Il territorio diocesano si estende su 1.000 km² ed è suddiviso in 68 parrocchie, raggruppate in 5 vicariati: Chioggia-Pellestrina (12 parrocchie), Sottomarina (9 parrocchie), Cavarzere (15 parrocchie), Loreo (18 parrocchie) e Ca' Venier (14 parrocchie).
L'odierna diocesi trae la sua origine dall'antica città di Metamauco (oggi Malamocco), che per un certo periodo nel VII secolo fu sede momentanea dei vescovi di Padova. Quando i vescovi patavini ritornarono nella loro sede, Malamocco rimase per un periodo imprecisato sotto la giurisdizione dei vescovi di Padova fino al IX secolo, quando divenne una diocesi indipendente dalla Chiesa madre patavina, suffraganea del patriarcato di Grado.[1]
Il primo vescovo noto di Malamocco è stato Felice I, che nell'876 fu deposto da papa Giovanni VIII e morì l'anno successivo.
Nell'aprile 1110 il vescovo Enrico Grancarolo traslò la sede a Chioggia per la decadenza di Malamocco a causa di una serie di calamità naturali; il trasferimento della sede fu confermato dal dogeOrdelaffo Falier.[2] I vescovi, comunque, continuarono a mantenere il titolo "di Malamocco" per qualche decennio e solo nel 1179, con il vescovo Marino, compare il titolo "di Chioggia".
Già nel 1221 il capitolo della cattedrale contava 19 canonici. A titolo speciale era legato al capitolo l'arciprete di Malamocco, con titolo di arcidiacono. Nel corso del Medioevo i canonici erano semplicemente cooptati dal capitolo, ma dal XV secolo il vescovo e anche la Sede apostolica interverranno più volte nella nomina dei canonici.
Il XIV secolo vide la ricostruzione degli edifici sacri di Chioggia, gravemente danneggiati dalle guerre tra Venezia e Genova.
Nel XV secolo fu importante l'opera dei vescovi Centoferri e Venier, tesa a distogliere il clero dagli ambigui rapporti con il potere temporale. Il Venier celebrò due sinodi nel 1490 e nel 1510. Intanto, nel 1508, l'apparizione della Vergine sul lido di Sottomarina segnava una rinascita spirituale della diocesi. Con la soppressione del patriarcato di Grado (1451), Chioggia divenne suffraganea del patriarcato di Venezia.
La Controriforma
Il XVI secolo fu caratterizzato dalla riforma, perseguita con particolare energia dal vescovo Nacchianti, che partecipò al Concilio di Trento. Fu lui ad aprire nel 1546 la serie delle visite pastorali e ad effettuarne nel seguito del suo episcopato altre tre. Anche i suoi successori compirono per tutto il secolo frequenti visite pastorali.
Nel XVII secolo i vescovi ebbero come obiettivo l'educazione religiosa dei laici e la disciplina del clero. Nel contempo curarono l'edilizia sacra.
La prima metà del XVIII secolo fu contrassegnata da un notevole incremento demografico, accompagnato da un analogo incremento del numero dei sacerdoti e delle parrocchie. Nell'ultimo scorcio del secolo l'incremento della popolazione non si arrestò, mentre il numero dei sacerdoti fece registrare una flessione.
Il XIX secolo
La costituzione della municipalità francese non turbò eccessivamente la vita della diocesi, anche grazie agli incarichi assegnati ad alcuni sacerdoti nell'amministrazione. La diocesi comunque supererà indenne il pericolo di soppressione che in epoca napoleonica si ripresenterà più volte. Il periodo più travagliato fu quello dal 1807 al 1815 in cui la diocesi dovette sottostare ai decreti dell'autorità civile; offrire preghiere pubbliche per l'imperatore; subire l'imposizione del matrimonio civile, la separazione tra l'anagrafe civile e quella parrocchiale; accettare un nuovo catechismo di stampo prettamente gallicano. La diocesi era coinvolta nelle iniziative del governo, in vista dell'«ordine e dell'incivilimento della società».
Con la restaurazione furono ricostituite le confraternite laicali soppresse dal precedente regime e si pose mano alla riorganizzazione del seminario e più in generale all'istruzione, mediante l'istituzione di nuove scuole.
Il 1848 vedeva il clero della diocesi nutrire sostanzialmente buoni rapporti con la dominazione austriaca, mentre i vescovi vigilavano sulla diffusione presso il clero delle teorie del cattolicesimo liberale. Dopo oltre due secoli, nel 1863 il vescovo De Foretti convocò un sinodo diocesano nel quale condannò il giansenismo. Preoccupato della carità verso i poveri, chiamò a Chioggia i gesuiti perché vi aprissero un istituto di educazione, ma nel 1866 lasciarono la diocesi, appena prima dell'ingresso delle truppe italiane. Durante il Risorgimento i gesuiti erano il bersaglio favorito degli spiriti anticlericali. Le leggi di espropriazione dei beni ecclesiastici colpirono Chioggia già nel 1867, quando vennero incamerate le proprietà dei padri filippini.
Il vescovo Agostini, succeduto a De Foretti dopo una sede vacante di più di quattro anni, non ricevette il regio exequatur e pertanto gli fu proibito di prendere possesso del palazzo vescovile. Inoltre, fu costantemente attaccato dalla stampa liberale. Il vescovo promosse l'Opera dei Congressi e anche una Società per la santificazione delle feste, che furono accolte pessimamente dalla stampa anticlericale.
Il vescovo Marangoni negli anni ottanta del XIX secolo constatava un certo degrado morale, che si esprimeva nell'abbandono del sacramento della Penitenza e in promiscue situazioni familiari. Invece la situazione politica non destò preoccupazioni, almeno fino alle elezioni del 1889 quando fu bandito dell'insegnamento catechistico nelle scuole e i crocefissi e gli altri simboli religiosi furono asportati dai luoghi pubblici. Inoltre, dal bilancio comunale fu cancellata la voce del sussidio al culto. Sul piano sociale, il vescovo chiamò a Chioggia i salesiani e favorì le loro iniziative nel campo dell'istruzione dei giovani.
Abbastanza complesso fu l'atteggiamento del vescovo e del clero rispetto al fascismo. Mentre il fascismo conquistava consensi in una parte dei fedeli e in pochi sacerdoti (fra cui spiccava il canonico Dughiero), la maggioranza del clero optava per una prudente neutralità, cercando di evitare gli scontri, ma anche la collaborazione con il regime. A dissuadere i cattolici da rapporti troppo cordiali con i fascisti erano soprattutto gli episodi di squadrismo che nell'area del Polesine furono pressoché sistematici. D'altro canto con le iniziative dell'Azione cattolica si cercava di porre un argine al totalitarismo fascista nell'educazione della gioventù.
Nel periodo a cavallo tra la seconda guerra mondiale furono notevoli gli slanci di Giacinto Ambrosi verso le società operaie e i gruppi di lavoratori e disoccupati, che in tutti i modi si prodigò di aiutare e favorire.
Gli anni cinquanta furono funestati dall'alluvione che si abbatté sulla diocesi, provocando ingenti distruzioni e successivamente un forte flusso migratorio verso il retroterra e il triangolo industriale. Chi rimaneva doveva fare i conti con le scarse opportunità di occupazione che offriva la città desolata. Il vescovo Piasentini animò le iniziative di ricostruzione e anche quelle di sostegno a lavoratori e disoccupati, gestendo tutto con grandi capacità dirigenziali. Nel contempo seppe scandire la vita spirituale della diocesi con la proposta di intensi periodi di riflessione, con la ripetuta dedica di un anno ad una particolare devozione.
Lungo il corso del XX secolo la diocesi, a fronte di un calo della popolazione, ha saputo infittire la sua presenza, passando dalle 30 parrocchie d'inizio secolo alle 68 parrocchie attuali. Nel 1964 il territorio della diocesi è stato diviso in cinque vicariati.
Cronotassi dei vescovi
Si omettono i periodi di sede vacante non superiori ai 2 anni o non storicamente accertati.
La diocesi nel 2021 su una popolazione di 117.540 persone contava 107.580 battezzati, corrispondenti al 91,5% del totale.
anno
popolazione
presbiteri
diaconi
religiosi
parrocchie
battezzati
totale
%
numero
secolari
regolari
battezzati per presbitero
uomini
donne
1950
155.816
155.820
100,0
134
111
23
1.162
28
267
47
1970
123.750
124.000
99,8
144
111
33
859
42
286
69
1980
122.380
122.520
99,9
127
95
32
963
38
321
72
1990
123.800
124.500
99,4
135
109
26
917
3
33
232
68
1999
120.600
121.000
99,7
137
97
40
880
4
58
76
68
2000
120.600
121.000
99,7
134
94
40
900
3
57
76
68
2001
120.600
121.000
99,7
125
85
40
964
3
43
156
68
2002
122.700
123.000
99,8
126
86
40
973
3
43
150
68
2003
123.000
124.000
99,2
116
82
34
1.060
3
37
128
68
2004
123.000
124.000
99,2
121
82
39
1.016
3
42
168
68
2006
124.000
125.000
99,2
116
79
37
1.068
3
39
165
68
2013
121.500
125.500
96,8
108
66
42
1.125
3
46
106
68
2016
108.000
118.000
91,5
93
68
25
1.161
3
29
101
68
2019
108.000
118.000
91,5
80
65
15
1.350
7
19
86
68
2021
107.580
117.540
91,5
78
63
15
1.379
7
17
71
68
Note
^Secondo la Cronaca di Giovanni Diacono, Malamocco, diversamente da altre diocesi lagunari, fu una sede creata ex novo; a questa tesi hanno aderito diversi storici tra cui Kehr e Cessi. Il Kehr ipotizza che la nuova diocesi venne eretta quando la sede del governo ducale venne spostata da Eraclea a Malamocco, ossia verso la metà dell'VIII secolo. Cfr. Daniela Rando, Le origini delle diocesi lagunari, in Storia di Venezia, Vol. 1, Treccani, 1992.
^Il testo del diploma è riportato da Cappelletti, op. cit., pp. 337-340.
^Informazione tratta da BeWeB - Beni ecclesiastici in web.
^Cappelletti indica come data di nomina il 1045, mentre Vianelli e Gams il 1046.
^Questo vescovo è menzionato in alcuni documenti del XIV secolo, ma non vi sono altre indicazioni storiche. Gli autori lo collocano tra Domenico III e Giovanni Falier.
^Ricusò l'elezione, legittimamente confermata dal papa.
^Deceduto prima della consacrazione episcopale. Seguono altri due vescovi eletti, Percivallo e Leonardo, che rinunciarono entrambi alla nomina episcopale.
^Eubel aggiunge un vescovo, Giacomo de Rubeis, nominato il 4 settembre 1471.
^Il 28 febbraio 1879 fu nominato vescovo coadiutore di Ceneda e vescovo titolare di Oropo.