Alexandros Papagos
Alexandros Papagos (in greco Αλέξανδρος Παπάγος?; Atene, 9 dicembre 1883 – Atene, 4 ottobre 1955) è stato un generale e politico greco, comandante in capo dell'Esercito ellenico durante l'invasione italiana del 1940 e durante le fasi finali della Guerra civile greca, successivamente Primo Ministro dal 1952 fino alla sua morte. Carriera militareStudente all'Accademia Militare di Bruxelles[1] e alla Scuola di Cavalleria di Ypres, si unì all'Esercito ellenico nel 1906 come 2° tenente di cavalleria. Nella prima guerra dei Balcani prestò servizio come ufficiale subalterno nello Stato Maggiore del re Costantino I. Era un comprovato monarchico, dunque nel 1917,[1] insieme a molti altri ufficiali, fu congedato dall'esercito. Fu richiamato dopo il ritorno di re Costantino nel 1920 e prestò servizio in Asia minore. Nel 1923 fu nuovamente congedato in seguito alla rivoluzione del 1922, ma fu richiamato nel 1927 con il grado di maggiore generale.[1] Promosso a tenente generale e poi a comandante di corpo d'armata nel 1934, Papagos raggiunse una posizione elevata nella struttura di comando dell'esercito. Nell'ottobre 1935, come tenente generale e Comandante in Capo dell'Esercito, insieme ai comandanti della Marina e dell'Aviazione, eseguì un colpo di Stato contro il governo di Panagīs Tsaldarīs e proclamò la restaurazione della monarchia, consentendo il ritorno di re Giorgio II. Fu nominato Ministro della Guerra nei governi di Georgios Kondylis, Konstantinos Dertzis[1] e Ioannis Metaxas e, grazie alla sua posizione, impiegò l'esercito in appoggio alla proclamazione della dittatura di Metaxas, il 4 agosto 1936. Negli anni successivi riorganizzò e riequipaggiò l'esercito e nel 1940 diresse con successo le operazioni di difesa contro le forze italiane che invadevano la Grecia.[1] Nonostante l'attacco fosse stato sferrato il 28 ottobre, già l'8 novembre l'avanzata italiana veniva interrotta ed entro la fine di dicembre le forze italiane erano respinte dalla controffensiva ellenica al di là del confine con l'Albania. Dopo l'invasione tedesca del 6 aprile 1941, si arrese dopo aver tentato di opporre resistenza in Macedonia.[1] Mentre il governo greco era costretto a fuggire in esilio, Papagos fu arrestato e deportato nel campo di concentramento di Dachau. Trasferito a fine aprile del 1945 in Alto Adige insieme a 140 prigionieri di rilievo, il 5 maggio fu liberato dalla 5ª Armata americana.[2] Rientrato in Grecia, si riunì all'esercito con il grado di Stratego (generale) nel 1947, unico ufficiale a conseguire questo grado, che era riservato ai membri della famiglia reale ellenica; nell'esercito greco il grado più alto era Antistratigos (tenente generale). Il 29 gennaio 1949, per via della sua esperienza, fu nominato nuovamente Comandante in Capo, con l'obiettivo di sconfiggere i combattenti comunisti dell'Esercito Democratico Greco nella guerra civile. Con vasti aiuti britannici e americani riuscì a sconfiggere l'Esercito Democratico Greco tra l'agosto e l'ottobre 1949. Come ricompensa per i suoi meriti fu onorato con il titolo di Stratarca (maresciallo) il 28 ottobre 1949, anche in questo caso unico ufficiale generale ad essere stato insignito di questo grado, che inizialmente assegnato a re Costantino I per il suo comando nelle guerre balcaniche[3] venne ripristinato nel 1939 per Re Giorgio ed i suoi successori fino all'abolizione della monarchia nel 1974. Carriera politicaContinuò ad essere Comandante in Capo fino al 1951, quando si congedò dall'esercito per dedicarsi alla politica. Vinse le elezioni del 1952 con un partito conservatore di stampo gollista, grazie alla popolare immagine di uomo autorevole e determinato. Formò un governo, ma fu duramente criticato dall'opposizione per non aver fatto niente per favorire la riconciliazione in un paese ancora profondamente diviso ideologicamente, e che lo sarebbe stato ancora per molto tempo, in una situazione di forte instabilità politica. Morì il 4 ottobre 1955 ad Atene mentre era primo ministro. Galleria d'immagini
OnorificenzeOnorificenze grecheOnorificenze straniereNote
Bibliografia
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