È un piccolo centro, posto a 486 metri sul livello del mare, alle falde orientali del monte Poro, di fronte alla valle del Mesima.
Origini del nome
La parola "filandari" deriva da "filanda", e questo lascia supporre che alcuni secoli fa vi fossero presenti attività di lavorazione e filatura di tessuti. Nel dialetto locale, di tipo calabrese, gli abitanti vengono chiamati "filandaroti".
Storia
È ubicato a poca distanza dal luogo dove sorgevano le fortificazioni della città-stato di Mesima, da cui ha ereditato il patrimonio storico e culturale. Il suo toponimo greco ci riconduce al periodo delle incursioni saracene del condottiero Ixse, che misero a ferro e fuoco Nicotera, Mesiano e Mileto. Verso l'850 si ipotizza che un artigiano di origine ellenica costruisse in questa zona tranquilla, uno stabilimento di filatura e tessitura, arte che successivamente fu estesa in tutti i paesi vicini allo stato di Mesima e nel Vibonese. Il Filandaru, nomignolo col quale si indicava in origine il vecchio filatore di fibre vegetali e di seta, fu trasferito, prima ai suoi discendenti, e successivamente a tutto il villaggio. Filandari, già casale di Mesiano unitamente ad Arzona, Pizzinni e Scaliti, fu nel corso dei secoli, sottoposto a diversi feudatari. Tra i primi spicca Ruggero I il normanno, che a Mileto fissò la sua dimora col titolo di conte. Gli succedette il suo terzogenito, anch'egli di nome Ruggero, che nel 1130 fu incoronato Re di Sicilia. Successivamente passò ad una famiglia di stirpe reale, i signori Roberto.
Passò quindi all'Imperatore Federico II, che cercò di riordinare i feudi meridionali, emanando delle apposite leggi, secondo i dettami scaturiti dalle Costituzioni di Melfi del 1231: il paese fu ceduto a Seringo e la dinastia dei San Severino proseguì con Orrigo Ruggero II, ed estinguendosi con Luigi San Saverino nell'anno 1404, per contrasti scaturiti con la casa reale Ladislao. Venne pertanto ceduto ai conti di Arena, nota stirpe di valorosi condottieri al servizio della regina Giovanna II.
Passò nel 1501 a Giacomo dei Principi di Bisignano, che a causa di una ribellione fu deposto, per cui il feudo finì a Diego di Mendoza. Il paese fu poi a lungo governato dai Marzano e dai Pignatelli, Duchi di Monteleone che lo tennero sino al 1806 all'arrivo dei francesi che eliminarono il regime feudale.
Una legge francese elevò Filandari a comune autonomo con giurisdizione sul Casale Arzona, Mesiano, Pizzinni e Scaliti. Tale assetto amministrativo fu riconfermato anche con legge del 19 gennaio 1807.
Il terremoto del 5 febbraio 1783 sconvolse la Calabria e la distrusse quasi interamente. In quella occasione molti palazzi gentilizi e varie chiese crollarono, alcune non più riedificate; venne distrutto anche il santuario della Madonna della Misericordia in Arzona, di cui solo casualmente nel 1902 si sono scoperti e localizzati le vestigia. Si ha motivo di credere che tra i ruderi siano ancora sepolti arredi sacri di grande valore, statue processionali ed il tesoro accumulato nei secoli dei pellegrini che offrivano i loro ninnoli e preziosi alla statua della Vergine. A Filandari il terremoto causò sei morti e sessanta ducati di danni; ad Arzona nessun morto, ma l'abitato fu in parte sconvolto e in parte reso inabitabile; a Pizzinni non vi furono morti, ma il villaggio fu totalmente distrutto.[4]
Simboli
Lo stemma e il gonfalone sono stati concessi con DPR del 6 agosto 1988.[5]
Stemma
«Inquartato: nel primo, di azzurro, alla cornucopia d'oro, posta in palo, ricolma all'insù di frutti, fiori e foglie al naturale; nel secondo d'argento, alla pignatta di nero, munita di due anse; nel terzo di rosso, alla pecora d'argento, ferma; nel quarto, d'oro, alla capra di nero, saliente. Ornamenti esteriori da Comune.»
Gonfalone
«Drappo troncato di giallo e di azzurro riccamente ornato di ricami di argento e caricato dello stemma sopra descritto con la iscrizione centrata in argento, recante la denominazione del Comune. Le parti di metallo ed i cordoni saranno argentati. L'asta verticale sarà ricoperta di velluto dei colori del drappo, alternati, con bullette argentate poste a spirale. Nella freccia sarà rappresentato lo stemma del Comune e sul gambo inciso il nome. Cravatta con nastri tricolorati dai colori nazionali frangiati d’argento.»
Monumenti e luoghi d'interesse
Statua della maternità
Si tratta di un'opera in bronzo alta 160 cm per un peso di circa 150 kg, realizzata da Michele Zappino[6]. Rappresenta una madre intenta ad allattare il figlio, il capo è chino, con uno sguardo intento ad osservare il proprio fanciullo. La statua si trova al di sopra della scalinata del piazzale antistante l'edificio comunale ed è stata inaugurata l'8 maggio 2011, in corrispondenza con la festa della mamma.[6]
Grotta di Santa Cristina
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