997 - aprile 1998, pp. 2-15.
^abSi veda in proposito la sintesi: Giovanni Lodetti, Vent’anni di ricerca in psicologia clinica dello sport. Lo sport guida della scherma (PDF), in La psicologia clinica dello sport e la scherma: Modelli di ricerca ed applicazione per atleti, Milano, A.I.P.P.S. (Associazione Internazionale di Psicologia e Psicoanalisi dello Sport) / Ordine Psicologi Lombardia - CONI di Milano, 6 ottobre 2012. URL consultato il 23 febbraio 2023.
Bibliografia
Ferruccio Antonelli, Psicologia e sport, in Eugenio Enrile (a cura di), Dizionario dello sport, Roma, Edizioni Paoline, 1977, pp. 947-952.
Ferruccio Antonelli e Alessandro Salvini, Psicologia dello sport, Milano, Edilombardo, 1987.
Fappanni, S. (2014): Pedagogia dello sport e iconografia, Immaginaria editrice, ISBN 9781326104788
Bal Filoramo, L. (a cura di) (2004): Esperienze di formazione in psicologia dello sport, CELID, ISBN 978-88-7661-624-2
Bernardi, E.; Grauso, A. (2010): La psicologia dello sport nell'età evolutiva, Edizioni Kappa.
Bernardi, E.; Grauso, A.; Ronchetti, E. (2013): La guida psicologica del calcio.Come costruire una squadra vincente. Ed.Kappa.
Chevallon, S. (2007): La preparazione psicologica dello sportivo, De Vecchi, ISBN 978-88-412-2037-5