Asconio era molto probabilmente originario di Patavium (Padova): era, quindi, concittadino di Tito Livio, al quale si riferisce come "mio amico",[2] ma di cui aveva pure criticato la dizione.[3]
Secondo la voce nel Chronicon di Girolamo riguardo al 76, Asconio, "distinto scrittore storico", divenne cieco all'età di settantatré anni e visse per altri dodici anni come una figura universalmente rispettata.[4] Nacque quindi nel 9 a.C., visse per ottantacinque anni fino al 76 ma divenne cieco nel 64.
Come detto, Asconio fu essenzialmente un gramaticus, erudito commentatore di quelli che ormai erano i classici della scuola del tempo.
Perdute sono opere che fanno riferimento alla sua attività di commentatore: un trattato Contra obtrectatores Vergilii (Contro i detrattori di Virgilio), a cui attinsero molto Elio Donato[6] e Servio Mario Onorato;[7] una Vita Sallustii (biografia di Sallustio, in cui accoglieva le dicerie più infamanti sullo storico amiternino,[8]) e un trattato a imitazione del Simposio platonico, di cui informa il lessico Suda.[9]
Della sua attività restano i commenti a cinque orazioni di Cicerone, redatti in una lingua particolarmente semplice e pura. Questi commentarii vanno sotto il nome di Orationum Ciceronis quinque enarratio e trattano, per la porzione restante, il commento alla Contra L. Pisonem, alla Pro M. Scauro, alla Pro Milone, alla Pro Cornelio de maiestate e alla perduta In toga candida. Quest'ultima è un'orazione di Cicerone pronunciata contro Ibrida e Catilina di cui restano pochi frammenti proprio grazie allo studioso padovano.
Risulta, comunque, che avesse commentato le altre orazioni di Cicerone,[5] anche se i frammenti di commenti a 17 orazioni di Cicerone pubblicati e a lui attribuiti da Angelo Mai non gli appartengono, così come non sono suoi, ma di un anonimo del V secolo, i commenti alle Verrine.
Note
^Quinto Asconio Pediano, in Treccani.it – Enciclopedie on line, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
^Sofronio Eusebio Girolamo, Chronicon 2092-76: « Q. Asconius Pedianus scriptor historicus clarus habetur, qui LXXIII aetatis suae anno captus luminibus, XII postea annis in summo honore consenescit ».
^abE. Paratore, La letteratura latina dell'età imperiale, Firenze, Sansoni, 1969, p. 236.
^E. Paratore, La letteratura latina dell'età imperiale, Firenze, Sansoni, 1969, p. 237, che cita come fonte della notizia il commentario oraziano dello Pseudo-Acrone.