Figlio di Antonio Fogar, funzionario delle Assicurazioni Generali, e Alma, docente; è il secondo di quattro fratelli.[1] Nato e cresciuto a Milano, si dedica all'avventura fin da giovanissimo; è a Trieste, città natale del padre, che vede per la prima volta il mare.[1] A neanche 18 anni aveva già attraversato per ben due volte le Alpi con gli sci, oltre ad aver intrapreso imprese come scalatore[2][3]. In questo periodo, inoltre, si diploma in ragioneria.[4] Tra le competizioni sciistiche più importanti a cui ha preso parte figurano la Marcialonga in Italia e la Vasaloppet in Svezia, gareggiando sulle distanze di 70 km e 90 km.[5]
Dopo l'aria passa all'esperienza sul mare: tra la fine degli anni '60 e gli inizi degli anni '70 partecipa a varie regate nel Mediterraneo. Nel 1972 attraversa il Nord-Atlantico in solitaria e per quasi tutto il viaggio senza l'uso del timone a causa di un'avaria. La transatlantica in solitario, la OSTAR 1972, lo porterà ad essere uno dei primi due italiani ad aver compiuto questa impresa.[7] Nel 1973 partecipa alla regataCape2RioCittà del Capo-Rio de Janeiro.[3]
Nel 1973 pubblica per la BiettiIl mio Atlantico; con il libro si aggiudica il premio CONI per la letteratura[8] e l'anno successivo il Premio Bancarella Sport.[9]
Dal 1º novembre 1973 al 7 dicembre 1974, per un totale di 402 giorni,[10] esegue la circumnavigazione del globo in solitaria da est verso ovest, cioè in direzione opposta rispetto alle correnti, con uno sloop, un tipo di barca a vela, chiamato "Surprise". Questo giro del mondo nella direzione opposta ai venti e alle correnti predominanti, iniziato ed anche terminato a Castiglione della Pescaia nelle acque della Toscana, lo fa di fatto entrare come primo italiano nell'olimpo dei suoi predecessori, quali lo statunitense Joshua Slocum e i britannici sir Francis Chichester e Chay Blyth.[11]
Nel 1974 viene premiato, dal Comitato olimpico nazionale italiano (CONI), con la Medaglia d'oro al valore atletico per meriti eccezionali in base all'articolo 2 del regolamento della circumnavigazione in solitario in barca a vela[12]. Sempre nel 1974 riceve il Grifone d'oro per aver compituto la circumnavigazione del globo, impresa caratterizzata dalle eccezionali doti di coraggio e perizia, e dall'esaltazione dei valori dello spirito che possono prevalere sulla materia e dare un senso e un ideale alla vita umana.[13]
Nel 1976 è la volta di un'altra transatlantica in solitario, Ambrogio Fogar affronta la OSTAR 1976. Pubblica il libro Messaggi in bottiglia. Da un catamarano in mezzo all'Atlantico - O.S.T.A.R. '76 edito Landoni.[18]
Sempre nel 1977 si prepara per una nuova impresa a bordo del "Surprise", si tratta di una traversata transatlantica a cui partecipa anche Alberto Rudi, cognato di Ambrogio Fogar in quanto marito della sorella di Ambrogio, Maria Grazia[20]. Nel 1978, precisamente il 6 gennaio, salpa da Mar del Plata intraprendendo la navigazione verso l'Antartide; però, il 18 gennaio, al largo delle isole Falkland nel Sud dell'Oceano Atlantico, la sua imbarcazione viene colpita da un branco di orche o balene e affonda in poco tempo[21]. Con lui c'è il suo amico e compagno di viaggio, il giornalista Mauro Mancini. I due, che riescono a portare con loro sulla zattera autogonfiabile di salvataggio solo un po' di zucchero e un pezzo di pancetta e a uccidere a colpi di remi due cormorani nelle settimane successive, sopravviveranno in mare bevendo acqua piovana e nutrendosi di una specie di telline che si attaccava al fondo della zattera. Il 2 aprile, dopo 74 giorni alla deriva, vengono finalmente individuati e soccorsi dal mercantile greco Master Stefanos al comando di Johannis Kukunaris. In gravissime condizioni, i due hanno perso circa 40 chilogrammi ciascuno, e due giorni dopo Mauro Mancini muore di polmonite. Solo Ambrogio Fogar riesce a sopravvivere.[22]
Nel 1978 pubblica La zattera, libro edito Rizzoli, e Il giro del mondo del Surprise, edito Epipress-Famiglia cristiana; nello stesso anno riceve il Premio Barendson[23]. Nel 1979 vince il Premio Bancarella Sport con il libro La zattera edito Rizzoli[9]; nello stesso anno viene pubblicato il vinile Ambrogio Fogar - Chi è la mamma del Sole? per la Lotus[24]. Riceve la medaglia d'oro al valore marinaro[25].
Negli anni '80 Ambrogio Fogar è il direttore della collana Dentro l'avventura pubblicata per Rizzoli Junior[26]. Tra il 23 e il 26 febbraio 1980, sul Pizzo Fornalino delle Alpi Pennine, Ambrogio Fogar, Graziano Bianchi e Ambrogio Veronelli, sulla parete est, aprirono una via d'arrampicata lunga 350 m, fino alla vetta.[27] Nel 1981 partecipa al "Grand Prix", correndo sulla distanza di 20 km e 800 m; la corsa su strada si è sviluppata nei territori del meratese[28].
Negli anni '80, insieme a Claudio Schranz, fece due spedizioni polari.[29] Sempre negli anni '80 trascorre due mesi in Alaska per imparare a guidare i cani da slitta; poi si sposta sull'Himalaya e in Groenlandia; inoltre, in Italia, trascorre una settimana in un crepaccio sull'Adamello; tutto questo per prepararsi per la sua prossima impresa.[3][5] Infatti, nel 1983 in compagnia del fido Armaduk, il suo forte cane eskimo[30], conquista a piedi il Polo nord. L'impresa è durata 51 giorni.[31] Negli anni '80, inoltre, Armaduk spesso viene contrattato da un'azienda che produce alimenti per animali e, oltre ad avere il suo nome e la sua immagine sulle confezioni, intraprende anche dei tour promozionali. Sia Ambrogio Fogar che Armaduk, inoltre, diventano personaggi della LEGO.[32][31] Armaduk morirà il 24 febbraio 1993 di vecchiaia, all'età di 17 anni;[31] il 4 ottobre 2022, nella Giornata mondiale degli animali, gli sarà dedicata un'area sgambamento cani a Desio[33][34].
Nel 1983 pubblica Sulle tracce di Marco Polo, libro edito da Mondadori, e Verso il Polo con Armaduk, edito da Rizzoli. È il protagonista di Poli Mirabilia - La marcia sul pack e altre meraviglie, radio-documentario presentato al Prix Italia nel 1983[35] e trasmesso da Rai Radio 1 nel 1984[36].
Gli anni '80 fanno da sfondo a due importanti momenti sentimentali: avviene la rottura con Maria Teresa Panizzoli e, nello stesso decennio, inizia una relazione con la donna che sarà la sua ultima compagna, l'ungherese Katalin Szijarto.[37][38]
Diventa conduttore televisivo e abile divulgatore, mettendo a frutto le proprie capacità di esploratore, con il fortunato programma d'avventura Jonathan - Dimensione avventura da lui creato e trasmesso su Canale 5 dal 1984 al 1986 e successivamente su Italia 1 dal 1986 al 1991[39][40]. Per realizzare il programma Ambrogio Fogar ha girato il mondo con la sua troupe, realizzando immagini di rara bellezza e spesso in condizioni di estremo pericolo[41]. Parallelamente, trasmesso sulle stesse reti negli stessi anni, Ambrogio Fogar conduce anche Antologia di Jonathan[42][43]. Nel 1985 con Jonathan - Dimensione avventura vince il Gran Premio Internazionale dello Spettacolo e riceve quindi il Telegatto[44].
Pubblica sulle pagine del Corriere dei ragazzi la storia delle sue imprese e diventa anche direttore della rivista "Molto interessante", edita dalla Peruzzo. Dopo il mare è la volta del deserto e Ambrogio Fogar partecipa a tre edizioni del Rally Dakar (in quegli anni noto con il nome Parigi-Dakar) e a tre edizione del Rally dei Faraoni, a bordo di veicoli, fuoristrada, Land Rover o Suzuki.[3] Durante la sua vita, ha praticato vari sport tra cui anche la corsa: in particolare ha disputato delle maratone e ha corso anche distanze superiori ai 42 km, quali quelle sui 100 km. Nel 1990 riceve il Premio Panathlon International.[50][51]
Il 31 luglio 1991 nasce a Milano la sua secondogenita Rachele, avuta dall'ungherese Katalin Szijarto. Di professione modella, ha ereditato dal padre la passione per le sfide e gli sport estremi; ha inoltre anche il brevetto di paracadutismo e alcune patenti tra cui quella nautica. Partecipa anche a vari reality, come per esempio Pechino Express 7 - Avventura in Africa o Calzedonia Ocean Girls, ad alcuni dei quali ha partecipato insieme all'amica e collega Linda Morselli.[52]
Il 12 settembre 1992 Ambrogio Fogar è vittima di un gravissimo incidente in Turkmenistan, durante l'ottava tappa del rally Pechino-Mosca-Parigi nel quale compone un equipaggio con Giacomo Vismara. Il fuoristrada, un Range Rover della Land Rover, si ribalta per via di una grossa pietra situata sotto la sabbia; il suo compagno esce miracolosamente illeso, ma Ambrogio Fogar subisce la frattura della seconda vertebra cervicale e rimane quasi completamente paralizzato. Questa disgrazia non riesce però a domare il suo spirito d'avventura e di divulgatore.
Dal 1996 al 2005 prende parte a Galapagos, programma televisivo trasmesso su Canale 5, in cui Ambrogio Fogar cura e conduce in particolare la rubrica Ritorno di un amico[53][54]. Nel 1997, su una sedia a rotelle basculante, partecipa al giro d'Italia in barca a vela. Non smettendo mai di lottare e non arrendendosi alla malattia dice: «Io resisto perché spero un giorno di riprendere a camminare, di alzarmi da questo letto con le mie gambe e di guardare il cielo…». Sempre nel 1997 pubblica il libro Solo. La forza di vivere edito Mondadori. L'anno successivo è protagonista del documentario-fiction Ambrogio Fogar - Il viaggio trasmesso da Italia 1[55].
In questo periodo è testimonial per la campagna di raccolta fondi dell'associazione miolesi e per la crociata di Greenpeace contro la caccia alle balene[25]. Collabora, inoltre, con La Gazzetta dello Sport e "No Limits World".[56] Negli anni le sue avventure sono state raccontate anche tramite fumetto[57]. Inoltre Ambrogio Fogar è stato spesso testimonial pubblicitario; con la Bayer, oltre ad essere il testimonial, nella pubblicità vi erano brevi racconti in cui narra sue esperienze di vita che si traducono in insegnamenti.[58]
Nel 2005 pubblica Contro vento. La mia avventura più grande, libro edito Rizzoli che riscuote molto successo e ha ben tre edizioni in tre mesi[60]. L'anno successivo viene pubblicato il suo ultimo libro Quando c'era Superman. L'ultima avventura di una vita controvento, edito Piemme.
La sua vita fu al centro di diverse polemiche. Nella prima metà degli anni settanta venne accusato di plagio. Fogar scrisse un libro dopo il suo viaggio attorno al mondo da est a ovest, intitolato 400 giorni intorno al mondo che divenne anche un best seller, tuttavia un lettore si accorse che sei pagine di quel libro erano copiate dal libro "Trekka intorno al mondo"[66] del navigatore britannico John Guzzwell.[67][68] Fu assolto perché si stabilì che non si trattava di plagio in quanto si appurò che una segretaria non aveva virgolettato il testo in questione come da Ambrogio Fogar richiesto.[69][70][71]
Nel 1978 ci furono le critiche legate al naufragio con l'amico Mauro Mancini, quando venne accusato di incoscienza e sventatezza per la morte del compagno, avvenuta due giorni dopo il salvataggio a causa di una polmonite.[72] Le critiche andarono scemando; inoltre nel 2009 la vedova di Mancini diede al Corriere della Sera una lettera del marito in cui si poteva leggere di Ambrogio Fogar come di un uomo coraggioso, equilibrato e buono; mettendo dunque un punto definitivo alla questione.[73][74]
Altre critiche Fogar le ricevette in occasione della spedizione al polo nord con una slitta e accompagnato solo dal cane Armaduk. Come detto anche da lui stesso, per passare alcuni tratti pericolosi della banchisa Fogar si servì di un piccolo aeroplano; quell'anno ci fu il disgelo prematuro e rischiava di andare alla deriva[72][2]. Ambrogio Fogar già in data 2 aprile 1983 aveva scritto una lettera dal pack in cui informava dell'aeroplano. La lettera fu fatta pervenire, tramite il pilota dell'aeroplano, al direttore del Corriere della Sera e pubblicata una settimana prima dell'arrivo al polo nord.[75][76]
Nel 2005, nel giorno della morte, Rete 4 ha trasmesso un documentario dal titolo Ambrogio Fogar, l'ultimo eroe. Realizzato con il contributo di Ambrogio Fogar nel 1998, ne ripercorre la vita e le imprese con il supporto di interviste e filmati d'epoca.[80] La sua vita è stata trattata anche nel programma Sfide su Rai 3 nel 2008[81]. Il naufragio, invece, è stato oggetto dello spettacolo teatrale del 2018 74 giorni sospesi per la regia di Massimo Navone.[22]
Il 9 febbraio 2022 Giacomo Bolzoni pubblica il libro Fogar: controcorrente in solitaria per la collana Grandi imprese della storia, edito per la RCS MediaGroup[90][91].
Omaggi della famiglia
A un anno dalla scomparsa del padre, la figlia Francesca scrive insieme alla giornalista Marta Chiavari un libro-intervista, intitolato Ti aspetto in piedi[92]; invece dal 2007 al 2010 cura e conduce il programma Jonathan, sulle tracce dell'avventura, che propone una riedizione del programma del padre[93]. La figlia Rachele si laurea nel 2014 in Scienze linguistiche e Letteratura straniera all'Università Cattolica del Sacro Cuore (UCSC) di Milano con una tesi sul padre intitolata No Limits, l'esperienza giornalistica di Ambrogio Fogar[94].
Nel 2016 la figlia Francesca partorisce il suo terzogenito e decide di chiamarlo Achille Ambrogio, il cui secondo nome viene dato in onore ad Ambrogio Fogar[97].
Ambrogio Fogar è stato autore di diversi libri: con Il mio Atlantico e La zattera ha vinto il Premio Bancarella Sport rispettivamente nel 1974 e nel 1979[9], con Il mio Atlantico ha anche vinto il premio CONI per la letteratura nel 1973[8].
Il mio Atlantico. 1972: transatalantica in solitario Plymouth-Newport; 1973: seconda regata atlantica Cape Town-Rio de Janeiro, Milano, Bietti, 1973, OCLC799807255.
^ pag. 119, Verso il Polo con Armaduk, Milano, Rizzoli, 1983, ISBN88-17-85369-0. Riguardo alla "razza" di Armaduk, come viene spiegato da Ambrogio Fogar, egli è un meticcio di eskimo: «Non era un eskimo puro, era un incrocio. Di tutti gli eskimi che avevo visti, era quello più splendente di mantello. Il muso, il petto, i fianchi e le zampe avevano un colore quasi dorato, il dorso era più scuro quasi marrone. La coda ancora più scura, generalmente la portava bassa, mentre di solito i cani artici la tengono alta, a pennacchio.»
Renato Prinzhofer, Un eroe del nostro tempo. Il caso Fogar. Con uno spicilegio di detti, fatti, frasi e memorabilia, Milano, Mursia, 1976.
Renato Prinzhofer, Dossier Fogar. La verità sulla tragedia del Surprise, sui 74 giorni alla deriva in un canotto, sulla morte di Mauro Mancini, Milano, SM, 1978.
Nino De Luca, Armaduk. Io e Fogar al Polo, Legnano, Landoni, 1983.