In base a un accordo tra i vescovi di Pistoia e di Prato, dal 1990 la cura pastorale della parrocchia di Fossato nel comune di Cantagallo, pur facendo parte della sede pratese, è concessa ai vescovi pistoiesi.[2]
Il territorio si estende su 821 km² ed è suddiviso in 160 parrocchie, raggruppate in 9 vicariati: Città di Pistoia, Quarrata, Poggio a Caiano-Carmignano, Montale-Agliana-Montemurlo, Ombrone Limentra, Bottegone, Vincio, Montalbano occidentale, Reno-e-Montagna.
Storia
Secondo la tradizione, destituita di ogni fondamento storico, l'evangelizzazione del territorio pistoiese fu dovuta all'iniziativa di san Pietro, che inviò in Toscanasan Romolo, protovescovo, che fu poi incluso nelle cronotassi pistoiesi, come pure in quelle delle chiese di Fiesole e di Volterra. Recenti scoperte archeologiche permettono di datare una sicura presenza cristiana a Pistoia nel Tardo impero romano.
Il primo documento storico che parla di un vescovo pistoiese, benché anonimo, è una lettera di papa Gelasio I del 492/496, dove assieme ad altri vescovi, viene qualificato come «aetate vel honore longaevus». In una lettera di papa Pelagio I del 557 vengono riportati i nomi di 7 vescovi della Tuscia Annonaria, ma senza l'indicazione delle rispettive sedi di appartenenza; alcuni autori ritengono che tra Massimiliano, Geronzio, Terenzio e Vitale vi sia probabilmente anche il vescovo di Pistoia; tuttavia «questa posizione è ritenuta da molti non sufficientemente provata».[4]
Fino alla fine del VII secolo non si hanno più menzioni documentarie della sede pistoiese. Gli storici locali hanno cercato di colmare la lacuna «con una serie di nomi di vescovi più o meno immaginari, … tutti nomi fittizi, dei quali nessun documento rimane che possa in qualche modo suffragarne la reale esistenza».[5] Il silenzio delle fonti, dalla metà del VI secolo fino agli inizi dell'VIII, l'assenza dei vescovi pistoiesi ai concili romani del 649 e del 680, dove invece furono presenti molti vescovi della Tuscia, hanno portato alcuni studiosi (Chiappelli) ad ipotizzare una momentanea soppressione della diocesi e la sua incorporazione in quella vicina di Lucca. Ed è proprio al vescovo di questa città che Giovanni, nel 700, chiede la conferma della sua elezione. Giovanni è anche il primo vescovo di Pistoia di cui si conosca con certezza il nome.
La serie dei vescovi sicuri di Pistoia riprende con Guillerado all'inizio del IX secolo, documentato dall'806 all'812. Secondo lo storico diocesano Sabatino Ferrali, i vescovi che le cronotassi locali riportano per il secolo VIII sono fittizi, anche questi inseriti per colmare il vuoto tra Giovanni I e Guillerado.[5]
Nel corso del Medioevo il vescovo di Pistoia ebbe un rilevante ruolo politico nel governo della città, che si concretizzò nell'XI secolo con una signoria di fatto. Con la nascita e l'affermarsi dell'autonomia comunale, e la redazione dei primi statuti cittadini, il potere dei vescovi entrò in crisi, fino a scomparire del tutto con la seconda metà del XII secolo. Il maggior momento di contrasto tra vescovi e autorità cittadine si ebbe nel 1137, «quando i consoli trafugarono il tesoro della cattedrale e occuparono il campanile, usandolo come torre civica».[6] Con la mediazione del vescovo sant'Atto, si arrivò ad appianare la crisi nel 1145.
Tra XII e XIII secolo il territorio diocesano fu organizzato in pievi e parrocchie, assumendo quell'assetto che si mantenne fino alle riforme di Scipione de' Ricci sul finire del Settecento. Il libro delle decime del 1274 documenta la suddivisione del territorio diocesano in 35 pievi e 182 parrocchie.[6]
Fin dal XII secolo erano iniziati i contenziosi tra la sede vescovile e la pieve di Santo Stefano di Prato; con la bollaEtsi cunctae del 5 settembre 1463, papa Pio II eresse la pieve in prepositura nullius dioecesis immediatamente soggetta alla Santa Sede e dunque completamente indipendente dalla giurisdizione dei vescovi pistoiesi.
Solo tardivamente in diocesi si applicarono i decreti di riforma decisi dal concilio di Trento. Tra i maggiori fautori dell'aggiornamento tridentino si deve segnalare il vescovo Alessandro del Caccia, che governò la sede pistoiese dal 1600 al 1649. Il seminario diocesano fu istituito solo nel 1693 con il vescovo Leone Strozzi nell'ex convento agostiniano delle Tolentine, traslocato in piazza San Leone nei primi decenni del Settecento, e definitivamente trasferito nei locali dell'ex convento francescano di Santa Chiara nel 1783.[7]
La diocesi subì un'ulteriore lieve modifica territoriale verso la fine del Settecento. Infatti «nel 1784, grazie alla politica di Pietro Leopoldo, le furono aggregate le chiese parrocchiali della Sambuca, di Treppio, di Torri, di Pàvana, di Frassignoni, di San Pellegrino del Cassero e di Fossato, scorporate dalla diocesi di Bologna.»[6]
Il 19 settembre 1786 venne inaugurato dal vescovo Scipione de' Ricci l'importante sinodo pistoiese, che si concluse il 28 settembre. In questo sinodo il vescovo promosse riforme di stampo giansenista nella liturgia, nell'istruzione, nella disciplina del clero, nella dottrina e giunse a proibire il culto al Sacro Cuore di Gesù. Il sinodo gettò la diocesi nella confusione, al punto da minacciare uno scisma in tutta la Toscana. Nel 1790, durante l'assenza del vescovo, i capitoli di Pistoia e di Prato ricusarono i decreti del sinodo. Dopo un esame di sei anni, la bolla Auctorem Fidei di papa Pio VI condannò 85 tesi approvate dal sinodo, bollandone 7 come eretiche e altre come «scismatiche, erronee, sovversive della gerarchia ecclesiastica, false, temerarie, capricciose, ingiuriose alla Chiesa e alla sua autorità, conducenti al disprezzo de' sacramenti e delle pratiche di santa Chiesa, offensive alla pietà dei fedeli, che turbavano l'ordine delle diverse chiese, il ministero ecclesiastico, la quiete delle anime; che si opponevano ai decreti Tridentini, offendevano la venerazione dovuta alla Madre di Dio, i diritti de' Concilii generali». Successivamente alla condanna, il vescovo Ricci, che già nel 1791 aveva rinunciato alla diocesi, ritrattò le sue tesi e si sottomise all'autorità del papa.
Gli effetti del sinodo di Scipione de' Ricci si fecero sentire per tutto l'Ottocento, durante il quale i vescovi si preoccuparono di ribadire la condanna del sinodo del 1786 e la fedeltà della Chiesa e dei fedeli pistoiesi alla Chiesa cattolica. Tra questi, occorre ricordare il vescovo Enrico Bindi che durante il concilio Vaticano I intervenne per chiedere «che non si usasse più il termine "pistorienses" come sinonimo di giansenisti»[6], e che si adoperò per riconsacrare la città al Sacro Cuore di Gesù, iniziativa che venne ripetuta dal vescovo Gabriele Vettori nel 1917.
Nel 1916, in forza del decreto Ex officio divinitus della Congregazione Concistoriale, la diocesi di Pistoia cedette 27 parrocchie per l'ingrandimento della diocesi di Prato.[8]
Il 25 gennaio 1954papa Pio XII separò la diocesi di Prato dalla diocesi di Pistoia con la bollaClerus populusque.
Nel 1975 Pistoia cedette altre 12 parrocchie nei comuni di Cantagallo e di Vernio a favore dell'ingrandimento della diocesi pratese.[9]
La diocesi nel 2021 su una popolazione di 208.300 persone contava 204.100 battezzati, corrispondenti al 98,0% del totale.
anno
popolazione
presbiteri
diaconi
religiosi
parrocchie
battezzati
totale
%
numero
secolari
regolari
battezzati per presbitero
uomini
donne
diocesi di Pistoia e Prato
1949
262.103
262.403
99,9
378
289
89
693
95
791
217
diocesi di Pistoia
1970
201.919
202.238
99,8
235
188
47
859
67
549
172
1980
204.221
204.965
99,6
193
157
36
1.058
1
42
439
160
1990
219.100
220.400
99,4
170
142
28
1.288
4
30
349
158
1999
212.885
213.685
99,6
173
141
32
1.230
25
34
254
160
2000
211.000
229.000
92,1
161
130
31
1.310
24
33
275
160
2001
215.000
236.111
91,1
160
131
29
1.343
23
32
240
160
2002
221.300
234.912
94,2
164
134
30
1.349
23
32
227
160
2003
207.861
220.861
94,1
165
135
30
1.259
23
32
224
160
2004
215.000
217.515
98,8
156
129
27
1.378
23
27
227
161
2013
219.300
228.600
95,9
119
97
22
1.842
22
26
152
160
2016
217.600
222.130
98,0
105
90
15
2.072
19
17
143
160
2019
210.900
215.230
98,0
105
95
10
2.008
17
12
131
160
2021
204.100
208.300
98,0
104
95
9
1.962
16
9
111
160
Note
^Non appartengono alla diocesi di Pistoia le parrocchie delle frazioni di Sovigliana e di Spicchio, che fanno parte dell'arcidiocesi di Firenze; e le parrocchie di Apparita e di Streda, che appartengono alla diocesi di San Miniato.
^Mario Parlanti, I confini diocesani e amministrativi tra Lucca e Pistoia in Valdinievole dall'alto medioevo fino al XII secolo, in «Quaderni pievarini» 2 (2002), p. 9, nota 22.
^AAS 67 (1975), p. 679. Di queste parrocchie, 6 erano nel comune di Cantagallo (Cantagallo, Fossato, Gricigliana, Luicciana, Migliana, Usella) e 6 nel comune di Vernio (Cavarzano, Mercatale, Montepiano, San Quirico, Sant'Ippolito, Sasseta).
^Per colmare il vuoto nella cronotassi pistoiese tra la metà del VI secolo e l'inizio dell'VIII, autori locali hanno creato «una serie di nomi di vescovi più o meno immaginari… tutti nomi fittizi, dei quali nessun documento rimane che possa in qualche modo suffragarne la reale esistenza» (Sabatino Ferrali, sezione storica del sito web della diocesi). I vescovi sono: Restaldo, Nessorio, Traccia (o Traziano), Teodato, Padetto, Nestorio (o Nessorio II) e Vigeseldo. Sia Cappelletti che Gams dubitano della storicità di questa serie episcopale, ignota a Ughelli.
^Regesta chartarum Pistoriensium. Alto Medioevo 493-1000, Pistoia 1973, pp. 4-6, nnº 3-4. Il 21 maggio 700, Giovanni è documentato come electus civitatis Pistoriensis. Per colmare il vuoto esistente nella cronotassi pistoiese tra Giovanni e Guillerado, autori locali hanno inserito una seconda serie di vescovi fittizi, non documentati storicamente: Felice, Teodosio, Licinio, Abbondio, Giovanni (II), Benedetto (Sabatino Ferrali, sezione storica del sito web della diocesi). Questa seconda serie è sconosciuta a Ughelli, Cappelletti e Gams.
^Regesta chartarum Pistoriensium, 1973, pp. 23-29, nnº 26-31.
^Monumenta Germaniae Historica, Concilia aevi Karolini (742-842), seconda parte (819-842), a cura di Albert Werminghoff, Hannover e Lipsia, 1908, p. 562,2.
^Monumenta Germaniae Historica, Die Konzilien der karolingischen Teilreiche 843-859, a cura di Wilfried Hartmann, Hannover, 1984, p. 25,14.
^Il concilio di Roma dell'850 circa è ritenuto un falso dalla recente critica storica. Monumenta Germaniae Historica, Die Konzilien der karolingischen Teilreiche 843-859, a cura di Wilfried Hartmann, Hannover, 1984, pp. 495 e seguenti. La prima menzione storicamente sicura del vescovo Oschisio risale perciò all'861.
^Regesta chartarum Pistoriensium, 1973, pp. 34-41, nnº 38, 43, 46, 47 e 50.
^Regesta chartarum Pistoriensium, 1973, p. 44, nº 55.
^Questo vescovo è menzionato da Michelangelo Salvi ne Delle historie di Pistoia, che lo dice deceduto nel 937. Sia Ughelli che Cappelletti lo inseriscono nella cronotassi pistoiese, ma senza documenti a sostegno della sua esistenza.
^Regesta chartarum Pistoriensium, 1973, p. 54-56, nº 70.
^Regesta chartarum Pistoriensium, 1973, pp. 47-49, nnº 62-63.
^abcdefghiSchwartz, Die besetzung der bistümer Reichsitaliens unter den sächsischen und salischen kaisern , pp. 219–221.
^Il vescovo Martino è certamente documentato per la prima volta il 22 maggio 1043. Esiste tuttavia tra le carte dell'abbazia di San Salvatore a Fontana Taona, un diploma attestante il vescovo Martino la cui datazione è tuttavia problematica e contraddittoria; gli editori delle pergamene di questa abbazia hanno optato per la data del 6 agosto 1042 e non 1044, malgrado «l'esiguità del tempo intercorso dall'ultima attestazione del predecessore Guido, datata 27 giugno 1042». Regesta chartarum Pistoriensis. Monastero di San Salvatore a Fontana Taona. Secoli XI e XII, Pistoia, 1999, p. 155, nº 13.
^Regesta chartarum Pistoriensium. Enti ecclesiastici e spedali, secoli XI e XII, a cura di Natale Rauty, Pilo Turi, Vanna Vignali, Pistoia, 1979, pp. 46-47, nº 48.
^abRegesta chartarum Pistoriensium. Canonica di S. Zenone. Secolo XII, a cura di Natale Rauty, Pistoia, 1995, pp. 207-209, nnº 568 e 569.
^Secondo Cappelletti (vol. XVII, pp. 100-101), il secondo vescovo di nome Soffredo Soffredi fu nipote del primo, cardinale di Santa Prassede.