Mappa raffigurante le zone epicentrali dei terremoti avvertiti dal 1688 al 1885. La grande ellisse tratteggiata indica la zona epicentrale del terremoto del 5 giugno 1688.
Il terremoto del Sannio del 1688, avvenuto il 5 giugno, la vigilia della Pentecoste, è stato un evento sismico che ha provocato ingenti danni ai territori compresi nel distretto sismico del Sannio e in alcune aree finitime.
Il sisma
La scossa principale, preceduta da una serie di scosse molto lievi, avvenne alle ore 18,30 circa[1].
Il professor Domenico Franco, dopo accurati studi, ha stabilito che la potenza del terremoto fosse compresa tra il X el'XI grado della scala Mercalli ed ha individuato l'epicentro nella zona "Benevento-Cerreto Sannita" in un vasto territorio di forma ellittica con un asse maggiore (SE-NW) di circa 70 km e con un asse minore di quasi 25 km[2].
Il terremoto fu avvertito anche a Napoli dove procurò diversi danni agli edifici civili e religiosi[3].
Testimonianze
Una fra le testimonianze più prestigiose ci viene da Pietro Francesco Orsino, nel 1724 diventato Papa con il nome di Benedetto XIII. Nelle sue memorie il futuro Papa descrive il terremoto come una grande sventura subita dalla città di Benevento. Diventato Papa egli elargì cospicue donazioni per ricostruire edifici religiosi colpiti dal sisma[4].
A Cerreto Sannita dove morirono metà degli abitanti le testimonianze sono numerose. Il vescovo di allora, Giovanni Battista de Bellis, così si espresse: "[...] Hor questa terra con le Chiese, Monasteri, e tutto [...] in tanto tempo, quando porria dirsi un Credo, cadde tutta, tutta, tutta, senza che vi rimanesse pure una casa da desolarsi [...] cosa che chi non la vede, stenteria crederla [...]"[5].
Vincenzo Magnati in una sua opera dice: "Capo della Contea (Cerreto), nella quale si numeravano poco men che 8.000 abitanti la metà di essi cessò sepolta in quell'eccidio, ed in quel medesimo giorno appunto del 5 giugno, nel sentirsi ed avvertirsi la prima scossa della Terra la presero quasi per burla e per ischerzo, nella seconda pensavamo che dovesse cessare e nella terza gridavamo: non è già burla, e nel fuggire furono tutti oppressi dalle pietre e sepolti dalle medesime ritrovando così la morte e la sepoltura essendo caduta tutta senza conoscervi un vestigio di essa, osservandosi solamente un gran mucchio mal composto di sassi, pietre, calcina, travi ed altri materiali, dimostranti di esservi stati in essa edifici e fabbriche"[6].
«Nell'anno del signore 1688 al 5 giugno ad ore venti[7] di sabato di Pentecoste [...] nel tempo che ci ritrovammo a cantare vespera solenne, nell'intonare lo primo salmo di vespera fu la prima scossa, quali ci vidimo tutte morte, però la Madre Abadessa sor Giuditta Mazzacane diede loco di silenzio, e seguitimmo colo vespera, nel Benedicamus domino fu così terribile il terremoto, che ce retrovassimo tutte sepolte vive nel detto Coro, quali ne rimasero quaranta monache vive con la Badessa sor Giuditta Mazzacane angora viva [...]»
( Vincenzo Mazzacane, Il terremoto di Cerreto del 5 giugno 1688: Memoria di una suora del monastero delle Clarisse, Samnium, 1953.)
Precedenti
Un evento sismico di notevole portata, con intensità pari al IX grado[8] della scala Mercalli e con epicentro pressoché identico al terremoto del 1688[9], si era verificato il 4 settembre 1293. Oltre che nel Sannio, tale sisma provocò danni anche a Napoli, dove fu gravemente lesionata la chiesa di Santa Maria di Donnaregina[10].
Domenico Franco, Il terremoto del 1688 nel cerretese, Associazione Storica del Sannio Alifano, 1966.
Vincenzo Mazzacane, Memorie storiche di Cerreto Sannita, Liguori Editore, 1990.
Renato Pescitelli, Palazzi, Case e famiglie cerretesi del XVIII secolo: la rinascita, l'urbanistica e la società di Cerreto Sannita dopo il sisma del 1688, Don Bosco, 2001.